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Gianfranco Cercone. “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini
18 Settembre 2018
 

In una scena del film Sulla mia pelle – il film che il regista Alessio Cremonini ha dedicato al caso Cucchi, e che è stato recentemente presentato al festival di Venezia – vediamo un piccolo drappello di guardie scortare un ragazzo ammanettato – Stefano Cucchi, appunto – all'interno della stanza di una stazione dei carabinieri.

Cosa avviene all'interno di quella stanza non è mostrato dal film. Fatto sta che, subito dopo, scopriamo che il volto del ragazzo è ricoperto di lividi. E in seguito proprio al pestaggio che, evidentemente, lo si lascia intendere con chiarezza, si è consumato in quella stanza, il ragazzo si ammalerà e morirà dopo una lunga agonia.

La scelta di omettere dal racconto l'esposizione diretta di quelle violenze, che sono comunque attribuite alle forze dell'ordine, è comprensibile: si è voluto procedere con la prudenza e con la delicatezza che richiedono fatti realmente e recentemente accaduti, ancora oggetto di un procedimento giudiziario; e le persone a vario titolo interessate alla vicenda. E si è forse voluto scongiurare il “voyeurismo dell'orrore”.

Tuttavia la scelta di questa omissione è, a mio parere, un sintomo dei limiti dell'impostazione di tutto il racconto.

Poco prima avevamo visto quel ragazzo arrestato da quegli stessi carabinieri per detenzione di stupefacenti, perquisito e interrogato in caserma, e la perquisizione in casa dei suoi genitori: un trattamento severo ma, ci era sembrato, nei limiti della legalità, fatto salvo il rifiuto di mettere il ragazzo in contatto con il proprio avvocato, come da sua precisa richiesta: un rifiuto che, con il passare delle ore e dei giorni, diventa sempre più manifestamente criminale (e per ottenere il riconoscimento di questo diritto, come sappiamo e come ci racconta anche il film, Cucchi intraprenderà invano uno sciopero della fame).

Si erano anche visti trascorrere sui volti degli uomini d'ordine, i segni del furore, dell'intolleranza, forse della perversione. Ma erano accenni discreti, non proporzionali all'orrore che sarà perpetrato, inadeguati a introdurlo e a trattarlo.

Insomma: prima ancora che un caso giudiziario, e prima che l'oggetto di una sacrosanta denuncia, la vicenda di Stefano Cucchi è l'incontro, aberrante, tragico nelle sue conseguenze, di alcun individui, tutti ragazzi (in un'inquadratura un po' misteriosa del film uno dei carabinieri sembra rispecchiarsi nell'arrestato). Ecco: di questo incontro, e cioè del fattore umano della vicenda nel suo aspetto più profondo, e allo stesso tempo del suo cuore selvaggio, il film di Cremonini non vuole, forse non può, dirci nulla. (Si pensa, per contro, a un bel film di Katherine Bigelow, Detroit, anch'esso dedicato a una vicenda, meno recente, realmente accaduta, che era però capace di farci entrare nel percorso mentale ed emotivo di un poliziotto autore di atrocità perfino peggiori di quelle di cui è stato vittima Stefano Cucchi).

Eluso il centro della vicenda, il film di Cremonini si attiene alla cronaca, e cioè alla superficie dei fatti, riferendo in sostanza ciò che avevamo già appreso dai resoconti giornalistici.

La resa degli ambienti e delle persone che li abitano è precisa e sempre verosimile; degli ambienti istituzionali – che siano le caserme, le carceri, i tribunali, o gli ospedali giudiziari – ci si fa percepire un'atmosfera di atavica rassegnazione al crimine, quand'anche il crimine sia commesso da chi dal crimine dovrebbe tutelarci (anche se alcuni uomini di quelle istituzioni tenteranno inutilmente di convincere Cucchi a denunciare l'accaduto). Il film è complessivamente ben recitato, e in particolare svetta l'interpretazione di Alessandro Borghi, che sembra capace di una mimesi intima del personaggio di Cucchi. E comunque il film ha il merito civile di divulgare la vicenda attraverso il mezzo popolare di un film di finzione.

Per una scelta a mio parere lungimirante, e particolarmente appropriata a un film come questo – perché gli permette la massima risonanza - Sulla mia pelle è allo stesso tempo distribuito nelle sale e su Netflix.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 15 settembre 2018
»» QUI la scheda audio)


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