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Bianciardi. Il fuorigioco mi sta antipatico
18 Febbraio 2007
 

Luciano Bianciardi

Il fuorigioco mi sta antipatico

Stampa Alternativa, pagg. 380, € 16,50

 

Ecco un libro importante prodotto da un editore controcorrente come Stampa Alternativa, su idea del figlio Ettore e con la collaborazione del giornalista Matteo Marani. Un volume che raccoglie gli interventi di Luciano Bianciardi sul Guerin Sportivo nelle rubriche Così è se vi pare (28 settembre 1970 – 12 luglio 1971) e Il salotto letterario (13 settembre – 17 novembre 1971).

Il Guerin Sportivo diretto da Gianni Brera non era un periodico che si occupava di gossip sugli amori dei calciatori, al tempo non ancora in voga, ma faceva cultura popolare parlando di calcio. Era una rivista che riuniva firme importanti come quelle di Antonio Ghirelli, Manlio Cancogni e lo stesso Bianciardi, prima ospitato in terza pagina con alcuni racconti e infine utilizzato per rispondere alla posta dei lettori. Le rubriche che Bianciardi tiene sul Guerin Sportivo sono una finestra sul mondo perché lo scrittore maremmano non si occupa mai di calcio da un punto di vista tecnico e tattico, piuttosto fa letteratura con la scusa della chiacchierata sportiva. Bianciardi si mette a nudo davanti dei lettori, ci dice come la pensa sui premi letterari, su Dacia Maraini, Oriana Fallaci, Alberto Moravia, Carlo Cassola, Vasco Pratolini e soprattutto Carlo Emilio Gadda, per lui il più grande scrittore italiano contemporaneo. Porta avanti una particolare lotta contro il fuorigioco, preso a simbolo di tutte le regole e solo per questo antipatico al suo temperamento anarchico e ribelle. Parla di calcio e Risorgimento (chi lo fa più nell’Italia di oggi?) e paragona Nino Bixio, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II a Gigi Riva, Gianni Rivera, Ivanohe Fraizzoli e Mario Corso, dando vita a un’originale metafora storico-sportiva. La posta dei lettori è anche un modo per far conoscere Umberto Saba e le stupende poesie dedicate al calcio a un pubblico più avvezzo alle curve degli stadi che ai recital poetici. Bianciardi fa cultura popolare secondo il suo stile e segue alla lettera le tesi esposte ne Il lavoro culturale, dove teorizza il compito dell’intellettuale sempre vicino alla gente e mai astratto in una torre eburnea.

Il bel volume edito da Stampa Alternativa nella collana Eretica è un modo per fare un tuffo nel passato e tornare con nostalgia agli anni Settanta e a un’atmosfera ruspante che caratterizzava ancora il mondo del calcio. Bianciardi poteva ammettere candidamente di guadagnare più di Mazzola e di Rivera perché lui come scrittore sarebbe durato più a lungo rispetto ai calciatori. Altri tempi. Ci si scandalizzava perché un campione come Luigi Riva guadagnava duecentomila lire al giorno, che sono niente paragonati agli stipendi da favola degli odierni calciatori. Le risposte di Bianciardi sono sferzanti, ironiche, ricche di umorismo e cinismo, ma soprattutto forniscono uno spaccato veritiero del periodo storico e sono un modo per ricordare l’Italia degli anni Settanta. Per Bianciardi la lotta per il divorzio è una battaglia di retroguardia, perché bisognerebbe impegnarsi a fondo contro il matrimonio ed è illuminante una risposta data a un lettore: «Fino a quando c’è l’amore la coppia deve rispettare il proprio dovere coniugale, quando l’amore passa l’unico dovere è quello di andarsene ognuno per la sua strada». Bianciardi aveva capito tutto anche sulla televisione e sul potere dell’economia, forse immaginava come sarebbe andata a finire, perché la sua personale rivoluzione passa per occupare le banche e far saltare la televisione.

Povero Bianciardi, se n’è andato che aveva soltanto quarantanove anni, consapevole di non aver adempiuto neppure in minima parte al suo progetto di lavoro culturale e convinto che la società italiana avrebbe fatto una brutta fine. Noi quella fine la stiamo ancora vivendo.

 

Gordiano Lupi


 
 
 
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