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Maria G. Di Rienzo. Sulla scritta su un tubetto di dentifricio
23 Gennaio 2009
 

La scritta, emblematica, sta su un tubetto di dentifricio: «Totale: meno 99% di formazione batterica». Fissata come sono sulla logica elementare mi chiedo perché la protezione «totale» ammonti al 99 e non al 100%, ma la risposta è semplicissima. Se mai mi becco un'infezione e protesto, i proprietari del marchio mi diranno: «Signora, lo avevamo messo nero su bianco. Noi facciamo scienza, non miracoli. Era una cosa totale, sì, ma del 99%, per cui lei dev'essere purtroppo incappata nell'1% mancante».

Da quando ho sentito emeriti professori spiegare che i fumi degli inceneritori sono «praticamente» innocui, la produzione di energia nucleare è «quasi del tutto» sicura e le donne hanno più orgasmi se il loro partner è ricco (un recente «studio» inglese, questo), ho capito che l'ultimo sciamano scalcagnato, nel villaggio degli Allobrogi, è sempre infinitamente più onesto dei medici alla corte di Cesare.

Fra “Lo ha detto la tv” e “Lo ha detto il dottore” ormai non c'è differenza, l'autorevolezza è spettacolo, lo spettacolo autorevolezza. Lo scopo è desolatamente unico e ripetitivo: fare soldi. Con questa premessa, mi permetto di segnalare l'ultima novità sul bullismo. Si tratta di un'approfondita e serissima indagine italiana, basata su 600 interviste online. Per i non addetti ai lavori: si tratta di andare su un sito web e di rispondere a delle domande colà postate. Come gli addetti ai lavori sanno, internet è un luogo ove occultare la propria identità, usare pseudonimi, spacciarsi per maschi se si è femmine e viceversa, mentire sulla propria età, è molto facile e alcuni lo trovano persino divertente. Perciò qui sorge il primo quesito: che credibilità scientifica ha un sondaggio online, e come si può spacciarlo per uno «studio» da cui ricavare indicazioni scientifiche se mancano del tutto controllo e verifica sui soggetti che vi partecipano? Come dicono i produttori di dentifrici a protezione totale, fra scienza e miracoli c'è un abisso.

Ma visto che il miracolo da ottenere è farsi pagare profumatamente per le consulenze, vediamo intanto cosa hanno scoperto i sedicenti ricercatori. Le cause del bullismo sono, in ordine di importanza: i genitori divorziati o separati, che la magnifica inventrice del sondaggio chiama «famiglie inesistenti»; i videogiochi e internet; la mancanza di regole all'interno delle famiglie, che equivarrebbe ad avere genitori “amici” dei propri figli.

La gentile signora, leggo, è specializzata in attacchi di panico (non in dinamiche relazionali, non in facilitazione sui diritti umani, non in psicologia dell'età evolutiva e meno che mai in sistemi di indagine).

Vorrei farle sapere che scorrendo le sue opinioni di cui sopra ne ho avuto uno abbastanza grave. Perché le sue affermazioni sono indicazioni politiche, non scienza, e sono indicazioni politiche suggerite per accattivarsi la simpatia dell'attuale establishment: e questo è particolarmente chiaro nell'esortazione finale, in cui la «ricercatrice» invoca «corsi di supporto» per i genitori e che le istituzioni si consultino con «professionisti del settore».

Poiché il problema esiste, è serio, e ci si può far quattrini, eccoci qui, «professionisti del settore» senza alcuna esperienza in merito ma pronti a sostenere qualunque tesi retrograda, liberticida o strampalata dietro adeguato compenso. Cosa offrire di meglio ad una società e ad un governo di destra? Non pensate assolutamente a divorziare, neppure se lui vi batte da mattina a sera, o se lei vive già con il suo nuovo compagno: i vostri figli potrebbero diventare dei bulli. E se vi siete ricostruiti una relazione ed una vita dopo una separazione scordatevi di essere a posto: la vostra famiglia è «inesistente». Se poi avete pensato che le «regole» da darsi all'interno di una famiglia vanno condivise, se avete pensato che la pietra miliare dello stare insieme con i vostri figli sia il rispetto reciproco pur nella diversità dei ruoli, se avete tentato di capire perché i ragazzi e le ragazze fanno quel che fanno o desiderano quel che desiderano, be', non siete «autorevoli» e li avete rovinati.

E veniamo al gran finale tecnologico. Le autorità, dice sempre la gentile signora, dovrebbero vigilare sulla commercializzazione dei videogiochi, e su tutto ciò che in maniera libera e senza controllo gira «in rete». Mi pare che quest'ultimo sia un progetto caro al nostro attuale presidente del Consiglio, ma dev'essere una coincidenza.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 23 gennaio 2009)


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