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Attualità del Partigiano 
Si è tenuta la Conferenza Organizzativa Provinciale ANPI/Sondrio
10 Giugno 2014
 

Sì è tenuta sabato 7 giugno a Sondrio la Conferenza organizzativa provinciale dell'ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Ci fa piacere riportare per documentazione la Relazione introduttiva del Presidente, Sergio Caivano, con la foto che ritrae una parte degli intervenuti, cortesemente fattaci pervenire dall'associazione.

 

 

La relazione introduttiva

di Sergio Caivano

 

70 anni fa, in una Roma appena liberata, i partigiani salirono al Campidoglio dopo aver combattuto una guerra, quella di Liberazione, perché non ci fossero più guerre e per riscattare la vergogna del fascismo. Messe via le armi, decisero di restare uniti per ritrovare, assieme, gli ideali per i quali si erano spesi. Nell’occasione fondarono l’associazione, poi eretta ad ente morale. Oggi, una nostra delegazione partecipa a Roma ai festeggiamenti per la ricorrenza.

Tutti sanno, ma è bene ribadirlo, che l’Anpi non è un partito. È una gloriosa associazione sorta per l’appunto a Roma nel 1944, quando ancora imperversava il conflitto... All’origine composta da soli partigiani reduci della guerra di Liberazione, di fronte all’inevitabile trascorrere del tempo che ci ha via via privato dell’apporto di tanti, avrebbe forse potuto concludere la propria storia. Non l’ha fatto, in considerazione dell’ondata di revisionismo degli ultimi vent’anni trasformatasi di fatto nel capovolgimento della storia. Anzi ha rilanciato, offrendo agli antifascisti una casa democratica per una corretta trasmissione della memoria storica, senza la quale un popolo perde identità, capacità di comprendere il presente e di progettare il futuro. Ha rivalutato i valori della Costituzione, nata dalla Resistenza, da qualche sciagurato definita sovietica, per coinvolgere nell’accusa di comunismo anche la nostra associazione. LAnpi non è di sinistra, di centro, o di destra. È solo antifascista perché riconosce nei vari fascismi i disvalori dell’intolleranza, della violenza, della prepotenza, della dittatura, delle guerre d’aggressione che hanno prodotto nel secondo conflitto mondiale 60 milioni di morti, l’Olocausto, le deportazioni, la distruzione delle città. Essere antifascisti significa solo essere democratici, nella più vasta accezione del termine. Ed essere democratici nel solco tracciato dai nostri padri costituenti, che hanno tradotto i valori di libertà, di diritto e dignità del lavoro, di pluralismo, di giustizia sociale, di eguaglianza di tutti rispetto alla legge, di pace nella legge fondamentale dello stato, più volte contraddetta negli ultimi anni da una sorta di costituzione materiale che è andata col tempo a sovrapporsi a quella effettiva. L’Anpi non è un partito, ripeto. Ma fa politica, non con la presentazione di proprie liste alle elezioni, ma con una propria autonoma valutazione dei fatti. L’identità dell’Anpi deriva dalla gelosa custodia della vicenda storica attraverso la quale l’Italia è riuscita a passare dal totalitarismo alla democrazia. Essa è in campo come coscienza critica del Paese per ridare ai cittadini fiducia e speranza, per la difesa e la piena attuazione della Costituzione, per il diritto ad un lavoro dignitoso, per la salvaguardia dell’unità d’Italia, per una scuola non più fabbrica di precariato. L’autonomia da ogni partito o associazione è condizione irrinunciabile per rimanere culturalmente e politicamente pluralista, anche se si deve constatare, in Italia e in Europa, la presenza di una destra razzista, xenofoba, nazionalista, antieuropea, anche fascista.

