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Gianfranco Cercone. “I villeggianti” di Valeria Bruni Tedeschi
12 Marzo 2019
 

Se il “privato” costituisce la dimensione allo stesso tempo più intima, più essenziale, della vita di ogni individuo, quella in cui si decide della nostra felicità e della nostra infelicità, la parola stessa: “privato” suggerisce però che quella dimensione, da sola, non può comunque appagarci completamente; è di per sé una privazione, manca cioè di ciò che collega la nostra vita alla vita degli altri uomini; e cioè della dimensione pubblica, senza il cui complemento il privato può apparire misero, angusto, quasi una prigionia.

Questa considerazione sull'ambiguità del privato, così prezioso e così insufficiente, di per sé inevitabilmente deludente, mi è suggerita dall'ultimo film di Valeria Bruni Tedeschi, da lei diretto e interpretato, dal titolo: I villeggianti.

Al centro della vicenda c'è un dramma, perlappunto, privato. La protagonista – che adombra la stessa autrice del film (fra l'altro, fa anche lei la regista) – riceve dal suo compagno il brusco annuncio che lui non partirà in vacanza con lei e con la loro figlia adottiva. Intende infatti lasciarla perché si è innamorato di un'altra donna. Tramortita, lei decide comunque di raggiungere la sorella, la madre, altri parenti ed amici, in una loro splendida villa sulla Costa Azzurra. E si potrebbe immaginare – e, simpatizzando con la protagonista, anche sperare – che il calore, la cordialità, l'affetto della compagnia, la bellezza del paesaggio, della vista sul mare, possano esserle almeno di conforto.

Accade però che lei vede come riflesse nelle persone che la circondano, e particolarmente nelle altre donne, la propria stessa angoscia, le proprie assillanti domande sul futuro: sulla possibilità, che si rivela sempre più vana, di riconquistare il proprio compagno, malgrado vari tentativi, buffi e commoventi; sulla possibilità di trovare un nuovo compagno; sul senso di una vita da trascorrere altrimenti in solitudine, andando incontro alla vecchiaia.

Beninteso: I villeggianti ha il tono – quasi si impone il tono – di una commedia. Questi drammi femminili che sembrano come le variazioni musicali di uno stesso dramma, e che consistono ora in una convivenza coniugale forse senza più amore, ora in amori estivi che per un po' si spera possano durare, essere la svolta di una vita, e che invece presto si rivelano impossibili, effimeri; ora in solitudini sentimentali ormai definitive, che hanno come sola distrazione osservare gli amori degli altri – questi drammi, dicevo, sono raccontati con leggerezza, e somigliano a un leggiadro balletto. Ma si ha la costante impressione che le coppie di danzatori volteggino sull'orlo di un burrone; o che l'ombra della vecchiaia e della morte finirà per inghiottirli.

Se il film sembra svolgersi tutto in un ambito privato, Valeria Bruni Tedeschi aggiunge però un tocco alla descrizione di questo quadro di vita, che gli dà ulteriore profondità e che si riferisce al mondo esterno a questo coro di persone in fondo privilegiate. È un riferimento simbolico: nei dialoghi si invocano delle trappole che tengano la villa al riparo dai cinghiali. Ma in una battuta una domestica si riferisce a delle leggi che tutelino la Francia dall'invasione degli immigrati. Non tutti nella villa sono d'accordo con lei.

Ma colui che si comporta come il padrone attuale della villa è un industriale di destra, che tratta con sprezzo un suo dipendente e che trascura i diritti sindacali dei domestici.

Si insinua così nel racconto il dubbio che tanto affanno per i propri destini privati, sia alimentato, esasperato, proprio dall'egoismo, dal fatto cioè di pensare troppo a se stessi, e troppo poco agli altri.

Il film si avvale di un folto gruppo di bravi attori italiani e francesi. In primo luogo, la stessa Bruni Tedeschi, che con quel suo volto che esprime malinconia e disincanto, in contrasto con la sua voce, che ha la freschezza e l'ingenuità di una bambina, è il caso di un'attrice dalle caratteristiche così spiccate da essere di per sé un personaggio. Accanto a lei ci sono, fra gli altri, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Pierre Arditi, Yolande Moreau.

Da vedere.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 9 marzo 2019
»»
QUI la scheda audio)


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