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Maria Paola Forlani: Van Gogh. L’uomo e la terra
28 Ottobre 2014
 

Si è aperta la mostra “Van Gogh. L’uomo e la terra”, a Palazzo Reale di Milano fino all’8 marzo 2015, a cura di Kathleen Adler, l’esposizione rientra tra gli eventi del 125° anniversario della morte di Vincent van Gogh e si propone di indagare il profondo rapporto tra il celeberrimo artista olandese, a Natura e la Terra.

In vista di Expo Milano 2015, partner di questo evento, la rassegna vuole mettere in relazione le opere esposte con il tema dell’Esposizione Universale Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” dimostrando quanto l’interesse dell’artista per i cicli della terra e quelli della vita dell’uomo abbiano profondamente influenzato tutta la sua poetica. La mostra vede esposte 47 opere di Van Gogh tra cui alcuni capolavori assoluti quali Autoritratto (1887), Ritratto di Joseph Roulin (1889) e Paesaggio con covoni e luna che sorge (1889).

Katerin Adler, curatrice dell’esposizione scrive a proposito di Van Gogh: «Nella vita di Vincent, eternamente in movimento, precario, tormentato, incapace di mettere radici, di adeguarsi alle condizioni della società e in perenne conflitto anche con la famiglia, esiste un unico legame costante e indissolubile: quello con la terra e le sue fatiche». Concetto che divenne per Van Gogh una filosofia di vita, come scrisse il grande storico dell’arte Giulio Carlo Argan riferendosi all’artista che «è accanto a Kierkegaard e Dostoevskij e che si pone dalla parte dei diseredati, dei contadini cui l’industria non toglie solo la terra e il pane, ma la dignità di esseri umani, il sentimento dell’eticità e della religiosità del lavoro».

Lungo le sei sezioni della mostra (L’uomo e la terra; Vita nei campi; Il ritratto moderno; Nature morte; Le lettere; Colore e vita), si può osservare e percepire la vita e la fatica dei campi soprattutto attraverso i suoi disegni – tra cui Contadina che lega fascine di grano ma anche che spigola o zappa. Una tecnica quella del disegno, molto amata da Van Gogh e che gli consentì di affermare: «studiare e disegnare tutto ciò che appartiene alla vita contadina…adesso non sono più così impotente davanti alla natura come un tempo». Un percorso che lo portò fino all’immersione totale nel paesaggio colorato a olio vissuto come una rivelazione, quella che ebbe arrivando in Provenza («Il Mediterraneo ha un colore come gli sgombri, cioè cangiante, non si è mai sicuri se sia verde o viola, non si è mai sicuri se sia azzurro, perché un istante dopo il riflesso cangiante ha assunto una tinta rosa o grigia».) testimoniato in mostra da opere quali Vedute di Sainte Marie de la Mer, Uliveto con due raccoglitori di olive o La vigna verde.

E ancora i ritratti perché, come scrive nel giugno del 1890, «ci sono facce moderne che verranno guardate ancora a lungo, che forse verranno rimpiante cent’anni dopo». Facce come quella del Ritratto di Joseph-Michel Ginoux o del Ritratto di Joseph Roulin.

Van Gogh cerca nel mondo contadino, nelle creature semplici e pure, come quel postino che lo andava a trovare tutti i giorni in manicomio e cantava la Marsigliese, il senso della vita e delle cose. Lo trova nella fatica, nel duro lavoro. Come i contadini e pescatori che ritrae perché, come scrive sempre al fratello, suo destinatario preferito, «Noi altri dovremmo invecchiare lavorando duramente, ed ecco perché allora ci deprimiamo quando le cose non vanno».

In politica Van Gogh, come tanti altri, è un “repubblicano” (nel senso di allora) deluso, ma ancora capace di trasportare nell’arte gli ideali che in politica non vede realizzabili. Realizzarli nell’arte è invece possibile e necessario. Sintomatica una lettera da Arles, scritta nei giorni in cui l’artista dipingeva il postino Roulin. Dopo aver dichiarato che ciò che aveva imparato a Parigi, cioè le idee degli impressionisti, se ne andava e che le sue idee erano state più “fecondate” da quelle di Delacrix che dalle loro, Van Gogh espone con grande chiarezza il rapporto che deve esistere nel quadro tra il contenuto umano e quello sociale («Noi abbiamo letto La terre e Germinal, i romanzi di Zola; e se dipingiamo un contadino, vorremmo mostrare che questa lettura ha fatto corpo su di noi»).

Ma, dopo aver preso le distanze dal concetto di visione materiale dell’Impressionismo, egli si preoccupa di non dare della sua opera un’interpretazione strettamente realista (alla Zola): «Io non so se potrò dipingere il postino come lo sento». Perché? Perché una cosa è il contributo che il pubblico attribuisce a un uomo o a un oggetto e altro è il contenuto intimo che l’artista deve scoprire e forse inventare: «Quest’uomo (il postino Roulin) è come le pére Tanguy, (…) probabilmente è considerato un buon repubblicano perché detesta cordialmente la Repubblica della quale godiamo e perché insomma dubita un poco ed è un po’ disincantato dall’idea repubblicana stessa».

Van Gogh è convinto realista nell’arte, ma in reazione con la sua volgare applicazione del contenutismo. Insieme con la passione umanitaria e sociale sempre presente in lui, insieme con la lotta quotidiana per procurarsi le tele, colori, pennelli (prima ancora del pane), lo stato di perenne conflitto e la tensione della ricerca – se non furono certo causa della malattia – contribuirono però a creare il terreno sul quale si sviluppò la tragedia.

La quinta sezione della mostra è dedicata alle Lettere. Ne sono state conservate più di 800, per lo più quelle indirizzate al fratello Theo, che le conserva meticolosamente, e la cui vedova, Jo van Gogh-Bonger, le pubblicherà per la prima volta nel 1914. sono solo 83, invece, le lettere indirizzate a Vincent che sono sopravvissute, perché l’artista, perennemente in movimento, si disfava spesso delle scartoffie.

Vincent non avrebbe mai potuto immaginare che le sue lettere sarebbero state pubblicate, ma in esse esprime dettagliatamente i propri pensieri, i sentimenti, le opinioni sull’arte e molto altro. Queste lettere sono più di un semplice diario o di uno zibaldone di pensieri sparsi: sono un documento eccezionale, una cronistoria di tutto ciò che rese Van Gogh l’uomo e l’artista che era.

 

Maria Paola Forlani


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