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Gli Hunza: la popolazione più longeva del mondo. Riflessioni di geografia socio-culturale [Etnie2] 
di Nicoletta Varani
07 Luglio 2015
   

Gli Hunza vivono al confine nord del Pakistan all’interno di una valle a circa 2700 m di altezza sulla catena Himalayana al nord del Pakistan, al confine con la Cina e sono in assoluto la popolazione più longeva della Pianeta; vivono in media 130-140 anni, gli uomini lavorano nei campi anche quando sono ultracentenari, godono di un’ottima salute che li rende praticamente immuni da malattie ed anche alle semplici febbri e non conoscono le nostre temute patologie degenerative, il cancro, le malattie del sistema nervoso, ecc.

Il popolo hunza vive a fianco dei Wakhi1 e degli Shina. Gli Hunza o meglio i buruscio-hunza, come viene riportato da Ralph Bircher2 (1980), contavano circa 10.000 abitanti (almeno fino a qualche decennio fa), sparsi in circa 150 villaggi situati a un’altitudine che oscilla tra i 1600 e i 2450m sul livello del mare. Abitano molto al di sopra della valle omonima, sui loro terrazzi (mesas) spesso fortemente scoscesi e impervi, non esenti dal rischio di frane, con strapiombi di 600-900m. La conformazione del territorio rendeva le vie di comunicazione impraticabili e pericolose se non addirittura assenti, così che questo popolo è rimasto abbastanza isolato dalle popolazioni circostanti. Dal territorio degli Hunza è possibile osservare i vicini Nagir separati da un profondo e ampio canyon che rende difficili le vie di comunicazione.

Lo stato principesco di Hunza venne abolito il 25 settembre del 1974, in cui gli Hunza erano governati da un mir (assimilabile ad un vero e proprio sovrano); il loro capoluogo era Balbit conosciuta anche come Karimabad. Questo popolo e la regione di Hunza ha uno dei più alti tassi di alfabetizzazione in confronto agli altri distretti similari pakistani. La lingua hunza3 (il burushaski) attualmente resta ancora senza possibilità di essere collegata ad altre lingue limitrofe e non, esistenti o estinte; secondo Lorimer (1939) questa lingua si è evoluta separatamente da almeno 5.000 anni.

Formalmente gli Hunza appartengono alla corrente musulmana degli ismailiti, ma come sostiene Lorimer, sono molto diversi dagli stessi popoli limitrofi, non avendo nessuna pratica che si manifesti esteriormente, né rituali, né preghiere, né templi, oggetti di venerazione o pellegrinaggi, né tantomeno si può trovare qualche parvenza di mullah o gerarchia religiosa. La religione e la preghiera vengono vissute intimamente. Non vi è, almeno apparentemente, traccia di superstizione, né di credenze riguardanti il malocchio, la magia, come avviene invece per i popoli vicini, dai quali si distinguono ancor più per il fatto che le donne non portano il velo ed hanno parità di diritti.

Gli Hunza sono soliti festeggiare i grandi eventi nel giorno del solstizio d'inverno con danze e musica eseguita dai béricho, musicisti di origine indiana. L'arte, come la letteratura, è pressoché assente. Come ogni civiltà contadina ci sono diverse festività e riti propiziatori legati alla semina e al raccolto; sono inoltre degli appassionati e abili giocatori di polo.

Sono un popolo misterioso, già oggetto di studi fin dal periodo della colonizzazione inglese di questa porzione di Asia. Un medico scozzese, Mac Carrison, accettò il posto di medico nelle Indie britanniche proprio per conoscere questa popolazione e il suo segreto di lunga vita, rimanendo sbalordito di fronte alla capacità degli Hunza di lavorare senza stancarsi, coltivando la terra o arrampicandosi in montagna, con carichi di pesi sulle spalle, o ancora di percorrere fino a oltre 200 km in un solo giorno senza apparentemente affaticarsi.

Geneticamente sono in parte vicini alle popolazioni dell'Est Asiatico, facendo supporre che almeno qualcuno dei loro antenati abbia avuto origine nel nord dell'Himalaya.4

Gli individui di questa popolazione, senza ricorrere ai prodigi della nostra scienza medica, a cento anni sono vivi, incredibilmente attivi, lavorano ancora nei campi e curano i loro figli con estrema vivacità e vitalità. Le donne Hunza sono ancora prolifiche anche a novant’anni. Chiaramente per riuscire a concepire a tale età, il loro fisico è ancora piuttosto giovanile e non ha nulla a che vedere con le nostre novantenni. Essi non risentono dell’invecchiamento cellulare e i loro corpi sembrano mantenersi giovani e attivi come i corpi di ragazzi anche da anziani.

