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Félix Luis Viera. Città del Messico
25 Luglio 2010
 

Uscirà a settembre in Messico La patria è un'arancia di Félix Luis Viera (nell'immagine anticipazione della copertina), grande scrittore cubano esule negli Estados Unidos Mexicanos, come ben sanno i lettori di Tellusfolio. Ce ne dà notizia Gordiano Lupi, che sta traducendo la raccolta:

 

Di seguito una poesia che ricorda molto il dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior del nostro Fabrizio De André. È un ritratto poetico del quartiere più malfamato di Città del Messico.

 

 

Rapinarono il poeta José Luis nel quartiere di Tepito,

un uomo di circa 13 anni d'età gli mise un pugnale alla giugulare

e gli disse o la borsa o la vita,

cosa preferisci?

È solo un esempio.

A Tepito esistono tutte le specie battezzate dall'uomo

e pure quelle che devono essere ancora battezzate, ci sono

lane francobolli vergini fosforescenti televisori Sony che ancora

non sono usciti sul mercato ci sono pance mummificate di donne dentature di acciaio

dischi di Elvis Presley e di qualsiasi

cantante che ancora non ha cantato, incantesimi ultimo modello

stivali australiani sigarette cinesi.

Quotidianamente otto navi terrestri portano le mercanzie.

Quando andai a Tepito per la prima volta con il mio amico Gonzalo

malgrado ciò vidi un garofano:

era nel risvolto della giacca d'un bambino che aveva il sorriso di Humprey Bogart,

vidi inoltre che non esistevano strade principali: tutte le strade

portavano al principio e alla fine.

 

Assicurano che in questo quartiere persino i fantasmi camminano con le pistole

                                     e che

la morte

ha il volto della ragazza che vende Coca-Cola nella bancarella all'angolo.

Quando la Polizia attacca trova a Tepito più dischi, cassette, televisori,

videoregistratori

che in 100 magazzini di Taiwan dedicati al giro

(e

            dopo

non succede

               niente).

Dicono le statistiche che il quartiere di Tepito ha 50 mila abitanti.

Dicono le statistiche che ha 120 mila abitanti.

Dicono che il novanta per cento dei figli del quartiere vive ancora qui.

Dicono che ci sono 12 mila bancarelle ambulanti (che, curiosamente, non si muovono)

che si divorano circa 53 mila metri quadri di strada pubblica

e case così abitate che non conterrebbero il fischio d'un serpente.

Sostiene la Polizia che 38 bande lavorano e hanno il loro posto di comando

in quel luogo                             e la media

dei delitti quotidiani è pari a 50

(ricordano che un giorno toccò al poeta José Luis con quell'uomo di 13 anni, quel pugnale).

Ma ci sono altre statistiche nuove ogni giorno                    e domani

ci saranno altre statistiche

che diranno che le nuove statistiche non riportano le vere statistiche:

ci sono persone morte da oltre 50 anni che ancora non sono state trovate

e morti che ancora non sanno di essere morti e che mai saranno trovati,

   inoltre

scannamenti

polmoni accoltellati

deflorazioni brutali di vagine

che in questo stesso istante

mentre scrivo queste righe

stanno accadendo e mai si sapranno.

Alla fine

non si sa

niente,

non esiste poesia né Polizia né statistica né Nietzsche né Gauguin che possa abbracciare Tepito,

il quale,

un giorno,

forse si rivelerà una pagina dorata in mezzo all'Eternità.

 

Proprio così, signore: qui

 la droga

è qualcosa di così umano

che i neonati già la consumano nei testicoli del padre, nell'ovulo

della madre.

 

Quando andai per la prima volta con il mio amico Gonzalo

malgrado ciò vidi un vaso di gerani in un balconcino simile

a un racconto infantile

e sotto

quattro puttane confesse

che avevano già imparato l'Iliade e l'Odissea dodici volte.

Nella strada successiva un uomo perde sangue dalla bocca, ma

sembra sorridere.

(Ma

tra parentesi

in un muro color topo coperto di una patina ancor più color topo

c'è il disegno in verde di una croce distorta

e

sotto

un distorto e rosso cuore, una freccia spezzata che lo divide, e

più sotto:

Ti amo ben oltre tre morti, Claudia.)

(Ma

tra parentesi

un pargolo corre verso di me e mi offre il suo giocattolo - un cavallino -, rotto;

un vecchietto con lo sguardo di luna piena, di luna piena di zucchero, e

con il sorriso di chi offre l'altra guancia,

ci spinge verso la direzione che stiamo cercando;

sette ragazze con la divisa della secondaria risplendono e camminano

cantando come chi accoglie la primavera;

due, tre, quattro coppie di giovani si amano sotto alcuni finestroni

con ingenuità simile

a quella della coppia che conquisterà l'Albero della Vita; un padre

vestito da domenica anche se non è domenica porta

per mano i suoi due bambini piccoli vestiti da domenica

con la calma di chi passeggia con i suoi figli per una strada di Vienna;

una signora esce da un negozio con due borse colme, si incrocia

con noi, possiede

lo sguardo

di chi ama il corso dei fiumi cristallini.)

 

Tredici giornali dicono oggi che il quartiere di Tepito è il Re:

né la comunità Doctores né la Buenos Aires né la mappa completa di Iztapalapa

possono emularlo:

nessuno di questi territori possiede tanto sangue sparso per centimetro quadrato.

Altri tredici giornali affermano che questo quartiere non è che un esempio:

sulla città cadono in tutte le direzioni e da tutte le direzioni

i coltelli e i proiettili del futuro

gli assassinati e gli assassini del futuro

e che dalle colline

come confetti rossi

viaggia il sangue che si dovrà spargere

e che la neve

che uno crede di vedere nei fiocchi delle colline

è soltanto un pizzico della cocaina che dovranno elogiare i nostri nipoti.

Altri tredici giornali replicano che Tepito è il Paradigma:

dovrà finire con i giusti che tacquero una sera ormai lontana

quando videro che stavano seminando i fiori al contrario e se ne andarono.

 

Proprio così, signore,

questo quartiere

potrebbe essere il detonatore della Terza Guerra Mondiale.

 

Lì rapinarono il poeta José Luis,

un uomo di circa 13 anni gli mise un pugnale alla giugulare

e gli disse o la borsa o la vita

e il poeta gli consegnò gli ottomila pesos di ventidue anni scrivendo poesie

e

ancora

sente nel collo la punta del pugnale

                                          per sempre

                                          per tutta la vita

e ancora vede, riflesso nel suo, come se fosse in questo stesso istante,

lo sguardo fumoso dell'uomo di 13 anni, ascolta

la sua voce ferma mentre gli dice quelle parole.

E non dimentica

il momento in cui immaginò i suoi figli in lacrime

accanto alla sua bara, lui

con la giugulare fatta a pezzi nella bara.

Ma questa storia non la sa quasi nessuno.

Né il pugnale né il poeta né l'uomo di 13 anni né la bara né gli ottomila

pesos per ventidue anni pubblicando poesie

sono registrati nelle stazioni di Polizia

né si trovano annotati tra i record di Tepito.

È solo un esempio.

 

Félix Luis Viera

Traduzione di Gordiano Lupi


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