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Veleno. Dieci storie per non dormire
05 Maggio 2009
 

Autori Vari

Veleno

10 storie per non dormire

a cura di Vincenzo Spasaro

Edizioni Il Foglio Letterario, pagg. 180, € 15


I racconti e gli autori: Raffaele Serafini (Spirale), Fabio Lastrucci (Pozzanghere gelate), Rossella Anelli (Dolci sogni), Luca Barbieri (Ekaton), Lorenza Ghinelli (La babystter), Giovanni Buzi (La farfalla), Elena Vesnaver (Il mio cuore è nero), Gordiano Lupi (La villa dei lamenti), Maurizio Cometto (Via da Magniverne) e Marco Crescimbeni (Perché i topi non tornano).



In cauda semper stat venenum

di Vincenzo Spasaro


«Qualche volta vieni a deporre corone di alloro laddove,

nei delicati mattini grigi, la luce del sole brilla debolmente.

Laddove, tra i cancelli di ferro del fato, vive il mio silenzio».

Jacula, “In cauda semper”, 1969


Era il millenovecentosessantanove quando gli Jacularecitavano l’oscura litania di “In cauda semper”. Fuori, nelle strade, erano la contestazione giovanile, le speranze di un mondo più colorato, le contraddizioni di un boom economico difficile da maneggiare, il freddo di anni che sarebbero presto divenuti pesanti come il piombo. Al buio delle cantine o invisibili negli studi musicali di Londra, quei tre musicisti italiani più, udite udite, un medium che secondo la leggenda traeva dalla sua trance melodie oltremondane, si dedicavano a segnare percorsi iniziatici e strade oscure. E un po’ in omaggio a quelle sonorità tese ed emozionanti che hanno aperto un cammino artistico nell’oscurità, ma soprattutto a uno spirito anche oggi forzatamente underground, che nasce questa raccolta di racconti.

Il veleno è sempre nella coda. Be’, qui di code ne abbiamo dieci e di veleni un’infinità. Il clima sociale pare distante anni luce da quello di fine sessanta, immerso com’è nell’odierno qualunquismo volgare e desolante che tutto diluisce e divora, e di undergroundcredo si senta un po’ il bisogno. Per underground, badate bene, intendo semplicemente voci libere, creative, forzatamente lontane della pastoie di meccanismi editoriali tribali e asfittici. Perché a questi ragazzi auguro invece di tutto cuore di uscire un giorno dalle cantine in cui sono rinchiusi per vedersela vis à viscon i cosiddetti grandi, facendo a cazzotti senza dopingper vincere o perdere con lealtà.

Il veleno è sempre nella coda. Quest’antologia vuole essere anche e soprattutto una sorta di consuntivo dopo quasi quattro anni di lavoro appassionato su ‘Fantastico e altri orrori’. Un punto fermo da mantenere per guardarsi un attimo indietro e ricominciare magari con rinnovato entusiasmo. Una coda in cui autori già collaudati nella collana si possano confrontare e accompagnare ad autori esterni e ad esordienti assoluti. Una coda spero velenosa.

Troverete qui di seguito dieci racconti dell’angoscia. Tensioni gotiche, erotiche, fantastiche, psicologiche, gialle. Incontrerete gente proveniente da tutt’Italia, che fa del veleno letterario la sua passione e si diverte a creare quella suspense che da sempre avvince chi ascolta le storie ai fuochi di campo o le legge nella comodità delle camere da letto. Un bello spaccato dell’Italia del racconto di genere: variegato per stile, sceneggiatura e freschezza di trame, questo magma incandescente ribolle oggi di frustrazione ed entusiasmo dai blog e dalle riviste ed è pronto per venire in piena luce. Si tratta di esordienti assoluti o narratori che si sono creati un piccolo seguito negli anni, ma mai di scrittori affermati. E non è certo la notorietà che qui importa. Quel che conta è quanto veleno sappiano inoculare.

Eccoli di seguito, i nostri dieci autori velenosi.

 

Luca Barbieri, spezzino, viene dal mondo della sceneggiatura di fumetti. Per noi del Foglio ha già pubblicato il violentissimo Five fingers- cinque dita, dedicato all’epopea di un westinteso come scenario mitologico della frontiera. E che sappia tenere alta la tensione lo potreste capire anche solo divorando L’antico credo degli insepolti, piccolo capolavoro del terrore epico. Qui lo troviamo alle prese con un orrore fantastico di stampo prettamente americano, un ‘Ai confini della realtà’in nero che ha in Bradbury (appunto) il suo padre nobile.

 

Marco Crescimbeni è bresciano di nascita ma è diventato psicologo a Trieste. Anni fa, ancora giovanissimo, ci spedì dei racconti. Io gli risposi che aveva stoffa ma doveva migliorare molto. Lui stranamente non se la prese e pensò a migliorare. Oggi pare stia iniziando a togliersi le prime soddisfazioni vincendo o arrivando finalista a vari premi. Per noi ha scritto questo splendido “Perché i topi non tornano”, racconto allucinato, sceneggiato alla grande e graziato da una vena umoristica mai banale.