Ci si chiede come mai questa popolazione sia in grado di vivere così a lungo e bene, questo perché il loro stile di vita è radicalmente diverso dal nostro in quanto seguono un’alimentazione ipocalorica basata sul consumo di frutta, ortaggi, e cereali coltivati nelle valli himalayane, consumano un acqua alcalina5 che sgorga direttamente dalle loro sorgenti e diversi studi hanno appurato che l’acqua bevuta da questa popolazione ha un elevato pH, con notevole potere antiossidante e importante per il rinnovamento cellulare.

Consumano, inoltre, germogli e formaggi freschi o fermentati come la ricotta detta quark, il formaggio fresco detto brus, il formaggio da conservare detto rahkpin; un alimento preziosissimo è il burro detto maltache e bevono il latte, yak. In sintesi gli elementi indiscutibilmente più importanti per la loro longevità sembrano essere il lungo digiuno a cui sono sottoposti ogni anno, l’alimentazione vegetariana e l’acqua alcalina presente nelle loro terre.

Anche Ralph Bircher nel suo libro intitolato Gli Hunza spiega che i motivi di tale longevità sono da attribuirsi soprattutto allo stile di vita che include il semi-digiuno a cui sono sottoposti ogni anno, l’alimentazione vegetariana e l’acqua ricca di minerali presente nelle loro terre.

 

Alimentazione vegetariana e digiuno

Questo popolo himalayano sembra infatti aver rifiutato il progresso tecnologico: si cibano (a volte molto poco, specie nel periodo invernale, quando il cibo scarseggia e arrivano a fare anche digiuni di una settimana) prevalentemente di miglio, orzo, grano saraceno, frutta, germogli di piselli, noci, legumi lessati, verdure come spinaci, rape e pomodori.6 Nella loro dieta rientrano anche formaggi (ma solo freschi o fermentati), pochissima carne e pressoché nessun condimento. Come già accennato l’altopiano su cui vivono, in Pakistan, è un luogo in gran parte inospitale e non dà raccolto sufficiente per alimentare i circa 10.000 abitanti Hunza per tutto l’anno.

Il digiuno è regolarmente praticato sia come necessità di adattamento alla scarsità di risorse, che al ciclo della natura ed ad aspetti religiosi. Adottano forzatamente quello che i naturopati definiscono “digiuno terapeutico”. E questa consuetudine, che è simile a molti animali,7 e che secondo vecchi concetti di nutrizionismo porterebbe a debolezza, morte e distruzione, al contrario nel corso degli anni ha prodotto nella popolazione straordinarie capacità di vigore. Si pensi che un Hunza può camminare tranquillamente per 200 km a passo spedito senza mai fermarsi. Le forti doti di resistenza di questo popolo sono conosciute in tutto l’Oriente, tanto che nelle spedizioni Himalayane, sono assoldati come portatori.

Gli Hunza condividono questo stile di vita con gli Sherpa popolazione emigrata principalmente nella zona orientale del Nepal dalla regione di Kham nel Tibet orientale. Questi uomini venuti dall’est (questo è il significato del nome Sherpa) vollero assumere una precisa identità rispetto al generico e talvolta dispregiativo buthia che gli indigeni nepalesi riservavano a coloro che provenivano dal Tibet.8 È universalmente riconosciuta la loro autorità come guide delle spedizioni verso l’Himalaya e non solo come uomini di fatica. Forti, leali, coraggiosi e allegri, nessuno straniero si avventura oggi in montagna senza un sirdar, un capo portatore che è sempre uno sherpa.

 

Acqua alcalina

Il dottor Henri Coanda, premio Nobel, padre dell’idrodinamica e di più di 600 brevetti, ha studiato per decenni gli Hunza, perché rimase affascinato ed incuriosito dall’incredibile longevità e salute che contraddistingue questa popolazione, dove appunto la presenza di ultracentenari ed in salute è un fattore normale.

Il dottor Coanda scoprì che l’eccezionale longevità del popolo Hunza e la salute che li contraddistingue, erano legati all’acqua che veniva dagli antichi ghiacciai himalayani.9

Disse che l’acqua del paese degli Hunza presenta quelle che vengono chiamate delle proprietà anomale.

Si è riscontrato che l’acqua che scende dalle vette dell’Himalaya, presenta una tensione superficiale ed una struttura molecolare differente.