L’Anpi ripudia la violenza in qualsiasi forma si esprima, anche verbale (le parole sono pietre) forte dell’esperienza acquisita, nell’assoluta convinzione che i problemi, a tutti i livelli, possano risolversi col confronto, col dialogo, con la mediazione. In ultima analisi con la politica, quella con la P. maiuscola, che è mancata nel nostro Paese da almeno vent’anni. L’identità appena ricordata comporta una serie di conseguenze che devono sempre guidare l’azione dell’associazione in ogni momento e luogo. Le ricordiamo sempre, in ogni occasione:

Abbiamo il dovere di una corretta trasmissione della memoria storica del secolo scorso , inficiata da troppi luoghi comuni e, da troppi anni, da una campagna di delegittimazione della Resistenza, definita ininfluente ai fini della risoluzione del conflitto; da una descrizione del fascismo come “dittatura buona”; dal riscontro dell’esistenza della buona fede nei cosiddetti ragazzi di Salò; dalla necessità di superare, dopo 70 anni, il fascismo e l’antifascismo. Noi contestiamo in toto queste affermazioni non vere come abbiamo fatto nel corso di questi anni, anche in provincia, con articoli e pubblicazioni dei quali ribadiamo in sintesi il contenuto:

La Resistenza non fu affatto ininfluente durante il conflitto. Certo, non poteva risolverlo. Ma attraverso i sabotaggi alle ferrovie, ai ponti, ai telefoni; e con la guerriglia contro i nazifascisti fornì un contributo importante alla vittoria finale, come dimostrato dai rapporti della Wermacht e delle stesse forze fasciste, nonché degli Alleati.

Alcuni fascisti erano in buona fede. Non lo neghiamo. Comprendiamo i giovani condizionati da un’ideologia totalitaria. Ha scritto C. Pavone: alcuni erano violenti, molti delinquenti, altri attendisti, qualcuno credeva nella vittoria. Montanelli dice: il 25% dei fascisti era in buona fede. Ma nessuno può dimenticare cosa fecero. Quelli della RSI sono corresponsabili dello sterminio degli ebrei, delle stragi di civili, delle deportazioni di militari e renitenti, delle torture inflitte nelle “Ville Tristi”, delle impiccagioni dei partigiani catturati.

Il fascismo fu sempre, fin dall’origine, un movimento violento, intollerante, totalitario ed aggressivo; già prima dell’avvento al potere autore di distruzioni di giornali e tipografie, case del popolo, camere del lavoro, cooperative, leghe contadine, sezioni di partiti, circoli culturali, sindacati operai; dell’uccisione di 3.000 antifascisti; degli assassinii di Matteotti, dei deputati Di Vagno e Piccinini, di Amendola, Gobetti, Don Minzoni. E poi di Gramsci, dei fratelli Rosselli. Del carcere, del confino, della fucilazione di antifascisti. La dittatura fascista non fu affatto” buona”. Lo attestano quanto detto e la fascistizzazione obbligatoria di ogni attività, l’eliminazione di partiti, sindacati, cooperative, giornali, la censura, le tantissime condanne inflitte.

Infine, si parla di pacificazione. Ma la pacificazione, persino eccessiva, fu firmata dal Ministro di Grazia e Giustizia nel giugno '46, tanto che ancora indignano le sentenze emanate dalla Corte di Cassazione, cresciuta col fascismo, nell’immediato dopoguerra, con le quali si passò sopra a delitti fascisti abominevoli. Ma i fascisti non vogliono la pacificazione già conseguita. Vogliono la “parificazione”. Come se fosse possibile, moralmente, giuridicamente e storicamente mettere sullo stesso piano chi ha combattuto per la svastica e i campi di sterminio con coloro che, viceversa, senza alcuna cartolina precetto ma solo per una scelta etica si sono battuti per la libertà e per la democrazia di questo Paese. Appaiono pertanto estremamente pericolosi i rigurgiti di neofascismo che, sotto diverse spoglie, si sono manifestati negli ultimi tempi con rinnovata energia, dal monumento eretto ad Affile al criminale di guerra Graziani, con successivo cambio di destinazione per l’intervento dell’Anpi, alle adunate di gruppi eversivi in Lombardia di cui una nel chiavennasco, organizzata da Lealtà e Azione. L’Anpi provinciale ha preso l’iniziativa per segnalare alle autorità locali preposte alla vigilanza la pericolosità dell’evento, che di fatto vanifica il dettato costituzionale, che vieta la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e le leggi che prevedono il reato di apologia del fascismo. La lettera è stata siglata da: ANPI, ACLI, ARCI, CGIL, CISL, Centro Rigoberta Menchù, PD, SEL, Rifondazione Comunista.


LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE E DEI SUOI VALORI

La Costituzione, nata dalla Resistenza, è stata al centro degli attacchi fin dalla sua promulgazione. Negli ultimi anni lo si è fatto per ragioni puramente politiche, indicandola come ostacolo al raggiungimento degli obiettivi economici da parte di Governi, come quelli presieduti da Berlusconi, rivelatisi incapaci di comprendere la crisi che si sarebbe abbattuta sul nostro paese, e per mettere il ceto politico al riparo della legge, con conseguente attacco alla magistratura appena ricerca i colpevoli della corruzione in atto. Ma c’è anche un altro motivo, costituito dallo scontro, a livello mondiale, inerente alla distribuzione del potere tra finanza, economia e tecnologia da una parte, e politica (intendo la buona politica) dall’altra. E’ lo scontro tra poteri forti e diritti dei cittadini.

Tutti abbiamo il diritto/dovere di difendere i principi fondamentali della Costituzione, che è il testamento scritto da centomila morti lasciatoci in eredità da quanti hanno sofferto, a qualsiasi titolo, le prolungate angherie fasciste e naziste. Si tratta di un dovere morale. Difendendolo, noi difendiamo i diritti sanciti dalla Carta Costituzionale: lavoro, giustizia sociale, eguaglianza di fronte alla legge, pace.

La coscienza critica del paese, quale l’Anpi vuole essere, si esercita mediante una sistematica opera di denuncia della corruzione dilagante a tutti i livelli, dell’illegalità esistente, delle evasioni e frodi fiscali, dello scarso senso civico che corrode la nostra società, delle organizzazioni malavitose che governano interi territori, della loro collusione con certa politica. Tutti fenomeni che segnano, inevitabilmente, il declino del Paese. Occorre reagire a questo andazzo, non lasciarci vincere dalla rassegnazione, lottare contro ogni sopraffazione, spingere i cittadini non all’omertà ma alla denuncia. Si tratta di una crisi dell’etica, più grave ancora di quella economica. Possiamo, e dobbiamo batterci per vincere sia l’una sia l’altra.

 

LE ELEZIONI EUROPEE. IL GOVERNO. LE RIFORME. L’EUROPA CHE VOGLIAMO

Le elezioni europee ci consegnano un Partito democratico vincente, primo tra tutti i partiti, ma non in grado di compensare il tracollo dei socialisti francesi. I popolari guadagnano qualche seggio e, probabilmente, si accorderanno coi socialisti per definire una linea comune. Il risultato rende più forte il Governo italiano, premiato per la speranza che è stato in grado di suscitare. Ne abbiamo bisogno. L’Italia deve cambiare. Deve riscoprire l’etica della moralità, della legalità e della correttezza. Il bene comune si persegue con la trasparenza, che riguarda tutti: partiti, sindacati, associazioni, movimenti. Sul piano economico qualcosa il Governo ha fatto e lo riconosciamo apertamente. Ci attendiamo la realizzazione delle riforme strutturali annunciate... Per quanto concerne le riforme costituzionali, dobbiamo rilevare come il superamento del bicameralismo perfetto, che condividiamo, si debba realizzare attraverso un processo riformatore più preciso e coordinato, attraverso un confronto civile in Parlamento nel quale, come ha sottolineato il Capo dello Stato il 2 giugno occorre una ricerca di intese che è dovuta per ogni modifica costituzionale. Altrettanto andrà fatto per la modifica del titolo 5° della Costituzione. A sua volta la riforma elettorale presentata assicura governabilità, ma non la rappresentatività delle forze politiche e nemmeno la scelta degli elettori dei candidati da eleggere. Anche in questo caso, il Parlamento dovrà porre rimedio a questi limiti. Pure l’Europa deve cambiare, rifacendosi al Manifesto di Ventotene, al sogno di un’Europa federale e solidale. Paradossalmente, il successo di movimenti razzisti e xenofobi, se non addirittura fascisti, può favorire il passaggio da una politica di rigore e di austerità che finora non ha pagato, ad una politica espansionistica d’investimenti pubblici e privati capace di creare occupazione e crescita. Quella che noi vogliamo è un’Europa unita, solidale, antifascista.


