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Francesco Pullia. A vent’anni dalla convenzione dei diritti dei bambini
21 Novembre 2009
 

A vent’anni dall’approvazione, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Convenzione sui diritti dell’infanzia, è doveroso verificare se e quanto i buoni e giusti propositi in essa contenuti abbiano avuto riscontro nella realtà...


Innanzitutto, va ricordato che il documento prevede la tutela di diritti inalienabili come quelli alla vita e alla salute. Vengono altresì contemplate l’istruzione e la libertà di espressione e informazione e previste forme di protezione da ogni forma di sfruttamento e abuso.

Esaminiamo, quindi, un po’ di dati. Tra coloro che hanno un’età compresa tra i cinque e quattordici anni, è elevatissimo il numero, con una cifra oscillante tra i 143 e i 250 milioni, di coloro che sono assoggettati alla piaga del lavoro minorile. E, si badi bene, non soltanto nei paesi cosiddetti in via di sviluppo ma anche in Europa, Italia inclusa, e negli Stati Uniti.

Sono utilizzati in pericolosissime attività industriali chimiche, in inenarrabili mansioni nelle miniere, nei laboratori tessili, nella produzione di tappeti, in concerie e vetrerie, nella raccolta di rifiuti, nel trasporto di oggetti pesanti, sfruttati per l’accattonaggio (sono stati riscontrati non pochi casi di bambini con gli arti deliberatamente lesionati, spesso in modo irreversibile, con lo scopo di impietosire i passanti) e, ancora, per l’ignobile traffico di organi.

I minori che nel mondo possono andare a scuola sono più di 110 milioni, di cui il 56% è composto da bambine.

Il fenomeno dell'analfabetismo va di pari passo con la povertà e il sottosviluppo, che costringono milioni di bambini a lasciare la scuola prima saper leggere e scrivere per andare a lavorare in condizioni di sfruttamento. In India attivisti per i diritti umani hanno denunciato la crescente diffusione della schiavitù di bambini per debiti. Sono almeno 5 milioni i bambini indiani costretti a lavorare senza retribuzione per saldare debiti contratti dalle loro famiglie o perché ai genitori è stato pagato un anticipo sulle loro prestazioni. Secondo un rapporto di Human Rights Watch, non riescono quasi mai ad essere riscattati. L'Asian Labour Monitor ha calcolato che 1/5 del prodotto interno lordo indiano deriva dal lavoro di minori, in genere di famiglie senza terra. Con 44 milioni di bambini lavoratori l'India detiene il record mondiale dell'occupazione minorile.

 

E, ahinoi, non è finita. Nel continente africano vengono sequestrati e violentati per essere, poi, privi di qualsiasi documento di riconoscimento, mandati a combattere.

Si calcola che nel mondo siano almeno 300.000 i ragazzi al di sotto dei 18 anni ingaggiati in ostilità. Molti vengono reclutati anche prima dei dieci anni.

Delle ventimila vittime all’anno a causa delle mine antiuomo, circa un quinto è composto da bambini, particolarmente esposti perché scambiano pere giocattoli questi oggetti micidiali.

Dall'inizio della guerra nel nord dell'Uganda, i bambini rapiti sono stati oltre 25.000. In Nepal più di 22.000 sono stati rapiti dai guerriglieri maoisti, ora al governo, tra il 2002 e il 2006.

In diverse zone del mondo migliaia di piccoli vengono venduti dalle famiglie per pochi soldi, in molti casi rapiti per finire ceduti come schiavi a grandi proprietari terrieri. Per non parlare dell’avviamento alla prostituzione, a causa del turismo sessuale, e della conseguente diffusione di malattie, tra cui l’Aids.

 

Dei quasi 40 milioni di sieropositivi nel mondo, 2,3 milioni hanno un'età inferiore ai 15 anni e circa il 90% di essi vive nell'Africa sub-sahariana. Lo scorso anno circa tre milioni di persone per AIDS. Di queste, 380.000 erano bambini sotto i 15 anni.

Nel mondo più di due milioni di bambini sono sottoposti a varie forme di sfruttamento sessuale. Nella Repubblica Democratica del Congo, il 33% delle vittime di violenze sessuali sono minori rapiti alle loro famiglie.