Dopo diversi studi è emerso che l’acqua degli Hunza possiede elevato pH (acqua alcalina), con notevole potere antiossidante ed elevato contenuto di minerali colloidali,10 inoltre molti sono gli studi che sostengono che digiunare con acqua alcalina è molto più semplice che digiunare con acqua di rubinetto o imbottigliata. L’acidosi metabolica innescata dal digiuno prolungato viene infatti compensata ed il pH rimane più stabile. Per quanto riguarda l’alimentazione sembra che l’unico frutto a mantenere il pH umano stabile è la mela rossa; nel digiuno invece ci si può aiutare bevendo acqua alcalina, acqua con argilla verde ventilata, o facendo lavaggi interni/esterni con acqua e sale integrale.

In Occidente si possono trovare le miracolose acque alcaline in farmacie sotto forma di bustine anche se particolarmente costose o nell’argilla ventilata11 ricca di minerali.

 

Gli Hunza sono una popolazione anche molto gioiosa e sorridente, non conoscono stress, ed è proprio grazie al loro modo sereno di vivere, accompagnato da una profonda spiritualità interna che li aiuta ad elevarsi verso la salute quotidiana e a vivere maggiormente senza alterare il sistema nervoso e cellulare.

Oggi il territorio degli Hunza è una delle maggiori attrazioni turistiche del Pakistan; molti pakistani e turisti stranieri viaggiano per la regione per godere dei paesaggi pittoreschi e delle sue sbalorditive montagne. Il distretto possiede molte attrattive turistiche (sono stati costruiti moderni hotel) ma a causa del turismo è stato “contaminato” dalla società “evoluta” e sono arrivati i cosiddetti “cibi spazzatura”: farina 0 impoverita, zucchero bianco, sale sbiancato chimicamente, ecc. e con loro le prime carie, le prime problematiche cardiovascolari, i primi problemi reumatici che l’Occidente evoluto conosce bene. In pochi sono riusciti a rimanere “integri”, a sottrarsi da questo inquinamento “evolutivo” evitando ogni forma di contagio con usanze e abitudini percepite ad istinto come innaturali e dannose. La globalizzazione ed il progresso alimentare (se così possiamo chiamarlo) ha iniziato a pregiudicare la salubrità di un popolo che viveva seguendo i ritmi del proprio corpo e della natura.

 

 

Bibliografia di riferimento

Bircher R., Ponticelli G., Gli Hunza. Un popolo che ignorava la malattia, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1980.

Clark J., Hunza: Lost Kingdom of the Himalayas, Funk & Wagnalls Company, New York 1956.

Conti A., Digiuno terapeutico, nutrimento per l’anima, Università degli Studi di Roma.

Conti A., Gli Hunza, la popolazione più longeva al mondo, in Il Mago di Oz, 12/02/2012.

Microhydrin TM, Tecnical Information, Arlington Publications, Dallas 1998.

Salaris P., Il popolo Hunza e il miracolo dell’acqua, in Shan Newspaper del 13 febbraio 2015.

www.disinformazione.it

E.O. Lorimer, Language hunting in the Karakoram, George Allen & Unwin, Londra.

Campell S., VyVyan M., Reconnaissance of Rakaposhi and the Kunyang glacier, in The Himalayan Journal, Vol. XI (1939), pag. 156-164 (resoconti di McCarrison riproposti da Wrench, uno dei suoi allievi).

 

 

 

1 I Wakhi abitano nella parte superiore dell'Hunza localmente chiamata Gojal e nelle regioni confinanti situate in Cina, Tagikistan e Afghanistan, e anche a Gizar e nel distretto di Chitral del Pakistan. La popolazione parlante lo shina vive nella parte meridionale dell'Hunza. Essi provengono da Chilas, Gilgit, e altre aree pakistane di lingua shina.

2 Il nome Hunza era riservato inizialmente al fiume che divideva le popolazioni dei buruscio da quella dei nagir, mentre l'etnonimo hunza viene attribuito ai buruscio dalle popolazioni limitrofe (Ralph Bircher, 1980; p. 32).

3 Si rimanda alla voce: Lingua burushaski, in Enciclopedia Britannica online.

4 Si rimanda a “Worldwide Human Relationships Inferred from Genome Wide Patterns of Variation”, Science, 22 febbraio 2008: Vol. 319. no. 5866, pp. 1100 – 1104.

5 Le acque alcaline sono acque ricche di ph, e minerali colloidali elevatamente antiossidanti, benefiche per il nostro organismo che preservano dalle malattie e aiutano l’intero sistema immunitario.

