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Dopo la manifestazione di Vicenza
19 Febbraio 2007
 

Mentre i tecnici indagano su un inconveniente verificatosi nel mio portatile (riceve posta, ma non si connette per inviarne), usando un altro computer parlo di Vicenza, perché questo è un tema che non può aspettare: se i pezzi intercorsi saranno recuperati, si correggerà la cronologia inserendoli, altrimenti si continua da Vicenza, che è un bel modo di riprendere il discorso.

 

Dico subito che la manifestazione è stata bellissima, molto partecipata, allegra, sfottente, autogestita, autogovernata, senza nessuna sbavatura. A me è capitato solo un giornalista (?) che non si è qualificato e ci ha detto che era stato lanciato un grosso petardo nella Questura. Chiesto se la Questura non fosse presidiata, non ha saputo rispondere e domandatogli che ci desse il telefono della Questura sicché noi che eravamo parlamentari avremmo potuto chiamare per conferma, si è tempestivamente dileguato, senza dare la fonte della notizia "falsa e tendenziosa atta a turbare l'ordine pubblico" si diceva una volta, non so se ancora oggi allo stesso modo.

E altrettanto subito dico che un governo che non tiene conto di tutto ciò è un governo oltraggioso e che spinge verso l'insubordinazione sempre più rabbiosa: vuole fomentare la violenza che con grande fatica e molti risultati positivi, dopo Genova il movimento ha saputo respingere, isolare, emarginare, esprimendo una forza positiva larga condivisa, un vero esempio di democrazia partecipativa, quella che è nel programma dell'Unione?

Vale per Prodi il ragionamento che feci sul sindaco di Vicenza (con rispetto parlando): può darsi che le procedure decisionali siano state in ambedue le sedi formalisticamente corrette, ma se suscitano una così tenace condivisa durevole profonda resistenza popolare, vuol dire che qualcosa o molto di sbagliato c'era e c'è.

Si dice: il governo non può perdere la faccia: va bene, cerchiamo modi di uscita onorevoli. Ma perché -di grazia- la faccia dovrei perderla io, un bel po' di parlamento, la popolazione di Vicenza e i manifestanti venuti da ogni parte, che ormai hanno Vicenza nell'elenco di tutte quelle lotte di cittadinanza che si sono susseguite da Scanzano ad Acerra dal No ponte a No Tav a No Dal Molin, configurando una modalità nuova di lotta e di azione politica?

 

Torno alla cronaca: fui interessata alla questione del raddoppio del Dal Molin, poche settimane dopo essere stata eletta al Senato, dalla mail di una insegnante vicentina: seppi del suo grande disappunto e rabbia per il minacciato raddoppio, che avrebbe privato Vicenza di un polmone verde utile ai giochi infantili e alle passeggiate di tutti e tutte. Risposi che mi sarei documentata. Intanto da Pordenone venivo interessata a una iniziativa di (allora) 5 cittadini, che avevano costituito un comitato per citare in giudizio il governo USA per violazione della sovranità nazionale, dato che ad Aviano esiste un campo d'aviazione statunitense che alberga atomiche e non si riesce a saperlo con certezza né a chiedere che se le portino a casa loro. La cosa è stata resa possibile da una sentenza della Cassazione, che riconosce ai cittadini la facoltà di citare in giudizio il governo di un altro paese, appunto per violazione di diritti fondamentali. Della stessa sentenza si sono fatte forza (con successo e senza nessuno scandalo internazionale) le associazioni che tutelano la memoria degli IMI (Internati militari italiani ) che in numero di forse 700.000 furono catturati dopo l'8 settembre 1943 e portati nei campi di concentramento in Germania e ai quali Hitler non riconobbe lo statuto di prigionieri di guerra, sicché li obbligò al lavoro coatto e comunque li sottrasse a tutte le tutele che Ginevra riconosce ai prigionieri di guerra. Similmente citato, il governo germanico ha riconosciuto i suoi torti e ora si può agire per il riconoscimento e un qualche risarcimento morale di una dolorosa e gloriosa storia della nostra Resistenza, forse la prima e la più numerosa e la più misconosciuta.

La prima udienza di Pordenone avrebbe dovuto tenersi nell'estate del 2006, ma il governo Berlusconi che doveva consegnare gli atti al governo USA non lo aveva fatto, sicché -consegnati poi dal nuovo governo- ora l'udienza si terrà a Pordenone il 23 marzo prossimo. E intanto il comitato ha raggiunto la cifra di circa 500 aderenti. E Pordenone si collega a Vicenza, perché -semmai- i militari USA da mandare in zona di guerra (in Afghanistan in primavera? in Iran? in Irak?) verrebbero mandati in pullman ad Aviano e da lì partirebbero: e noi saremmo complici addirittura ignorandolo, due volte gabbati.

Incuriosita da tutte queste voci, intanto venivo a sapere che Cameri, un vecchissimo campo di aviazione militare italiano di prima della seconda guerra mondiale e dismesso da tempo, era stato ripristinato e diventava un campo di addestramento di piloti italiani da parte di piloti dell'aviazione statunitense, similmente a Ghedi e che camp Darby era dipendente da Vicenza e che Sigonella era stato triplicato. Ma noi non abbiamo i migliori piloti -addirittura acrobatici- del mondo? e non possono addestrare i nostri connazionali?

