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Suliman Busedra. La Comunità libica in Italia
La sede della Comunità libica a Modena
La sede della Comunità libica a Modena 
04 Dicembre 2016
 

Le relazioni bilaterali tra la Libia e l’Italia risalgono ai tempi del colonialismo italiano in Libia dal 1911 al 1947. Dopo l’indipendenza e la caduta del Regno Unito di Libia e della Monarchia del Re Idris Al Senussi, nel 1951, la Libia entra in una nuova fase storica contrassegnata dalla scoperta del petrolio e quindi dall’ingresso di numerose compagnie petrolifere straniere composte da americani, francesi, inglesi, ma non da italiani. Nel 1959 l’Agip riesce a tornare in Libia grazie ai contratti di collaborazione sottoscritti dai due Paesi per lo sfruttamento petrolifero. Segue l’arrivo dell’Eni. Ben presto la Libia diventa il secondo produttore di petrolio del continente africano e il dodicesimo al livello internazionale. Progressivamente l’Italia acquista una buona posizione economica in Libia ed incrementa gli scambi economici e culturali tra i due Paesi.

L’intensificazione delle relazioni culturali, a partire dal 1969, permette agli studenti libici di avere accesso all’istruzione con borse di studio all’estero concesse dal governo. Dagli anni Settanta del secolo passato, l’Italia diventa uno dei Paesi europei che più permette al governo libico di mandare studenti libici a continuare gli studi nelle università italiane, seguendo diverse discipline di specializzazione e perfezionandosi ai gradi superiori di formazione. Nel 1984 si firma un accordo culturale tra i due Paesi che perfeziona gli scambi culturali e garantisce il riconoscimento dei titoli di studio rilasciati dalle scuole libiche.

La crescita è presente anche nel settore economico con gli investimenti delle aziende petrolifere libiche come Tamoil, Agip, Eni italo-libico, Banca Ubae. Sono molto attivi i settori dell’imprenditoria privata radicati in varie città italiane.

Un certo numero di cittadini libici ha scelto di vivere all’estero per motivi politici. Si rilevano tipologie multiple di libici presenti in Italia. Ci sono libici integrati e associati, qualcuno ha contratto matrimonio misto ed è tornato in Libia. Diverse famiglie sono rimaste in Italia permettendo ai propri figli di crescere nel territorio italiano e di seguire le scuole italiane. Con il passare degli anni, diversi giovani hanno ricevuto la cittadinanza italiana. Non dimentichiamo che qualcuno è arrivato in Italia per motivi di salute e ha chiesto cure mediche adeguate.

La crescita del numero dei libici in Italia fa nascere l’idea di creare un gruppo unito, una vera e propria Comunità, con lo scopo di provare a raccogliere le esigenze di ciascuno, di dare voce ai vari problemi e di aiutare a portare le questioni davanti alle autorità competenti. Questo processo di creazione della Comunità è stato piuttosto complesso in materia di trattamento politico, a causa della sfiducia esistente tra il cittadino libico all’estero e il suo governo in patria. Per anni la Comunità non è riuscita ad assolvere completamente ai propri compiti e a decollare adeguatamente.

Sull’onda della cosiddetta primavera araba e con la rivoluzione libica del 17 febbraio 2011 si è diffuso il desiderio del rinnovamento politico contro il vecchio regime. I giovani libici hanno aderito in gran numero a questo invito, sia in Libia che all’estero. Quarantadue anni di dittatura non rendevano facile realizzare la coscienza del cambiamento necessaria per arrivare a quella democrazia che avrebbe portato la Libia ad avere un futuro migliore. Il 17 dicembre 2011 a Modena nasce la Comunità libica in Italia (ONLUS) allo scopo di riunire i libici presenti in Italia, per varie ragioni, senza escludere nessuno. La Comunità si organizza per fasce di appartenenza per poter lavorare insieme e per far rinascere i sentimenti di fratellanza e di collaborazione; nonché per assistere la popolazione in patria con azioni di solidarietà. Partecipano alla nuova Comunità i soci fondatori che si associamo dotandosi di uno Statuto composto da vari articoli tra i quali ricordiamo quelli relativi alle modalità di iscrizione, di riunione, di collaborazione. Possono iscriversi i cittadini libici residenti in Italia, ovvero i cittadini italiani di origine libica; si prevede una riunione l’anno dell’assemblea degli associati; si predispone l’attività culturale e la collaborazione tra libici e italiani nei settori umanitario e sanitario con la partecipazione a convegni, seminari, viaggi di aggiornamento e studio, con la fornitura di libri e materiale artistico.

La Comunità libica in Italia, dopo la rivolta libica del 17 febbraio 2011, ha cercato di formare gruppi nelle varie città italiane per collaborare insieme e per dare il massimo aiuto alla popolazione libica. Grazie anche agli amici italiani, sono stati forniti aiuti alimentari e medicinali. In diverse occasioni, la Comunità ha partecipato ai programmi televisivi per far conoscere la situazione in Libia e per far sostenere le ragioni della rivolta libica. Dopo la rivolta libica, secondo gli accordi tra il nuovo governo libico e il governo italiano, è stato previsto che in Italia potessero arrivare i feriti libici di guerra per ricevere cure mediche nei vari centri sanitari italiani. In questo campo, il ruolo della Comunità e dell’Ambasciata libica a Roma è fondamentale in quanto garantisce l’assistenza dei malati. Molti giovani libici sono scapati dalla Libia dopo il caos e la crisi economica e politica.

