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Laboratorio di lettura e Scrittura poetica di Vicenza: Stefania Bortoli. Cura di Ivana Cenci (4).
Stefania Bortoli
Stefania Bortoli 
11 Settembre 2007
 

La poetessa è nata nel 1960 a Thiene ( VI) e vive a Pove del Grappa. Laureata in Pedagogia, insegna Lettere al Liceo Artistico di Nove dove è referente del Progetto-Cinema e dove da diversi anni promuove le attività culturali all'interno della “Settimana delle Arti”. Da due anni partecipa al “Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica” a cura dell'associazione culturale Artemis.

 

 

POESIE PER TELLUSfolio

 

La scia della luna

lasciò il silenzio muto

quando l’urlo nero

squarciò la notte

con una lama crudele

aprì il mio cuore

e l’orbita di sangue

fece tremare i nostri polsi

attraversò le vene

quando signora morte

arrivò alle tue spalle

prima dell’ora dell’addio.

 

Poi vennero i giorni

dove venne il vento

Aprile cantò l’azzurro

temporale dei tuoi occhi

e attonito giorno

divenne attorno muto

come dura pietra.

 

 

 

Un passaggio di voci

diventa la stanza di luce

il passo s’affretta

un attimo indugia,

un frugore di foglie

traccia tenere ore.

 

Tre donne e un nembo di luce

intrecciano bambine nel tempo

il proprio racconto

dove tu audace bambina

ascolti rapidi passi

mentre l’alba di latte

rischiara il ritorno.

 

 

 

I tuoi occhi cerulei cercano

il campo di fiordalisi

e il passato diviene

nei tuffi d’inconsapevolezza

come la giovinezza

capovolta nell’altra vita

 

 

 

la natura è in cammino

attraverso templi di cenere

passaggi di tempo

vibrano nei passi

labirinti d’inverno

gli alberi di Ta Prohm

vicini al mio respiro

 

Angkor Thom, 5 gennaio 2006

 

 

 

viaggiano voci d’assenza

sulle rive del tempo

quando la marea di sogni

traduce la paura in amore

 

naviga la solitudine

le vele lontane

tra veglia e sonno

a me vicine

per arrivare al mare

 

 

 

COMMENTI ALLE POESIE DI STEFANIA BORTOLI


  

Viaggiare per arrivare al mare dopo “l’urlo nero” dopo “signora morte” “quando la marea di sogni traduce la paura in amore”. Dopo tanto dolore la solitudine diventa “silenzio” “azzurro” che non ha più paura di amare e di essere amata. È il dolore, che si sente in questi versi, che si impossessa dei paesaggi, della luce dell’alba, del chiarore della luna, del temporale, delle nuvole e del bianco puro, dove scrivere un’altra storia che abbia a che fare con la vita, dove la luce dell’alba sia energia per tenere in serenità passato e futuro, dove il mare raffigura presente e infinito, la conquista della libertà, “come la giovinezza / capovolta nell’altra vita”.

Le poesie di Stefania, fatte apparentemente “come dura pietra”, sono di una tenerezza che solo le donne hanno; allo tesso tempo, “l’audace bambina” diventa donna forte che “rischiara il ritorno” dove “la stanza di luce” può illuminare una casa e una vita intera.

 

Gianluigi Cannella

 

 

Attraverso la poesia di Stefania Bortoli ci si inoltra in un ambiente fatto di colori forti, di passionalità nel sentire gli eventi dell'esistere. Stefania ha un modo di poetare avvolgente, affascinante, che penetra nell'animo di chi prova a respirare a pieni polmoni l'aria densa ed inebriante dei suoi versi.

Forti ed intensi, i componimenti sanno evocare una molteplicità di stati d'animo, adattabili al lettore che può scorgere sé stesso dietro ogni parola, interpretandone in maniera del tutto personale il significato.

Pregnante è il tema trattato nel primo testo, dove si affronta la morte, prematura, improvvisa, notturna, che dopo il lancinante dolore iniziale provocato “con una lama crudele” lascia spazio a giorni di silenzio, di introspettiva durezza.

Squarci di luce, ma soprattutto passaggi per viaggiare nel tempo e nello spazio permettono di guardarci dentro, di formulare esperienze trascurate in cui travasare una malinconica riflessione. La nostalgia si percepisce profonda nel terzo e nel quinto componimento allorquando “il passato diviene / nei tuffi d'inconsapevolezza / come la giovinezza / capovolta nell'altra vita”, o quando “viaggiano voci d'assenza / sulle rive del tempo” e “naviga la solitudine / le vele lontane”.