LE ATTUALI BATTAGLIE

Da anni l’Anpi si batte per conoscere esattamente il numero delle vittime civili oggetto delle stragi nazifasciste compiute in Italia nel ’44-’45. La Magistratura italiana, pur tra tante difficoltà, è riuscita a celebrare alcuni processi, condannando all’ergastolo i militari tedeschi responsabili. Tuttavia, la Germania ne ha negata l’estradizione. Ma TV e giornali li ricercano e pongono loro domande alle quali non sanno, o non vogliono rispondere. Dopo un po’, visibilmente turbati, si alzano e si ritirano. Sarà questa, la loro punizione. La magistratura di Stoccarda invece ha archiviato la posizione dei superstiti responsabili della strage di S. Anna di Stazzema perché, ha scritto, non è più possibile individuare i veri colpevoli. Il Governo tedesco, forse per rimediare all’ingiusta sentenza, sta finanziando il lavoro necessario per addivenire alla verità complessiva, solo adombrata dall’Armadio della vergogna che fissava in 400 comuni i luoghi degli eccidi e in 10.000 le vittime accertate. Il lavoro, guidato dall’Anpi, consentirà di avere un quadro complessivo vero e si concluderà con la pubblicazione dell’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia.

Il Terzo Reich aveva organizzato una serie numerosa di lager, molti per eliminare ebrei, sinti, rom, testimoni di Geova, perseguitati politici, anche prigionieri. Gli scampati al massacro, centinaia di storici, militari americani e sovietici, tante testimonianze l’hanno ricordato. Mai, credo, la storia abbia avuto a supporto prove talmente evidenti ed inconfutabili. Paradossalmente, per i negazionisti, non sono provate le camere a gas, gli internati sono di meno, lo sterminio degli ebrei non esiste. Si dicono storici, ma non lo sono. Sono solo nazisti. Il negazionismo è considerato reato in Austria, Germania, Belgio, Israele, Spagna e Portogallo; pene di reclusione sono presenti in Nuova Zelanda, Svezia, Australia Polonia, Romania, Lituania, Slovacchia, Repubblica ceca. In Italia no. L’Anpi insiste per una giusta punizione. Ringrazio il sen. Mauro Del Barba che gentilmente mi ha fornito il testo redatto da un deputato del PD che riteneva preferibile non considerare il negazionismo un reato, essendo un’opinione, e per non dar peso a chi lo sostiene. Noi non siamo d’accordo. Cosa penseranno della Shoah giovani non informati?

 

