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Fulvio Schiano. A proposito di CASTA 
Alcune riflessioni sugli spunti di Padre Camillo de Piaz in merito all’ultimo lavoro di Gian Antonio Stella
23 Dicembre 2007
 

Leggo sempre con attenzione le argomentazioni di Padre Camillo de Piaz (vedi “Rimeditazioni”, ndr), le ritengo profonde, talvolta forse troppo argute al punto da risultare fruibili solo ad una platea ristretta, ma anche questo è un pregio: il successo del nostro giornale forse è dovuto proprio alla sua non mono-tonalità. Le tante voci, i tanti stili, i diversi livelli culturali dei collaboratori rispecchiano e rispettano probabilmente la variegata composizione dell’umanità del nostro territorio. Anche questa volta ho letto e riletto con attenzione la sua rubrica, ma non sono proprio riuscito ad esser in sintonia con parte di quanto riportato. Questo di per sé, non è né un bene né un male, ma è sicuramente un’utile occasione per la quale posso, da queste pagine spiegare il perché.

Ho appena terminato di leggere La Casta, il libro commentato da Padre Camillo de Piaz ma non ho colto nessuna «lisciatura di pelo per il verso giusto a tanta gente sprovveduta, e in buona parte povera di mezzi culturali per indagare a fondo sulle proprie inquietudini e bisognosa di un capro espiatorio». Non sono riuscito a capire a quali passi si riferisse quando avanza perplessità e sospetti sulla matrice dell’operazione letteraria. Leggendo il sottotitolo: «Così i politici italiani sono diventati intoccabili», si potrebbe pensare ad una nuova e diversa manifestazione di grillismo, forse più colta, forse demagogica. In realtà non mi pare che sia così. Il libro non è altro che una sterminata raccolta (in certi tratti anche un po’ noiosa) di fatti, date, nomi e cognomi, cifre, dalle quali risulta come l’intera classe politica, (destra-centro-sinistra), abbia affondato, soprattutto negli ultimi anni e senza ritegno, le mani nel grosso sacco ricolmo di denaro pubblico: il nostro. Su come continui, ancora oggi – e sempre di più – a spolpare la vacca grassa solo per interesse personale e privato raccontando a noi (questa volta davvero sprovveduti) che siamo in un periodo di vacche magre.

Lei sostiene che «la storia ci insegna che una volta fatta fuori una classe politica, sopravviene il peggio, con tanti saluti alla democrazia». È possibile, ma non lo ritengo un assioma e faccio fatica ad accodarmi a coloro che usano lo spauracchio del ritorno del manganello per mettere in guardia chi denuncia verità scomode. Chi rapina 200mila euro in banca non è nient’altro che un ladro, un ministro che fa attribuire un compenso dello stesso importo ad un amico (pescivendolo) per una consulenza inutile e mai fornita che cos’è? Nel libro, sui contenuti del quale non mi risulta che l’autore abbia ricevuto smentite o querele, vi sono riportate decine e decine di queste verità scomode.

Ma «…manca alla classe politica una delle caratteristiche portanti del concetto stesso di casta, cioè la sua trasmissibilità parentale». Indubbiamente non siamo in presenza di una formalizzazione giuridica della trasmissione del potere, ma purtroppo, ci spiega Stella, avviene di peggio. I familiari dei parlamentari talvolta occupano gli stessi scranni dei padri, ma ancor più spesso sono una succursale decentrata nella quale confluiscono appalti, incarichi, commissioni e – ancora – consulenze per centinaia e centinaia di migliaia di euro. Il dramma e lo sgomento è che sembra non ci sia verso di fermarli. Possono deliberare privilegi e compensi all’infinito – e lo stanno facendo – senza che nessuno di noi possa fare nulla. E, come lei saprà, da quando ci è stata tolta persino la possibilità di scegliere chi eleggere, anche il voto è diventata una leva senza fulcro. Un poliziotto guadagna 1.200 euro al mese e non ci sono i soldi per la benzina delle volanti, mentre vi sono pattuglie di parlamentari che volano su lussuosissimi aerei riservati, appena acquistati, e continuano a percepire gli stipendi dalle amministrazioni nelle quali non lavorano più da anni, e pensioni impronunciabili dopo pochi giorni di servizio in parlamento!

A denunciare questi casi, mi chiedo, quale democrazia rischiamo di compromettere?

 

Fulvio Schiano

(da Tirano & dintorni, dicembre 2007)


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