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Paolo Cancelli e Simone Macrì. Un progetto di Educazione alla Legalità nella periferia di Roma
07 Giugno 2008
 

Siamo Paolo Cancelli e Simone Macrì e inviamo un contributo inerente l’esperienza applicativa del nostro progetto di Educazione alla Legalità nella periferia di Roma. Partendo da un punto di vista empirico, ci siamo resi conto che ponendo l’accento verso un approccio bottom-up teso alla risoluzione concreta delle problematiche fortemente sentite dalla cittadinanza si può effettivamente costruire una coscienza etica, civica e solidale. La libertà, la giustizia sociale e la democrazia partecipata sono valori condivisibili che al tempo stesso devono essere condivisi.

L’edificante esperienza da noi maturata nelle periferie degradate, disagiate e dimenticate da tutte le Istituzioni ci fa pensare che la condivisione dei valori, significa creare le condizioni affinché i cittadini diventino protagonisti della tutela dei loro diritti e della cura dei beni comuni, esercitando in proprio poteri e responsabilità. Quanto più sarà ricca la cultura civica, tanto più sarà ricca la cittadinanza attiva e quanto più sarà esteso ed efficace l’attivismo dei cittadini nelle politiche pubbliche tanto più gli standard della cultura civica saranno di alto livello.

Quel che vogliamo creare noi è la cosiddetta “Dimensione Civica”, l’ambiente favorevole della cittadinanza attiva. Secondo noi se si vuole smuovere un peso occorre conoscere quale sia il punto più adatto dove collocare la leva. C’è solo da aggiungere che nella situazione politica odierna non si tratta di smuovere masse corporee, ma anime civiche e solidali. La cittadinanza ha bisogno di valori: non da prendere in prestito ma da far scaturire dalla propria coscienza.

 

Paolo Cancelli
Simone Macrì

 

 

La prima sperimentazione del progetto

 

 

Il territorio nel quale si è operato

 

I nostri studi sistematici sulle grandi metropoli mettono in evidenza alcune patologie presenti nel suo stile di vita. Nella grande città non esiste più la mutua conoscenza tra i singoli; il luogo di lavoro per gli adulti e il luogo degli studi per i giovani si dissocia dal luogo di residenza. La conoscenza piena, diretta e personale, l’interazione quotidiana con i propri vicini sono ormai irrealizzabili in quanto il cittadino divide la sua vita quotidiana in un numero maggiore di gruppi organizzati, in ciascuno dei quali stabilisce rapporti frazionati, secondari. La riservatezza e l’indifferenza sono gli atteggiamenti base del comportamento del cittadino le cui conoscenze tendono a fermarsi ad un rapporto esclusivamente utilitaristico. Sono i primi segni che la grande città produce uno stile di vita dove taluni effetti patologici come la criminalità organizzata e la microcriminalità giovanile sembrano prevalere sui caratteri di dinamicità e slancio di una moderna democrazia. I rapporti sociali si vanno trasformando da intensivi in estensivi, in una forma che coinvolge sempre meno la persona e sempre più il personaggio urbano che offre il fianco ai colpi bassi dell’illegalità. Quanto addotto si amplifica in periferie urbane degradate, quartieri lasciati nell’incuria e nell’abbandono da parte delle Istituzioni compromettendo i legami e le solidarietà personali dei giovani ivi residenti. Infatti pur guadagnando un certo grado di libertà e di emancipazione, il giovane viene a perdere l’espressione spontanea di sé, la morale ed il senso di partecipazione che deriva dal vivere in una società integrata. Nel quartiere “Centocelle”, dove abbiamo iniziato la sperimentazione del progetto, la solitudine in cui il ragazzo viene a trovarsi è compensata solo in modo parziale da altre forme aggregative quali le c.d. “comitive” che si riscontrano in sale giochi, parchi pubblici e centri commerciali. In esse si rinviene un pericoloso humus di illegalità latente e si scorge un pericoloso territorio fertile per il bullismo, teppismo e spaccio di sostanze stupefacenti. Tale fenomeno aggregativo non si può sostituire ai rapporti primari ormai persi, né fa riacquistare al giovane un ruolo individuale attivo e pieno; genera solo il c.d. “branco” e la riluttanza verso le Istituzioni, troppo spesso assenti sul territorio.

