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Scrivere un diario per conoscersi: è l’invito della “Green autobiography” di Duccio Demetrio 
Un viaggio poetico sull’importanza della scrittura. Per il docente di Filosofia la penna è un “retrovisore instabile, regolato dal presente in fuga”
01 Agosto 2015
 

Possibile leggere la prosa come fosse poesia? Sembrerebbe di sì sfogliando una delle pagine di Green autobiography. La natura è un racconto interiore (Booksalad) di Duccio Demetrio, docente e direttore scientifico della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, già professore ordinario di Filosofia dell’educazione e della narrazione all’Università degli studi di Milano Bicocca, oltre che autore di oltre 40 opere dedicate alla condizione adulta, alla scrittura terapeutica di sé, alla formazione nel corso della vita. Da giugno in libreria 352 pagine che sgorgano versi puri, trasparenti, sulla bellezza della scrittura evocatrice di ricordi legati alla natura. Ci si imbatte in liriche agresti di Virgilio, Ovidio e Catullo, passando per Antoine de Saint-Exupéry, Jacques Prévert, Goethe, Yeats, ed è l’animo umano al centro del libro, di conseguenza ogni lettore. «Scrivere di sé è un gesto nobile e doveroso, coraggioso e saggio», dichiara Demetrio che continua: «Scrivere di noi è elevazione della coscienza, non per narcisismo, ma per desiderio di conoscenza, quando si ritiene di aver scovato il riflesso della realtà delle cose e qualche indizio di noi».

Demetrio parla della penna come di un “retrovisore instabile, regolato dal presente in fuga”. E sottolinea: «Green autobiography, aderendo a un progetto più ambizioso, può significare ricostruire a ritroso la nostra intera esistenza, sia essa ancora breve di anni o matura, nei suoi momenti salienti contraddistinti dal rapporto con le cose, viventi o meno, della natura: senza trascurare quegli istanti incantati, indimenticabili e ormai lontani, vissuti dinanzi a una conchiglia, a un cespuglio di more, ai profumi di un viale di tigli, né dimenticando di scrivere delle nostre esperienze alla ricerca delle lezioni che essa ci impartisce nel percorrere una dopo l’altra le stagioni della vita. Poiché così come la natura cambia, anche i nostri rapporti con essa mutano: si fanno più intensi, autunnali e appassionati, si riaccendono offrendoci gioie, consolazioni, nostalgie, malinconie, altri sentimenti e affetti che fanno della natura lo sfondo delle nostre storie, le quinte delle nostre avventure, il palcoscenico dei nostri amori».

«Nella mente» sottolinea Demetrio, «i ricordi affiorano dal buio a ondate lente, successive; portano a galla non detriti, scarti e immondizie, ma scene, incontri e momenti avvolti in crisalidi di grande tenerezza che attendevano di riapparire, anzi spingevano per tornare alla luce della coscienza». Giunge forte il suo invito a scrivere adottando «un allenamento possibilmente quotidiano; è emotivamente piacevole abbandonarsi alla corrente, senza badare ad anni precisi, a compleanni o all’esattezza temporale del ricordo». E conclude: «Tutti noi abbiamo un albero che ci piace, perché è stato il primo: il mio, scopro alla fine, è lei. Mi ha insegnato ad annusare quei fiori bianchi e carnosi, troppo inebrianti nei mesi già afosi di luglio, a salire tra i suoi rami bassi, nel sogno che si innalzasse, a costruire altre piroghe, non più da bambino, da abbandonare alla corrente quando ne ho l’occasione. Credo mi abbia affidato il compito di non dimenticarla, perché la magnolia è pianta sempreverde, il vessillo di un’illusione di stabilità, nonostante il trascorrere delle stagioni della vita che vedo ora, una per una, più chiaramente di prima». Una magnolia è nella vita di tutti.

 

Ornella Petrucci

(da ilVelino/AGV NEWS, 22 luglio 2015)


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