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Attesa per la successione di Maggiolini
Il vescovo di Como Alessandro Maggiolini
Il vescovo di Como Alessandro Maggiolini 
16 Settembre 2006
 

Riprendo qui per i lettori di Tirano & Dintorni che non l’avessero avvistata, una mia intervista apparsa su La Provincia dello scorso venerdì 28 luglio, firmata da Michela Nava, che ha fatto da avamposto a una serie di interventi sul tema della sede vescovile vacante e sulla successione.

 

«Al momento quelle che circolano sono soltanto delle ipotesi, a metà strada fra l’indiscrezione e la curiosità, che spinge inevitabilmente ad azzardare pronostici anzitempo e accresce ancora di più l’attesa. Eppure, di fronte alla girandola di nomi dei prelati che potrebbero prendere il posto del vescovo Alessandro Maggiolini alla guida della diocesi – niente di ufficiale, in verità, ma la lista dei possibili successori ha preso a campeggiare sempre più frequentemente nelle menti e nelle conversazioni sulla materia , anche la provincia di Sondrio vuole dire la sua e lo fa attraverso la voce autorevole di padre Camillo De Piaz, l’ultimo dei Servi di Maria rimasto a Madonna di Tirano (suo paese natale), al quale hanno dedicato recentemente una biografia dal titolo Sulla frontiera. Il suo intervento parte, innanzitutto, dalla data del 15 luglio scorso, quando il vescovo Maggiolini ha compiuto 75 anni e ha annunciato le sue dimissioni.

È presto per fare un bilancio ma, in questo momento di distacco mi piace ricordare l’amorevolezza e l’affetto che il vescovo uscente mi ha sempre riservato nelle varie occasioni di incontro che si sono susseguite in questi anni, soprattutto nel corso delle recenti celebrazioni cinquecentenarie – spiega padre Camillo –. Cosa tanto più apprezzabile dato il diverso modo di concepire la Chiesa e il suo rapporto con il mondo che ci caratterizza fin dai tempi milanesi, suoi e miei. E ciò a ulteriore dimostrazione che la Chiesa non è una setta dove non possano convivere, e fecondamente incrociarsi, modi diversi di intendere la sua natura e il suo rapporto col mondo e con la storia.

«Ma l’attesa per la successione, invita anche ad alcune considerazioni di carattere generale. Per esempio al fatto che da secoli la carica di vescovo alla guida della diocesi (una vasta realtà che comprende oltre al territorio comense anche la provincia di Sondrio e i lembi di Lecco e di Varese) non è più stata ricoperta da un esponente della Chiesa locale.

È da tempo immemorabile, salvo la breve ma intensa parentesi cinquecentesca del morbegnese Feliciano Ninguarda, che ciò non accade – fa notare il padre servita –. E, del resto, non mancherebbero nel clero locale figure degne di tale sorte.

«A questo proposito, padre Camillo non sfugge nemmeno alla provocazione di una diocesi tutta valtellinese. – Diciamo, più correttamente, valtellinese e valchiavennasca – precisa il religioso rispolverando un argomento datato ma sul quale ha sempre avuto le idee molto chiare –. Questo è un tema che nel corso del ’900 ha tenuto banco, a più riprese, per qualche tempo. Non è una proposta che non abbia una sua fondatezza. A parte che si tratta di una intera provincia, ma questo dal punto di vista ecclesiale ha una importanza relativa. L’importante, invece, è la forte identità territoriale e culturale che la caratterizza.

«Ma costituire una diocesi non è un’impresa impegnativa e costosa? – Nulla impedisce che certe strutture e certi servizi permangano uniti – risponde padre Camillo –. Penso, per esempio, al seminario.

«Di certo, per conoscere il nome del nuovo vescovo bisognerà attendere almeno la fine dell’estate. Prima di allora chissà che, nella girandola di nomi, non faccia capolino anche qualche personalità valtellinese».

 

È una materia, questa della nomina dei vescovi, sulla quale ci sarebbe molto da dire. Qual è il maggior lascito, quella che è stata chiamata la “rivoluzione copernicana” del Concilio? L’aver collocato, o ricollocato al centro della planimetria ecclesiale il “popolo di Dio”. Copernicana non nel senso di avere inventato alcunché di nuovo, bensì di averlo riscoperto e rimesso in luce, ribaltando da cima a fondo quello che era stato lo schema preparatorio. Questa riscoperta è ben lontana dall’aver prodotto tutti i suoi effetti. Per esempio, appunto, nel campo della scelta e della nomina dei vescovi. Tutto avviene all’interno di un circolo esclusivo, con tanti saluti alla centralità ecclesiale del “popolo di Dio”, che resta del tutto all’oscuro, e deve accontentarsi di qualche problematica previsione dei giornali. Mi rendo conto di toccare un tasto molto delicato. Il rischio di eventuali rovinose campagne elettorali all’interno della Chiesa è un rischio effettivo. A me basta aver posto il problema.

Un altro aspetto su cui domina il silenzio, o l’ignoranza, riguarda l’eleggibilità, e questo sia per i vescovi, sia anche per il papa. A vescovo e a papa può essere candidato un semplice fedele, salvo poi, per insediarsi, ricevere il sacerdozio e l’episcopato. L’esempio più noto resta quello di S. Ambrogio, un funzionario dell’Impero, portato a ricoprire la carica di vescovo di Milano da clero e popolo uniti nella richiesta. Potremmo anche richiamarci a un altro detto di antica ascendenza ecclesiastica, quod omnes tangit ab omnibus tractari debet: ciò che tocca tutti deve essere trattato da tutti

 

Camillo de Piaz

(da Tirano & dintorni, settembre 2006)


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