6 Fino a marzo però, quando matura l’orzo, digiunano anche per settimane intere (fino a due mesi in semi digiuno) per poter razionare i pochi viveri rimasti in attesa del primo raccolto.

7 In molti animali il digiuno è una cosa normale per la sopravvivenza, nei periodi di carenza di prede. In autunno gli stambecchi, camosci e cervi mangiano molto di più per accumulare grasso per l’inverno, che a causa dell’altitudine dove vivono, non permette l’approvvigionamento di cibo sufficiente. È interessante che i violenti scontri che i cervi hanno tra di loro per l’accoppiamento e la successiva fecondazione avvengono proprio in pieno inverno, quindi praticamente a digiuno, che non compromette, anzi enfatizza, le loro energie.

Gli uccelli migratori mangiano a fine estate più del fabbisogno e quando partono verso i luoghi più caldi sono talmente grassi da pesare il doppio del normale. Ma durante la migrazione, che può arrivare anche a 5.000 km, non si fermano mai ed a fine corsa il loro peso ritorna normale.

I lupi cacciano per giorni, ma poi possono restare per settimane senza mangiare e nello stesso tempo percorrono grandi distanze per procacciare altro cibo, vivendo con il solo grasso corporeo come del resto quasi tutti i predatori. Anche i pesci digiunano, come per esempio il salmone, che nella sua famosa risalita del fiume non ingerisce nulla, nemmeno nel successivo periodo della posa delle uova. In sostanza il digiuno è una condizione che non è quindi nata da 10.000 anni, ma da milioni di anni della storia stessa dell’uomo/animali ed è per questo che apporta molti benefici.

8 Occuparono la regione di Khumbu e quindi quella di Pharak e di Solu, costruendo villaggi tra i 3300 ed i 3800 m di quota nell’area himalayana. La loro compattezza, il grado di organizzazione sociale, la reciproca solidarietà unite a una notevole autosufficienza e a non comuni qualità morali permisero loro di imporsi. La solidità del popolo Sherpa è data anche da matrimoni che sono rigorosamente confinati all’interno dell’etnia ma al contempo assolutamente vietati all’interno dello stesso clan. Oggi, oltre che dedicarsi come sempre all’agricoltura, all’allevamento e al trasporto di materiale tra Nepal e Tibet, trovano nuova linfa nel turismo.

9 Per più di 60 anni egli tentò di crearla artificialmente, ma malgrado le sue eccezionali capacità, non vi riuscì.

All’età di 78 anni, passò il compito ad uno scienziato geniale, il diciottenne Patrick Flanagan. A soli 17 anni fu nominato dalla rivista Life come uno degli scienziati più promettenti d’America grazie alle sue scoperte (oggi ne ha a suo carico più di 200) che lo resero famoso già a soli 11 anni.

10 I colloidi sono piccole parti dure di sostanze che non si fondono in acqua (non si scompongono in ioni), hanno caratteristiche speciali: gli elettroni che solitamente circolano intorno ad una sola molecola, cominciano nelle vicinanze dei colloidi a circolare intorno al minerale intero, così succede che sulla superfice del minerale c’è un “caos” di elettroni e questo crea una forte carica energetica. Più piccolo è il minerale, più grande è la sua carica energetica.

I minerali colloidali dispersi nell’acqua cominciano a comportarsi con le molecole d’acqua come piccoli magneti, le molecole d’acqua si organizzano intorno a loro in strutture speciali e in queste circostanze dovute all'influenza energetica dei colloidi, le molecole d’acqua si alterano, così l'acqua diventa elettricamente caricata, energizzata.

11 L’argilla verde ventilata presenta un’alta capacità di scambio ionico quindi può annoverare un gran numero di proprietà e può porsi come rimedio naturale per diverse condizioni e disturbi. Che significa “ventilata”?

Va precisato che l’Argilla verde usata a scopo terapeutico e cosmetico, deve essere essiccata al sole e non nel forno; quella che si utilizza per uso interno deve essere esclusivamente Argilla Ventilata essiccata al sole, cioè quella più purificata e priva di impurità e a granulometria più fine, ciò che garantisce una maggiore superficie di scambio ionico e quindi una migliore attività. Le proprietà assorbenti dell’argilla verde ventilata hanno reso questo minerale molto celebre ai tempi di Chernobyl: sembra che l’argilla verde ventilata possa assorbire, tra le altre cose, anche le radiazioni del corpo eliminandole fisiologicamente. Per questa capacità, l’argilla verde ventilata è consigliata dai sostenitori dei rimedi naturali a chi esegue trattamenti chemioterapici.


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