 

Pensavo che si sarebbe dovuta preparare una azione congiunta sulle servitù militari nel nostro paese e rivedere il concetto di difesa e di sovranità nazionale, in parte rinunciabile secondo l'art 11 Costituzione, ma solo con reciprocità, che dagli Usa non si riesce mai ad avere.

Purtroppo questa mia proposta non aveva ascolto, ma non importa: adesso è di grande attualità, visto che nella più singolare giornata di aula (finora), quella in cui il governo ha votato contro se stesso ed è stato approvato entusiasticamente da una mozione dell'opposizione, siamo riusciti a portare a casa l'impegno a fare appunto il convegno sulle servitù militari.

Non si capisce la logica di tutto ciò, mentre fantasmi non del tutto fantastici di neofascismo si avvertono dietro alcune organizzazioni di tifosi e altrove (Forza nuova fa una manifestazione a Roma contro i Dico e per patria e famiglia, meno male che lasciano in pace Dio).

 

Continuo con la cronaca del Dal Molin. Nell'estate vengo chiamata a parlare a una festa di Liberazione ad Aquileja, dove confluiscono anche molti e molte che sono al mare a Grado e dintorni, sicché anche da lì la questione del Dal Molin viene citata e raccoglie interesse e solidarietà da parte di chi ascolta, anche non essendo vicentino; si capisce che è una tematica sensibile e incrocia una attenzione diffusa, insomma che è un tema generalizzabile. Tutti lo capiscono tranne il governo, che più volte invitato a venire a discutere con la popolazione, va avanti burocraticamente in colloqui col sindaco e basta. Finché viene data notizia che sta per decidere, ma tutto è ancora aperto e che si sentirà la popolazione per referendum, trattandosi di una questione urbanistica (!). A Vicenza si costituisce un Comitato per il no e anche uno per il sì, quest'ultimo formato prevalentemente dai dipendenti italiani che lavorano alla base e hanno alcune rivendicazioni sindacali, e dagli orafi vicentini che temono di perdere il mercato statunitense a loro molto favorevole. Vado al comitato in occasione della visita a Vicenza della Commissione Difesa del Senato nel corso della quale visita risulta che a Vicenza l'intera Unione, non solo i "cattivi" della sinistra detta radicale, ma anche Ulivo e Margherita sono contro la base e che il raddoppio significa scegliere Vicenza come sede del comando militare USA in Europa per tutta la parte mediterranea e mediorientale. L'Europa si costruisce avendo dentro di sé così pesanti vincoli alla sua sovranità territoriale?

Il movimento si radicalizza nelle sue frange più marginali, ma non solo, si politicizza nel suo complesso con un risveglio di interesse politico enorme in una città che era nota per essere una delle Belle addormentate in Italia. Le donne soprattutto passano dai timori per il disagio dei figli, del pericolo per la città, dell'intasamento del traffico e così via, all'affrontamento della violazione di sovranità e guidano un movimento sempre più politico, sempre meno angustamente rivendicativo. Alla Commissione Difesa seguitano a venire dal governo suggerimenti e pressioni perché si insista sul referendum ancora alla vigilia del giorno in cui senza nemmeno farsi vedere in Commissione o al Parlamento il ministro della Difesa dà la notizia che la base si raddoppierà.

Viene mantenuta la manifestazione che segnala un decisissimo no e una stretta alleanza tra Vicenza e il resto del paese e delle lotte simili di Acerra Scanzano lo Stretto la Tav.

Si possono chiudere gli occhi? si può non capire? si può essere molto più filo Bush di Nancy Pelosi e addirittura della stessa Condoleeza Rice? una volta si chiamava libido serviendi, non traduco per carità di patria.

Intanto noi abbiamo deciso (lo ha detto anche Russo Spena durante la manifestazione di Vicenza) di sostenere attivamente tutte le forme di lotta nonviolente che Vicenza decidesse di mettere in gioco per ritardare e impedire la costruzione della base, fino a stenderci davanti alle ruspe: ci si augura che il governo abbia senno abbastanza per non arrivare a un punto tale, e proprio contro chi lo ha sostenuto lealmente persino perdendo consensi tra i suoi più restii e insieme fedeli votanti. C'è qualche virus che circola e fa dei danni cerebrali incredibili oggi. Troviamo presto l'antidoto, torniamo al programma e al metodo del consenso per attuarlo.

 

Devo dire un'altra cosa: di solito noi di sinistra ricordiamo come elefanti i nostri insuccessi e dimentichiamo i successi. Ad esempio non scordiamo mai il referendum perso sulla legge 40 (ma non facciamo quasi nulla per riprenderci dai guai seguenti); ma addirittura non ricordiamo il successo certissimo e forte e limpido e cosciente del referendum sulla (contro)riforma della Costituzione. Orbene, il progetto -battuto sonoramente- della destra, era per una repubblica presidenziale e un governo decisionista: e non si può farlo diventare costituzione materiale a tentoni. Noi siamo -anche per recente conferma popolare- una repubblica parlamentare e abbiamo un governo eletto dal parlamento e diretto da un presidente del Consiglio come primus inter pares, e non da un Capo del governo. È bene che lo si veda in ogni occasione, dalle foibe a Vicenza.

 

Lidia Menapace


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