Quello che caratterizza la poesia di Stefania è appunto il movimento spazio-temporale, il ricorrere a salti ben calibrati che portano alla coscienza delle stratificazioni del tempo della quarta poesia o il rinnovamento, la nascita e la vita della seconda.

Stefania ci dice che tutto è mutevole, incostante, inafferrabile...

 

EloZ (poeta)

 

 

Nelle parole di Stefania c’è spesso un lirismo che consiste nel ricordo, forse di quando era bambina, forse di cose vissute o sentite di dolori passati, ma trasfigurati con leggerezza e bellezza. Con esse, torna spesso un frangente di felicità come ad aprile che canta l’azzurro temporale e ritorna il giorno.

C’è, nel recupero della fanciullezza, un leggero vento d'occhi cerulei, che cercano nel passato quei fiordalisi dell’inconsapevolezza che la giovinezza ha ormai capovolto nella vita.

Così come naviga la solitudine tra vele lontane, per arrivare al mare che mai più si potrà raggiungere, passato nel ricordo di quando tutto, forse, sembrava più semplice.

 

Marco Rampon

 

 

Chi si addentra nei percorsi poetici di Stefania Bortoli si ritrova in fitte selve metaforiche, dove la realtà si perde in sfumature enigmatiche, ai limiti del criptico. In tale addensamento figurale, in cui spesso i referenti sfuggono e i passaggi razionali sono scavalcati, si percepiscono delle vibrazioni emotive che conducono, se non a “conoscere”, a “riconoscere” un messaggio profondo –secondo una modalità gnoseologica tipica della sensibilità femminile.

Questa atmosfera di svelamento simbolico è particolarmente palpabile nella seconda poesia (Un passaggio di voci), la quale introduce il lettore in una dimensione ovattata e luminosa, come in un sogno, o in un ricordo.

Proprio come nei sogni e nei ricordi, i suoni giungono attutiti: voci (v. 1) che rievocano parole in lontananza, come frammenti di un racconto (v. 9) da ricostruire; piedi che producono uno scalpiccio confuso (passo, v. 3; passi, v. 11), foglie che tremolano fievoli (frugore di foglie, v. 5).

Proprio come nei sogni e nei ricordi, i colori sbiadiscono in una luminosità bianca e diffusa: nello spazio si dilatano l’abbaglio della luce (vv. 2 e 7) e il chiarore del giorno nascente (alba di latte, v. 12).

La scena è popolata da rarefatte presenze femminili (tre donne, bambine, vv. 7-8; bambina, v. 10), plasmate da un impasto di voce e luce. Il v. 7, Tre donne e un nembo di luce, sembra la trasposizione poetica di una tela del Boccioni prefuturista, intitolata appunto “Tre donne”, in cui le bellissime figure muliebri sono attraversate e quasi smaterializzate da una forza luminosa che si fa emozione.

Infine, la struggente dolcezza del distico di chiusura, dal ritmo pacato e liberatorio: lento si espande il lattiginoso pallore del nuovo giorno che inizia, restituendo una presenza perduta (mentre l’alba di latte / rischiara il ritorno).

 

Romina Elia

 

 

La disposizione dei testi poetici offerta dall’autrice, ci fa percorrere un itinerario linguistico e personale. Il primo all’insegna di una rarefazione della lingua, il secondo a un salpare che molli gli ormeggi del passato.

Le tinte forti con cui si apre La scia della luna ci riportano a un ambiente romantico, dove la natura dai toni cupi partecipa al trauma di una morte inattesa, lenita un poco da una certa ripetizione che rassicura (muto/muto, giorni/giorno, vennero/venne). Ripetizione di parole che troviamo anche in Un passaggio di voci (luce/luce,passo/passi, bambine/bambina) e che lascia progressivamente posto all’uso delle somiglianze ne I tuoi occhi cerulei e la natura è in cammino: (cerulei/fiordalisi, tuffi/capovolta, passato/giovinezza, cammino/passi). È con l’ultima poesia però, viaggiano voci d’assenza, che la lingua dimette ripetizioni e somiglianze per usare i contrari (paura/amore, lontane/vicine, veglia/sonno) a supporto di un viaggio che la poetessa fa intravedere “in avanti”, orientato finalmente al futuro, al mare.