La situazione attuale della Libia è talmente grave che molti scelgono la via dell’emigrazione verso l’Europa rischiando la morte pur di avere una vita migliore. Talvolta partono senza nessun documento e nessuna identità, qualcuno si ferma in Italia, ed altri scelgono altre strade. L’Ambasciata e il Consolato libico in Italia cercano di dare una mano a questi giovani per identificali e orientarli nel modo migliore. La Comunità libica in Italia ha finora continuato la sua azione di vicinanza e supporto ai libici residenti in Italia e anche ai libici in patria, collaborando sempre con il governo libico, con l’Ambasciata, con il Consolato libico e con tutti gli amici italiani. Negli ultimi anni la Libia è diventato il paese di passaggio per molti migranti soprattutto provenienti dall’Africa e da altri paesi asiatici e arabi. Durante il regime di Gheddafi la situazione era molto controllata e conosciuta da parte del governo e dell’esercito libico. Invece, dopo la rivolta del 2011 il numero delle organizzazioni dei trafficanti di migranti è aumentato. È stata sfruttata la crisi e la situazione critica della Libia non ha agevolato i viaggi regolari. Tantissima povera gente attraversa il deserto fino ad arrivare nei luoghi di accoglienza. Donne, bambini, giovani intraprendono il viaggio di fortuna al costo minimo di mille dollari per ogni passeggero. I racconti dei sopravvissuti dicono che questo è l’unico modo per realizzare il sogno di arrivare in Europa, per avere una vita migliore e diversa. Per chi parte, anche in condizioni di disagio, l’Europa è il paradiso. All’imbarco viene distribuita solo acqua e chi paga di più può avere anche il salvagente.

Totalmente nuovo è il fenomeno dei giovani libici che migrano verso l’altra sponda del Mediterraneo. Si tratta di persone che dopo la rivolta del popolo contro il regime di Gheddafi si sono ritrovate sconvolte, catapultate dentro una guerra non voluta, e hanno visto andare in frantumi il sogno di una nuova era democratica. È successo tutto il contrario del vagheggiato futuro migliore. Nel Paese la situazione è instabile. I gruppi armati, con diverse denominazioni, si sono impadroniti di molti giovani, studenti, lavoratori, disoccupati, fornendo loro armi, ed alti stipendi, con la scusa di proteggere il Paese dai nemici. In realtà, questo conflitto è tra i libici. Il caos ha generato grossi problemi all’interno e all’esterno. Ci sono sia persone ricercate sia vittime non accolte. Molti studenti, con diversi gradi scolastici di istruzione, e disoccupati, per paura o per altro motivo, hanno scelto la fuga. La maggior parte di questi giovani ha provato a chiedere il rilascio del visto regolare di ingresso per viaggiare tranquillamente. Le numerose difficoltà al rilascio del visto regolare ha provocato il sentimento di non poter uscire dallo stato di malessere. Non pochi giovani si sono così aggrappati all’unica speranza rappresentata dalla via del mare. Per questo si sono diretti altrove senza pensare a quello che sarebbe potuto accadere sull’altra sponda del mare. L’Italia, in particolare, per molti di loro è un passaggio verso altre nazioni dell’Europa. Molti riescono a salvarsi, mentre altri perdono la vita. Alcuni si sono trovati in prigione per le ragioni più svariate. Qualche volta l’irregolarità è diventata talmente rilevante da dover essere trattata dalla giustizia penale. Per raggiungere l’Italia hanno lasciato tutto, i famigliari, gli studi, con la speranza di perseguire la loro avventura. Sanno che dopo l’arrivo sulle coste italiane vengono mandati nei campi di accoglienza per poi essere rilasciati e poter così proseguire nel loro percorso verso l’infinito. Di fatto, molti sono finiti nei campi di accoglienza con altri migranti e in situazioni difficili, completamente diverse dalla realtà che sognavano. Qualcuno di loro si è trovato per la strada senza nessun documento di identificazione, pochi hanno un documento di identità, e si trovano in condizioni migliori. Alcuni hanno scelto di chiedere l’asilo civile umanitario protettivo per cercare di essere in regola nel posto dove si trovano e per avere la possibilità di trovare un lavoro e inserirsi nella nuova comunità. Altri invece non vogliono più rimanere e vogliono tornare indietro, l’unica scelta rimasta è allora quella di rivolgersi alle loro Ambasciate o ai Consolati per poter essere aiutati a tornare a casa. Il ruolo di queste rappresentanze diplomatiche è quello di indagare seriamente sulla identità dei richiedenti per poi accordarsi con le autorità competenti e rilasciare infine al cittadino un lasciapassare per l’imbarco sul primo volo per la Tunisia o per la Turchia. Al momento i voli per la Libia sono bloccati e non esiste alcuna possibilità per il rientro diretto in patria.

 

Suliman Busedra


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