Operando a diretto contatto con i ragazzi siamo riusciti ad addentrarci nella realtà interna del branco e una volta permeati nel profondo abbiamo individuato le caratteristiche intrinseche di questa forma di associazionismo giovanile. Lo stile di vita del branco si svolge, sin dal suo inizio, con modalità sempre uguali a se stesse, monotone, con rapporti sociali lenti, scarsa o nulla ricerca del nuovo, come è sempre uguale a se stesso e monotono il luogo dove tale stile si riproduce in continuazione. Il capo branco, in tale contesto, assume una personalità forte, irresistibile, assurgendo spesso al ruolo di mentore di illegalità. In questo pericoloso contesto abbiamo posto in essere delle soluzioni adeguate attraverso l’istituzione scolastica. La Case Analysis si è dimostrata l’unica via per un risveglio delle coscienze giovanili, uno stimolo alla loro fame e sete di legalità, alla loro creatività intellettuale e all’interesse sui problemi concernenti la società in cui vivono. Siamo riusciti con azioni dirompenti ed innovative a sconfiggere il branco e a creare un gruppo competitivo e dinamico, laboratorio di cittadinanza attiva, propulsore del senso civico e volano di protagonismo positivo.

 

 

La nascita del corso

 

Il progetto “Educazione alla legalità” nasce applicativamente nel novembre del 2005, presso l’I.S.I.S “Sandro Botticelli” ubicato in Via della Primavera n. 207 nel quartiere periferico “Centocelle”, come conclusione di un percorso di ricerca e riflessione sulle problematiche delle aree urbane degradate. L’obiettivo è stato quello di proporre la scuola come luogo di promozione delle aggregazioni nel tempo libero, per ragazzi in età adolescenziale, come risposta ad un diffuso bisogno di risignificare la socializzazione e l’incontro giovanile in chiave critica e costruttiva. Attraverso il nostro progetto e segnatamente con il metodo Case Analysis si sono centrati ulteriori obiettivi previsti:

  • Partnership giovanile. Si è perseguita la collaborazione attiva di tutti gli elementi del gruppo per raggiungere un determinato risultato.

  • Senso di responsabilità e rispetto degli altri. Tutti gli studenti di un gruppo hanno reso conto sia della propria parte di lavoro sia di quanto hanno appreso. Ogni studente, nelle verifiche, ha dimostrato personalmente quanto ha imparato perseguendo una sana competizione intellettuale con i compagni volta a favorire un generale innalzamento di competitività nel rispetto di un leale confronto.

  • Interazione face to face. Benché parte del lavoro di gruppo è stato suddiviso e svolto individualmente, i componenti della classe hanno lavorato in modo interattivo, verificando gli uni con gli altri la catena del ragionamento, le conclusioni, le difficoltà e si sono forniti a vicenda il feedback.

  • Sviluppo attività collaborative.

  • Valutazione critica del proprio lavoro.

  • Coinvolgimento attivo nelle problematiche sociali. Gli alunni hanno individuato le questioni sociali afferenti al proprio vivere quotidiano che attraverso il metodo Case Analysis hanno affrontato in modo positivo e dinamico.

  • Crescita del senso di legalità e del senso civico. Gli alunni si sono resi conto che le regole di vita e le norme giuridiche sono un bene per la società.

  • Avvicinamento del giovane allo Stato. I discenti attraverso testimonianze dirette di alcuni operatori delle forze dell’ordine si sentono vicini alle istituzioni.