Ritengo doveroso, a questo punto, presentare un quadro d’insieme della situazione della nostra associazione che tenga conto di alcune osservazioni fornite da E. Melè e V. Spinelli della segreteria provinciale per meglio comprenderne iniziative e limiti nello svolgimento delle nostre attività. L’Anpi agisce a mezzo degli organismi dirigenti previsti dallo Statuto, e cioè il presidente onorario (il partigiano Giuseppe Rinaldi), il presidente, quattro vicepresidenti di cui uno, Nella Credaro Porta, vice presidente vicario e due partigiani (Pasquale Amati di Chiavenna e Fulvio De Lorenzi di Bormio); un responsabile amministrativo ed un responsabile del tesseramento, nominati dal Comitato Direttivo composto da 31 membri scelto dal Congresso del 2011; successivamente, sempre il Comitato Direttivo ha approvato la scelta di una segreteria collegiale che affianca gli altri organismi nello svolgimento dell’attività con riunioni che si tengono con cadenza mensile. A partire dall’ultimo Congresso Nazionale sono state costituite sei sezioni, prima inesistenti (Sondrio, Bormio, Grosio, Tirano, Morbegno e Chiavenna). Occorre tuttavia precisare che 5 di esse si basano su strutture di fatto già esistenti, facenti capo agli ex-partigiani del luogo. Una sola è stata costituita ex-novo. Il Comitato Direttivo si pronuncia sulla situazione politica, economica e sociale del Paese, sulle iniziative del Comitato nazionale, sulle problematiche locali. Si riunisce dalle 3 alle 5 volte l’anno. Le sezioni si riuniscono, alla presenza di un membro del Direttivo Provinciale, almeno una volta l’anno. Esaminano la situazione politica, nominano i responsabili, contribuiscono all’organizzazione delle cerimonie commemorative locali, comunicano e diffondono la notizia al centro. Descritto il quadro di riferimento, esaminiamo le attività comunemente svolte:

Partecipazione di delegazioni provinciali alle commemorazioni delle battaglie di Grosio, di Buglio in Monte, del Mortirolo, di Mello, unitamente alle istituzioni locali e provinciali. Quest’anno, in occasione della ricorrenza della battaglia di Boirolo del 24 novembre ’44, non più ricordata da diversi anni, ho sollecitato il Sindaco di Tresivio al fine di ripristinarla; prendiamo parte, secondo le modalità già descritte, al ricordo dei 5 partigiani di Vervio barbaramente torturati ed assassinati dai fascisti, come agli incontri di Menaruolo di Grosio, Valle di Rezzalo, Piuder, Fusino, tutte località legate ad episodi della guerra di Liberazione. Queste manifestazioni vengono da una tradizione consolidata e sono sempre seguite con interesse e partecipazione da parte dei cittadini. Il rapporto con le scuole, dalle elementari alle medie e in particolare alla superiori è attentamente seguito. Finora vi hanno preso parte partigiani che hanno attinto ai loro ricordi per spiegare cosa è stata la Resistenza in Valtellina, assieme a dirigenti provinciali dell’Anpi e, in taluni casi, dell’ISSREC. Da ricordare il tema sulla Resistenza svolto da ragazzi come scelta volontaria, con conseguente premiazione dei lavori migliori; la due giorni all’Istituto “Balilla Pinchetti” di Tirano dove abbiamo parlato dell’Olocausto a 700 ragazzi, che hanno anche potuto vedere il film Hotel Meina; particolarmente importante è stato il corso tenuto, per circa due mesi e con cadenza settimanale, da nove docenti dell’Anpi, dell’ISSREC, dei Sindacati CGIL e CISL e dal Movimento federalista europeo alle ultime classi dell'Istituto d'Istruzione Superiore “Piazzi-Lena Perpenti” e dell’Istituto “Besta” di Sondrio. Tale corso è stato seguito assiduamente ed ha suscitato vivo interesse, come dimostrato dalle attestazioni di gradimento rilasciateci e dalla richiesta di una sua ripetizione per quest’anno. Aggiungo che le tracce degli argomenti svolti, opportunamente rivisti ed integrati, hanno consentito la pubblicazione del libro Valtellina e Valchiavenna dal fascismo alla democrazia, tutt’ora in vendita nelle librerie e presentato alle biblioteche di Sondrio, Morbegno, Tirano, Chiavenna, Chiesa in Valmalenco con buona presenza di pubblico ed un gradimento sottolineato anche da diversi articoli apparsi sulla stampa locale. Il riferimento all’ultima pubblicazione consente di sottolineare uno dei nostri maggiori impegni, costituito dalla riedizioni di due libri importanti per la nostra storia e da altre pubblicazioni che è bene ricordare:

La riedizione del libro La Resistenza più lunga di Marco Fini e di Franco Giannantoni, certamente il testo più completo sulla guerra di Liberazione in Valtellina, fondamentale per la concessione alla provincia della medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza da parte della Presidenza della Repubblica, avvenuta il 16.3.87, presentato alla Sala Besta della BancaPopolare. La terza edizione del libro Immagini della Resistenza, ampliata e curata da Fulvio De Lorenzi e da chi vi parla, presentato al Palazzo dei Congressi delle Terme di Bormio nel 2011. Due testi a carattere divulgativo, Resistenza e liberazione nelle nostre valli e S. Anna di Stazzema. L’eccidio, scritti ancora da chi vi parla e presentati in diversi centri della Valtellina.

Infine, segnaliamo che è in corso di pubblicazione il libro Cent’anni, e sembra ieri, redatto dal saggista, giornalista e scrittore Aurelio Penna, nostro valido collaboratore.

L’Anpi provinciale, pur con le difficoltà d’ordine finanziario che incontra, riesce ancora a pubblicare un periodico, giunto ormai all’ottavo anno, intitolato Resistenza e Democrazia, diretto da Ivan Fassin, del quale si stampano oltre 1.000 copie e che raggiunge tutti gli iscritti e simpatizzanti, con una cadenza prima semestrale, poi quadrimestrale ed oggi ancora semestrale.

Manteniamo un buon rapporto con le Istituzioni locali, anche con quelle che rivelano idee diverse dalle nostre, mentre intratteniamo positivi rapporti con alcuni partiti, sindacati e movimenti, coi quali abbiamo organizzato alcune iniziative comuni, conseguendo apprezzabili risultati. Ultimamente abbiamo promosso la presentazione di nuovi libri d’interesse storico con la partecipazione del pubblico, che ha dimostrato interesse. Ricordiamo il libro di Antonio Pizzinato, Viaggio attorno al centro del lavoro lanciato assieme alla CGIL; quello di Piero Basso, con l’ISSREC, dedicato al padre LELIO BASSO; quello di Roberto Finzi, Prof. all’Università di Bologna intitolato Marzo 1943 e, infine, di Giancarlo Maculotti: La cellula sovversiva di S.Moritz. I prossimi mesi ci vedranno impegnati nella partecipazione a tutte le manifestazioni commemorative di rito, e nella presentazione di nuovi libri: quello già annunciato del nostro valido collaboratore Aurelio Penna, ed altri ancora che stiamo attentamente esaminando e valutando. Dietro impulso della partigiana Rachele Brenna abbiamo organizzato una visita culturale a Carpi, Fossoli e Gattattico. Paolo Sironi, Gigi Zenoni, Giovanni Spini e Fausta Messa dell’ISSREC hanno accompagnato gli studenti in diversi viaggi ad Auschwitz. Inoltre, Egidio Melè e Vittorio Spinelli hanno guidato gruppi di studenti con i loro insegnanti al Pirellone per un Convegno sull’Europa ed una delegazione dell’Anpi provinciale e di sindacalisti al Sacrario della Resistenza Europea a Como. Particolare cura sarà dedicata all’organizzazione del 70° anniversario della Liberazione che si terrà a Bormio. Saranno presenti tutte le istituzioni, ha assicurato la propria partecipazione il Sindaco di Sondrio. Proponiamo altre iniziative quali: una mostra fotografica; la visione di un documentario con interviste a partigiani dell’Alta valle già presentato a Bormio con grande partecipazione di pubblico; la visione di un film; l’organizzazione di una gara podistica lungo i sentieri della Resistenza; il “pullman della memoria” che, partendo da Chiavenna, dovrebbe raccogliere tutti i partecipanti lungo il percorso.