Se la dimensione del tempo è una costante nella poesia di Stefania Bortoli, questo risulta per lo più segnato dal passato, dal ricordo, dal sogno, dal ritorno: da un “dietro” che pesa e che rende il presente “attorno, muto/ come dura pietra”. Anche la natura, altra cifra della poesia della Bortoli, se pur in cammino, è presa dal fascino che solo il passato sembra poterle conferire (il frugore di foglie traccia le ore dell’infanzia; gli occhi cercano i campi di fiordalisi per poter capovolgere la giovinezza trascorsa; la natura è in cammino attraverso templi di cenere bruciata dal tempo).

Per questo l’ultima poesia apre a qualcosa di diverso. C’è una soglia, un “tra” che si frappone alla marea dei sogni. E’ il “tra”, per l’appunto, la veglia e il sonno in cui la solitudine apre un varco, a dispiegare le vele finalmente verso il mare. In avanti.

 

Elisabetta Xausa

 

 

La poesia di Stefania Bortoli sembra fatta di un vissuto molto intimo, perfino troppo per essere commentata, pare piuttosto che chieda silenzio, o almeno discrezione, pudore, delicatezza. È una poesia immersa nel tempo, fatta di tempo, scandita dal tempo, questo alleato/nemico che così spesso va “fuori tempo” come “…quando signora morte / arrivò alle tue spalle / prima dell’ora dell’addio”. È un rapporto complesso quello che l’autrice intrattiene con il tempo, fatto di pace transitoria, di armonia ma anche di ostilità, fino al punto di negarne l’esistenza lasciando intendere la possibilità che esso non scorra, non passi, ma siano piuttosto gli uomini e le cose con le loro azioni ad attraversarlo, a passarvi dentro e dunque a “farlo esistere”, come in questi bei versi che ricordano la Dickinson: “…il passo s’affretta / un attimo indugia / un frugore di foglie traccia tenere ore…”. Nella stessa poesia ancora versi che sorprendono per la loro immediatezza: un quadro familiare, domestico, tracciato con poche pennellate, sullo sfondo del tempo: “… Tre donne e un nembo di luce / intrecciano bambine nel tempo / il proprio racconto…”. Anche nei versi di viaggio, scritti per fermare un pensiero, un’emozione, una sensazione, emerge tutto il fascino che il tempo esercita su Stefania: “la natura è in cammino / attraverso templi di cenere / passaggi di tempo/vibrano nei passi [...] vicini al mio respiro”.

Concludo questa lettura con i primi due versi dell’ultima poesia, perché lasciano immaginare il tempo come un fiume in cui scorre l’esistenza e colgono tutta la potenza di questo elemento impalpabile che tutto distrugge e rigenera, insensibile, per superiore necessità, alle millenarie vicende umane: “viaggiano voci d’assenza / sulle rive del tempo”.

 

Carlo Romano

 

 

È un cammino intimo quello che Stefania Bortoli denuda con i suo testi. Attraverso il linguaggio poetico è decisamente percettibile la tridimensionalità del pensiero. Questo elemento errante, in tale contesto, esprime la capacità di navigare nel passato, nel presente e nel futuro, in uno spazio-tempo svincolato dal ritmo usuale della vita.

Emerge pulsante la sensibilità femminile intrisa nella costituente creativa, dall’essenza materna che si fa voce, guida, fiaba o dolore profondo.

Ben si definisce il senso della perdita, dello spaesamento che scorre sulle parole della prima poesia, aprendo gli occhi del lettore, coinvolgendolo nella maturità dell’autrice.

Il passaggio di alcuni versi illumina l’evoluzione della sofferenza.

Essa apparentemente transita per l’accettazione ma, in verità, è solo un rapido sostare che riposa nella consapevolezza della realtà, senza cadere nella rassegnazione “quando signora morte arrivò alle tue spalle prima dell’ora dell’addio” “poi vennero i giorni dove venne il vento” “e attonito giorno divenne attorno muto come dura pietra”. Il contenuto emotivo dei versi chiarifica la riflessione.

Altro elemento fortemente caratterizzante nella poesia di Stefania è il viaggio. Un viaggio che non si limita al mero moto della massa, ma traduce la “navigazione delle parole”.

Esse sono vele spiegate di una nave transitante sulla densa pellicola d’acqua, che divide la veglia dal sonno.

 

Giordano Montanaro


Foto allegate

Boccioni, Tre donne
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