Pur essendo stato un lavoro faticoso e dispendioso in termini di tempo, ci ha dato in itinere sempre maggiori stimoli ed incentivi al miglioramento. Scientificamente abbiamo definito gli obiettivi e costruito degli indicatori, che ci hanno consentito di mettere a fuoco la condivisione di quelli che riteniamo i compiti di sviluppo del senso civico legalitario dei ragazzi all’interno del progetto. L’individuazione degli indicatori ha permesso di tradurre in termini osservabili quelli che si ritenevano comportamenti vicini o meno all’obiettivo. Ciò è stato possibile attraverso la sottoposizione preliminare ai discenti di un questionario anonimo che ci ha permesso di realizzare un bilancio d’entrata; sarà questo fondamentale per comprendere il development dei discenti a fine corso. I questionari sono stati illustrati al momento della loro distribuzione e le singole domande sono state oggetto di precisazioni alla classe o ai singoli ragazzi nei casi in cui ciò appariva utile.

Il questionario è stato costruito sviluppando un certo numero di domande per ciascuna delle seguenti aree tematiche:

  • Notizie personali e familiari sul ragazzo.

  • Qualità di vita e percezione dell’illegalità.

  • Frequenza e tipo di episodi di atti quali il bullismo, teppismo, vandalismo e spaccio di sostanze stupefacenti cui si è assistito.

  • Frequenza e tipo di atti di prepotenza, prevaricazione, violenza di cui si è stati vittima.

  • Luoghi, modalità, circostanze, soggetti attori e motivazioni degli episodi addotti.

  • Regole che governano le relazioni criminose e l’atteggiamento degli spettatori.

  • Giudizi sulle reazioni formali ed informali, attuate ed auspicabili, ai comportamenti criminosi.

  • Opinioni e giudizi afferenti le regole di vita e le norme giuridiche.

  • Giudizi e opinioni nei confronti delle istituzioni.

L’esame delle risposte ai questionari fornite dagli studenti afferenti ai nostri corsi, ci ha consentito innanzitutto di descrivere l’universo delle persone coinvolte nella ricerca e, in secondo luogo ci ha permesso di verificare la presenza, la consistenza e le caratteristiche degli episodi di bullismo e criminalità. Attraverso una procedura semplice si sono poi costruiti alcuni indici che ci hanno dato modo di mettere a confronto il bilancio iniziale del corso con quello realizzato al suo termine.

Nell’insieme, queste ricerche longitudinali dimostrano che il comportarsi in violazione della legalità non è una tendenza passeggera, magari semplicemente determinata da possibili condizioni ambientali sfavorevoli come ad esempio vivere in periferia. In mancanza di interventi didattici efficaci per porvi rimedio, tali comportamenti rimarranno stabili nel tempo, almeno nel periodo scolastico e anche in diversi contesti sociali. Risulta quindi fondamentale cercare un congruo intervento didattico per arginare questi problemi e creare un clima positivo di convivenza nella scuola e nella società, che promuova lo sviluppo anche degli alunni più a rischio. Abbiamo attivato un processo di cambiamento multilevel nell’esperienza scolastica; dal clima della scuola alle norme e ai comportamenti del gruppo classe, fino ai singoli individui.

(cfr. schema 1, immagine allegata in calce)

 

 

L’intervento didattico

 

Il primo passo verso l’attivazione del programma di intervento volto a contrastare la diffusione di gravi fenomeni criminosi può essere considerato l’acquisizione di consapevolezza da parte della comunità scolastica circa la presenza effettiva del problema e la sua incidenza in termini quantitativi. Il progetto che presentiamo, facendo riferimento a questi studi e calandosi nella concretezza del campo di lavoro scelto, si caratterizza appunto come un progetto di prevenzione a largo raggio. La nostra è un’impostazione che implica nel breve periodo la conoscenza delle problematiche sociali in visione costruttiva e nel medio-lungo periodo costruisce la coscienza civica del cittadino di uno stato forte, civile e democratico. Fondamentale è il coinvolgimento di tutte le componenti educative quali Istituzioni, scuola e famiglia. In questo senso si può parlare di un progetto mirato a fronteggiare efficacemente il problema di una corretta educazione alla legalità, perché esso tiene presenti i vari piani del problema e la loro interazione, studiando e sperimentando le strategie più utili al fine di potenziare la macchina scolastica in chiave legalitaria.