Ci sono tuttavia alcune criticità che non possiamo non segnalare, anche perché in grado di condizionare il futuro dell’associazione. Innanzitutto il grande divario esistente tra l’adesione attraverso l’iscrizione e la militanza. Il ristretto numero di persone attive non è oggi in grado di raggiungere tutti gli iscritti, tradizionalmente abituati al rinnovo della tessera mediante il “porta a porta” eseguito dai vecchi partigiani, oggi non più nella condizione di adempiere a tali funzioni. Ne è derivata, dopo un certo incremento successivo alla modifica dello Statuto apportata nel corso del Congresso di Chianciano del 2006, una contrazione degli iscritti nel corso degli ultimi due anni. Le difficoltà del territorio, pari ad 1/5 dell’intera Regione, una provincia poco abitata, rendono lontane le sezioni dal centro e, all’interno delle sezioni, le località di residenza di molti iscritti, dei quali pochi si avvalgono del bollettino allegato al nostro periodico per eseguire il versamenti della quota annua d’iscrizione. Si tenga presente che la tessera, oggi fissata in 20 euro, rappresenta la nostra unica fonte di finanziamento sicuro. Raggiungiamo ancora pochi iscritti con la posta elettronica con la quale trasmettiamo informazioni locali e le ANPI-NEWS, risultate particolarmente gradite ai nostri soci. Altro aspetto critico è rappresentato dalla scarsa presenza di giovani, certamente preoccupati per la carenza di lavoro ma anche fuorviati da una società individualista e da una scuola che nonostante l’impegno di alcuni insegnanti, informa poco sulla nostra storia recente e sul profondo significato della Resistenza e della Carta Costituzionale. Occorre infine incrementare gli abbonamenti a Patria. Ogni sezione deve averne almeno una copia. Parimenti si deve poter aumentare le devoluzioni del 5x1000 all’Anpi nazionale.

Vi è dunque un duplice problema, quello del tesseramento e quello più specifico dei giovani, che senza drammatizzazioni ingiustificate ma anche senza sottovalutazioni, va affrontato e superato con un rinnovato impegno di tutti: dirigenti, militanti, associati. Occorre incrementare le iscrizioni, non solo per l’esigenza del necessario finanziamento, ma anche per accrescere il peso politico dell’associazione necessario ad adempiere ai nostri compiti. Se il tesseramento “porta a porta” diventa meno praticabile, allora bisogna creare nuove e più significative occasioni d’incontro con gli associati. Le sezioni in primis sono chiamate a questo compito, supportate dal livello provinciale. Strumenti utili a tal fine possono essere più assemblee di sezione, commemorazioni locali, convegni su temi specifici, presentazioni di documentari con interviste a partigiani locali. Partigiani, antifascisti, quanti si riconoscono nella Resistenza e nella Costituzione, debbono sentirsi in prima persona portatori di una storia gloriosa che non può rischiare di andare dispersa. L’impegno per tutti noi non è semplice, ma non possiamo permetterci che vada disperso il patrimonio ideale della guerra di Liberazione. Dipende solo da noi, dalla nostra consapevolezza che libertà e democrazia non sono mai conquistate una volta per tutte, ma viceversa vanno coltivate e difese sempre. Occorre uno sforzo collettivo per incrementare le attuali adesioni. Se le iscrizioni non cresceranno entro un anno dovremmo trarne le dovute conseguenze.

Voglio concludere questa relazione ricordando, con molto rimpianto, tra i tanti scomparsi, Cesare Marelli, il popolare comandante “Tom” della Brigata Stelvio che era solito chiudere i suoi discorsi riportando una frase di Sandro Pertini, questa: Noi anziani ormai stiamo per chiudere la nostra giornata; stiamo per avviarci verso la notte che non conoscerà più albe: ebbene io vorrei avviarmi con animo sereno verso questa notte e mi potrò avviare con animo sereno se saprò che i nostri giovani accoglieranno il patrimonio politico e morale della resistenza, dell’antifascismo, se non permetteranno che sia disperso e lo custodiranno per tramandarlo alle altre generazioni.


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