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Sergio Caivano. La strategia della tensione 
Le stragi fasciste del dopoguerra
07 Agosto 2020
 

Molti – non tutti – ricordano le stragi nazifasciste consumate nel nostro Paese nel corso della seconda guerra mondiale. Le Fosse Ardeatine, S. Anna di Stazzema, Marzabotto richiamano alla mente i più rilevanti eccidi compiuti. Sono, però, ben 400 i comuni italiani ad aver subito uccisioni di innocenti, per un totale, non ancora definito, di 15/20.000 civili. Ma anche nel dopoguerra lo stragismo, questa volta solo fascista, esplode più volte. Si tratta della “strategia della tensione” posta in atto da movimenti della destra radicale e neo-fascista nel dopoguerra. È bene ricordarle, nella speranza che non si verifichino ancora. Il fatto è che, per un complesso di ragioni, e nonostante che la Costituzione reciti testualmente: «È vietata la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista», seguita dalle leggi di attuazione dovute a Scelba e a Mancino, l’Italia non ha voluto -o potuto- compiere fino alle estreme conseguenze un responsabile gesto di condanna senza riserve del regime fascista, come invece ha fatto la Germania democratica nei confronti del nazismo. Viene consentito di dar vita al Movimento sociale italiano, di chiara ispirazione fascista. Serve alla DC per portare avanti la teoria degli opposti estremismi, ma viene lasciato ai margini del potere. Fino a che, nel 1960,con i suoi voti, risulta determinante perché il Governo Tambroni possa nascere. A questo punto tenta di tenere a Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza, il proprio Congresso. La reazione popolare è immediata. Per tenere a bada i dimostranti la polizia, a Reggio Emilia, usa le armi ed uccide quattro manifestanti. La sollevazione popolare costringe Tambroni ed il suo Governo a rinunciare all’incarico.

Alla luce di questo risultato, il movimento neo-fascista cambia strategia. Agisce nell’ombra. Si eclissa dietro varie sigle. Gli effetti non tardano a farsi sentire. Il 12 dicembre 1969, all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, in piazza Fontana, esploda una bomba che provoca la morte di 17 persone e il ferimento di 88. Il 22 luglio 1970 è la volta della strage di Gioia Tauro, nel corso della quale perdono la vita 6 civili e rimangono feriti in 139. Ma c’è anche qualcosa di torbido, che ammorba l’aria. Il principe Junio Valerio Borghese abbandona il MSI, di cui è stato Presidente onorario, si avvicina alla destra extra-parlamentare, fonda il Fronte Nazionale con lo scopo di sovvertire le istituzioni dello Stato. Con lui ci sono alcuni militari ed estremisti. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 tutto è pronto: c’è un piano preciso ed elaborato, ci sono gli uomini disposti a seguirlo, c’è persino, già scritto, il discorso da tenere agli italiani. All’improvviso, e senza un motivo conosciuto, rinuncia all’azione e, per sfuggire alla giustizia, si rifugia in Spagna. Non si saprà mai il perché di questa decisione. Il 31 maggio 1972, a Peteano, da un telefono rimasto sconosciuto, si avvisano gli agenti del permanere di una macchina sospetta. Quando giungono sul posto esplode una bomba all’interno dell’auto che uccide tre agenti. !i 17 maggio 1973 si registra il lancio di una bomba alla Questura di Milano, che uccide 4 persone e ne ferisce 52. Il 12 maggio 1974, sul piazzale della Loggia di Brescia, esplode una bomba all’interno del porticato, gremito di cittadini convenuti per assistere ad un comizio sindacale, provocando la morte di 8 civili e un centinaio di feriti. Il 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, in concomitanza con l’arrivo di un treno, con molta gente in attesa nella sala d’aspetto, esplode un ordigno tremendo. Il risultato è deprimente: 85 morti, 103 feriti. Infine, il 23 dicembre 1984, si realizza un’altra strage, questa sul treno rapido 904 Napoli-Milano, con bombe che, per procurare maggiori danni, si fanno esplodere durante l’attraversamento di una galleria sull’Appennino. I morti sono 15, i feriti 267.

Insomma, in quegli anni, elementi che al fascismo si rifacevano, non hanno certamente mancato di farsi notare. Nemmeno la magistratura è riuscita sempre ad individuare i colpevoli, a causa di manovre oscure mai chiarite. Indagando su Michele Sindona per l’omicidio Ambrosoli, la magistratura milanese scopre l’esistenza della Loggia P2. Accoglie la mappa del potere occulto, quello che pensa le stragi e le fa eseguire dai NAR. Ne fanno parte 900 persone “eccellenti”: capi di servizi segreti, magistrati, politici, imprenditori, banchieri. È la Loggia di Licio Gelli che ha guidato, indisturbata per troppi anni, molte stragi e coperto i colpevoli.

Bisogna ammettere che anche organizzazioni eversive di segno opposto, come le Brigate Rosse, hanno portato a compimento attentati ed attacchi al regime democratico, colpendolo al cuore con l’assassinio di Aldo Moro. Con una differenza, però: i responsabili delle Brigate rosse sono stati individuati, processati e condannati. In altre parole la sinistra eversiva (stento alquanto a definirla sinistra) non godeva di alcuna protezione. Al contrario, l’eversione di destra si è fortemente avvalsa della copertura di apparati dello Stato.

 

Sergio Caivano


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