 

Triestina è anche Elena Vesnaver, di cui tempo fa lessi due bei racconti lunghi, ‘La faccia nera della luna’ e ‘Sixta pixta rixta xista’, editi da Magnetica e caratterizzati da un’ottima capacità di indagare l’animo umano fin nei suoi lati più oscuri. Sopra “Il mio cuore è nero” aleggia una tensione palpabile che sfocia in un erotismo cupo e violento. Quest’autrice possiede uno stile molto personale, inconfondibile: i suoi orrori sono sempre psicologici e per questo, a mio avviso, molto più inquietanti.


Fabio Lastrucci è il tipico gentiluomo napoletano d’altri tempi, ed è facile immaginarselo in tuba e pince-nez aggirarsi in calesse per una Napoli ottocentesca. Dotato di un’ironia leggera e suadente che di solito trasferisce nei racconti (scovate assolutamente il capolavoro La meccanica dell’ambaradan, se ci riuscite), oggi si sta affermando come autore di romanzi fantasy. Fabio per noi si è messo in discussione: “Pozzanghere gelate” è un racconto fatto di istantanee, odori e colori. Una narrazione nerissima che si inerpica sui caldi monti estivi come nelle gelide soffitte della mente.

 

Dalle lande dell’Emilia proviene invece Rossella Anelli, narratrice che con il suo chick litSingle per forza’è riuscita a valicare il muro dell’underground per proporsi a una platea ampia, stabilendo un rapporto di empatia con il pubblico femminile proprio per la sua attenzione sincera, seppure venata di grande ironia, per il mondo complicato delle donne moderne. Ho sempre ritenuto che Rossella fosse ben più che una scrittrice umoristica e pertanto in grado di variare i suoi registri con successo. Per questo le ho proposto di cimentarsi nell’orrore, e lei ci ha ripagato con “Dolci sogni”, un racconto serrato e oscuro dove, abbandonati i territori usuali dell’ironia, si inoltra con estrema efficacia in una storia di violenza domestica da incubo.

 

Di Raffaele Serafini so davvero poco, se non che è friulano e ama nascondersi dietro pseudonimi. Se ne è uscito fuori con il pezzo più fantastico del lotto. Una fantasia tesa ed efferata, eppure chirurgica nel procedere spedita verso i reami dell’orrore partendo da coordinate pesantemente erotiche e sensuali. Anche qui siamo di fronte a un pezzo di bravura per varietà di idee, un lavoro che salta a piè pari le soluzioni più semplicistiche per giocare invece al gatto e topo col lettore.

 

Gordiano Lupi, toscanaccio, editore, narratore e appassionato di b-movies, si muove in territori a lui consueti. Per la nostra collana aveva già pubblicato un bel libro di storie a metà tra l’orrore e la denuncia sociale dove una Cuba appassita e dissanguata è sfondo ideale per le gesta di spietati assassini seriali. Il suo amore per i film italiani di genere stavolta viene fuori per intero nel dipingere un quadro di agonia che non avrebbe sfigurato in La casa delle finestre che ridonoe ci riporta indietro a quegli anni 70 gravidi di fantasia e genialità.

 

Lorenza Ghinelli, giovanissima romagnola, ha da poco pubblicato per Il Foglio un horror sui bambini, tema da sempre adatto alle scorribande della fantasia lanciata a briglia sciolta. Quando le ho proposto di scrivere sulla distanza breve, non sapevo bene cosa attendermi perché non l’avevo mai vista alla prova del racconto. Invece Lorenza ha tirato fuori una perla compatta e brillante che alza decisamente il tiro rispetto al pur buon romanzo. Un lavoro giocato sulle assenze e sui silenzi, sulle ombre in fondo alle scale. Un’autrice che migliora continuamente.

 

Ed eccoci al viterbese Giovanni Buzi. Giallista atipico, l’ho definito nell’introduzione alla Signora dalla maschera d’oro, thriller arcano e sanguinolento da pochissimo uscito nella nostra collana. Forse Giovanni è un po’ la stella di questo pugno di autori, essendo un vincitore del concorso del Giallo Mondadori. E la sua atipicità è dovuta al gusto perverso per un erotismo violento e tragico fino al paradosso (come in Uragano, Delos Books), ma anche alle accelerazioni splatter che talvolta mette in campo con molta ironia. Ed è in grado, quando vuole, di scrollarsi di dosso anche questa pelle, come nel racconto che qui ci presenta e dove dialoghi serrati e spumeggianti dettano legge insieme a un’atmosfera paradossale e irriverente.

 

Chiudo con uno dei miei autori preferiti in assoluto, quel Maurizio Cometto che va prendendo ormai da tutti i critici del settore complimenti a piene mani e che spero non tarderà a ricevere dal grande pubblico il successo che merita. Maurizio, nascosto nella sua tenebrosa Torino, ha da tempo individuato uno stile talmente raffinato, incisivo e personale da incantare. Il racconto qui presente è inserito nell’appassionante saga di Magniverne, l’immaginario paese catalizzatore di molte delle sue avventure più stranianti e fantasiose. Si tratta di una storia sospesa e angosciante, fatta di attese e di nervi scoperti che saprà stupirvi e sconcertarvi.


Di sicuro questi narratori meritano che venga data loro una possibilità per spiccare il volo e sento che prima o poi, uno o tanti che siano, sapranno coglierla. Se sono qui è perché non hanno santi in paradiso, e allora che partano per andarsela a giocare ad armi pari.

In cauda stat venenum. Sempre.


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