La prima fase di introduzione del metodo Case Analysis è consistita nella proposizione o elaborazione da parte dei ragazzi di un caso problematico concernente l’illegalità. Il caso concreto, il case test, è un potente mezzo per catturare esperienze, emozioni e sensibilità che unite all’immaginazione possono mantenere una vis attrattiva per tutta la durata del corso. Attraverso la lettura, la rielaborazione scritta ed attività di brainstorming, gli alunni hanno rafforzato via via la propria sensibilità verso il problema sotteso. Inoltre abbiamo assistito ad un notevole incremento di conoscenza afferente alla natura del fenomeno criminoso. Grazie poi all’intervento di alcuni operatori delle forze dell’ordine invitati alle nostre lezioni a titolo di amicizia abbiamo cercato di diminuire il gap tra alunno e forze di pubblica sicurezza per favorire la nascita di una concezione di istituzione più vicina alle problematiche concrete. Inoltre nella fase di introduzione al tema e nel processo di approfondimento delle altre fasi del metodo Case Analysis abbiamo fornito articoli di giornale inerenti al problema in esame.

(cfr. schema 2, immagine allegata in calce)

 

Attraverso la lettura degli articoli di cronaca ci siamo resi conto che gli alunni hanno preso coscienza dell’incidenza del fenomeno a livello sociale, dei problemi che ne sono a monte, delle conseguenze che ne derivano e dei dilemmi che provocano. Inoltre sfruttando la simulazione di un processo penale o civile, i discenti hanno colto l’occasione per calarsi nei panni di chi è vittima e di chi è autore di fatti illeciti, cogliendone emozioni e reazioni, individuando differenze e somiglianze, al di là degli stereotipi.

 

 

Il bilancio finale

 

Come complementare alla precedente esperienza è stato somministrato ai ragazzi un questionario di chiusura corso anonimo unito alla possibilità per i discenti di relazionare su quanto effettuato a 360° durante l’anno scolastico. Ciò è stato effettuato per fornire l’opportunità ai docenti di comprendere la convenienza di altre forme di intervento diversificate a seconda delle richieste, nonché di valutare se gli obiettivi prefissati erano stati raggiunti o addirittura migliorati. È stato evidenziato dallo studio e dall’analisi dei dati raccolti che vi è stato un incremento di atteggiamenti di rispetto, di interesse, di curiosità verso la legalità e l’etica morale ed inoltre vi è stato un accrescimento a livello generale di convinzione di pari dignità di tutte le culture. Ci siamo resi conto attraverso questo iter che la metodologia Case Analysis potrebbe dimostrarsi validissima anche nei confronti di altre discipline che se correttamente affrontate, sono in grado di fornire quei solidi strumenti di analisi, confronto, dialettica, ragionamento e cultura, fondamentali per costruire un valido cittadino democratico. Da ciò discende che la Case Analysis è uno strumento che evita superficialità e approssimazioni nell’approccio ai problemi ed è in grado di formare le coscienze, il modus comportamentale e la piattaforma culturale troppo spesso mal formata e ricca di incongruenze. A conclusione dei lavori è stata riconosciuta da tutti la forte valenza del progetto Educazione alla Legalità, sia su un piano simbolico sia su quello dell’ utilità pratica, per la ricchezza del confronto che in esso si è verificato e per la quantità di stimoli culturali e di verifica delle proprie esperienze, nonché per la possibilità di incontro con personalità di grande rilievo e per il luogo scelto, la periferia degradata, nella quale è ancora vivo il ricordo di un risultato positivo ed innovativo raggiunto.

I grandi successi ottenuti ci hanno dato la forza e solerzia di prodigarci sempre più e sempre meglio a quello che riteniamo essere l’unica soluzione per un futuro migliore: creare una nuova coscienza giuridica, civica e democratica nei cittadini del futuro.

 


Foto allegate

schema 1
schema 2
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