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Vincenzo Donvito. Stati Uniti d'Europa: Ceta e Ue. C'è più di qualcosa che non funziona
Paul Magnette, presidente della Vallonia
Paul Magnette, presidente della Vallonia 
23 Ottobre 2016
 

Firenze – È saltato il vertice Ue-Canada del prossimo 27 ottobre, per cui il trattato Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) al momento rimane in aria. È notorio che l'opposizione della regione belga della Vallonia ne ha impedito la ratifica. Vari i motivi e le interpretazioni, politiche ed economiche: alla Vallonia non tornano i numeri a saldo della liberalizzazione del mercato di alcuni prodotti tra lei e il Canada e -perché no-, visto che la Vallonia è a conduzione socialista e il governo centrale belga non lo è, non è da escludere una ripicca politica o un metodo per alzare il prezzo in merito ad alcune rivendicazioni che abitualmente non vengono prese in considerazione se non si fa parte della medesima parte politica.

A leggere i resoconti semplici del trattato (per chi vuole ci sono da leggere 2344 pagine di un arido testo di interpretazione non semplice), dalla parte dei consumatori, non ci è sembrato un ostacolo alla crescita quantitativa e qualitativa degli scambi commerciali, anzi: un elenco di opportunità nel rispetto degli specifici standard senza, soprattutto, far venire meno alcune conquiste che caratterizzano il mercato europeo rispetto a quello canadese (sanitari essenzialmente). Dalla parte delle imprese, invece, quando si produce e si vuole esportare (e anche prodotti di una certa qualità e notorietà, come è per quelli italiani ed europei in generale) e si hanno mercati col quasi totale abbattimento dei dazi, l'opposizione ci sembra incomprensibile, se non per coloro che -solo per prendere voti facendo riferimento all'irrazionale basso ventre- ragionano coi muri, col finto chilometro zero, con la lotta al diverso per il solo fatto che è oltre il proprio giardino (tutta roba finta, tra l'altro, su cui i sostenitori non fanno altro che far credere di non vedere: dalla cultura al cibo, dai servizi ai prodotti in generale). E qui entriamo nell'eterna diatriba/lotta tra coloro che sono convinti di fare gli interessi della collettività a partire dal proprio potere (che spesso si appaga finendo per esaurirsi con la conquista in sé dello stesso), e quelli che mettono la propria esperienza e disponibilità per la collettività in sé: elementi che si confondo anche in questi contesti, da un parte e dall'altra, nonostante le frequenti e roboanti dichiarazioni e prese di posizione per il bene comune. Entriamo anche nella psicologia della comunicazione di massa? Lo lasciamo ad altri momenti. Qui ci “fermiamo” ad alcune considerazioni sul libero mercato e sulle istituzioni che dovrebbero favorirlo… con un paletto (altrimenti si sa dove si comincia, ma non si finisce mai): la democrazia.

Domanda: è democratico un sistema che per approvare una qualche norma ha bisogno del consenso totale di tutti gli attori, proprio come nel nostro caso del Ceta? La risposta è ovvia. Come è ovvia quando, per esempio, per l'ingresso di un nuovo membro nell'Ue (c'è la lista d'attesa abbastanza lunga da quando non c'è più il “muro” di Berlino e di Srebrenica), vengono fatte le pulci alla democrazia dei pretendenti… per farlo entrare in un sistema che è la negazione della democrazia.

Siamo per questo spietati perché non vogliamo considerare -nella fattispecie- le ragioni della Vallonia (quindi di una minoranza),* oppure giochiamo all'ingrosso come fa qualunque Parlamento o consiglio democratico per approvare o meno una disposizione?

C'è qualcosa che non funziona nella nostra Unione. E questo è solo l'aspetto del giorno. Se pensiamo alle politiche di accoglienza dei migranti, inoltre, ci vengono anche i brividi… ma non facciamo il minestrone di cui sopra…

C'è qualcuno che ha voglia di metterci mano o dobbiamo assistere alle Brexit di turno come se nulla fosse?

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

 

 

* Che poi, tra gli attuali oppositori al Ceta, ci sarebbero anche Romania e Bulgaria ma che, piuttosto che per i loro formaggi e i loro beni da importate ed esportare, sembra che facciano bizze per come vengono oggi trattati i loro cittadini per i visti col Canada: i minestroni non sono il forte dell'economia e della politica internazionale… ma questa è una nostra valutazione di realismo politico.


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