Circa 1.800.000 di minori nel mondo finisce in un orrendo giro di prostituzione, pornografia infantile e turismo sessuale, per non parlare, poi, della prassi dei matrimoni forzati che in Asia soprattutto riguarda perfino bambine di quattro anni, di fatto “prigioniere” dei propri mariti, destinate a diventare madri appena raggiunta la maturità sessuale, perdendo spesso la vita durante il parto.

 

E che dire delle mutilazioni genitali femminili? In Africa il numero di donne che convive con una mutilazione genitale varia tra i cento e i centoquaranta milioni. Dati gli attuali trend demografici, possiamo calcolare che ogni anno circa tre milioni di bambine si aggiungono a queste statistiche.

È vero che, in questo ambito, qualcosa sta cambiando per merito anche di Emma Bonino impegnata contro questa vergogna sin da quando era commissaria europea. Grazie all’adozione del Protocollo di Maputo, entrato in vigore nel 2005, le mutilazioni sono state riconosciute e bandite come una delle peggiori violazioni e diciotto stati africani su ventotto dove si praticano hanno varato una legge che ne punisce severamente la pratica e diffusione. Molto resta, però, ancora da fare per arrivare ad una definitiva messa al bando di questa aberrante pratica.

 

Nei paesi in via di sviluppo, oltre un quarto di bambini sotto i cinque anni versa in condizioni fisiche preoccupanti, sottopeso, al limite della sopravvivenza, con palesi carenze nutrizionali. Sono soggetti alla caduta di capelli, alla perdita delle unghie e talvolta anche del primo strato di pelle.

Stando all’Unicef, circa 27000 bambini, uno ogni cinque secondi, muoiono ogni giorno per cause legate alla povertà. Ogni anno sei milioni sotto i cinque anni muoiono di fame o per malattie curabili come la dissenteria, la polmonite e la malaria. La malnutrizione - di cui soffrono ancora 143 milioni di bambini nei Paesi in via di sviluppo - è la causa di almeno la metà dei circa cinque milioni di decessi registrati.

La situazione è critica un po’ ovunque, dall’Argentina, al Venezuela (dove il 60,1% della popolazione vive in stato di povertà), dal Brasile, all’India (dove l'anemia colpisce il 90% delle ragazze adolescenti e il 50% delle donne e la diarrea, dopo le infezioni respiratorie, costituisce la seconda causa di morte tra i bambini), alla Sierra Leone.

Al contrario, in Europa c’è allarme per l’obesità dilagante. Nel 2005 erano considerati sovrappeso 14 milioni di bambini con un aumento di 400 mila casi l’anno. Nel 2007 il numero è salito a 22 milioni, tanto che la Commissione Europea sta organizzando campagne informative per spiegare i vantaggi di una alimentazione sana e corretta.

 

Non meno grave è la situazione relativa all’acqua potabile. Negli ultimi cento anni, l’utilizzazione dell’acqua è aumentata ad un ritmo due volte superiore al tasso di crescita della popolazione e, secondo le statistiche del Consiglio Mondiale dell’Acqua (World Water Council), nel 2015 il numero degli abitanti colpiti da questa emergenza ammonterà a 3 miliardi e mezzo di persone.

L’impossibilità di accedere all'acqua potabile e la carenza dei servizi sanitari di base e di igiene tolgono ogni anno la vita per diarrea acuta a più di un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni.

 

C’è, poi, il triste fenomeno dei minori ridotti a vivere in strada. In America Latina, soprattutto in Brasile, sono circa 15 milioni. La società li teme, i commercianti li odiano a causa dei continui furti, gli squadroni della morte li uccidono. Ogni notte decine di piccoli cadaveri restano sui marciapiedi delle grandi città.

In Africa le cause di questo fenomeno sono legate alla morte prematura di uno o entrambi i genitori o alle migrazioni interne. In Ruanda la guerra civile ha reso orfani quasi centomila bambini e sono migliaia quelli costretti a trascinarsi per strada nella capitale Kigali. Lo stesso accade in Zaire, Burundi, Angola.

In Asia si muovono a piccoli gruppi, indossano magliette stracciate, spariscono dalla circolazione quando nella stagione dei monsoni la pioggia batte sui marciapiedi o trasforma le strade sterrate in enormi pozzanghere fangose. A Manila sono 400.000, a Nuova Delhi 115.000, 16.000 in Vietnam, 4.000 in Mongolia. Il desolante abbandono in cui vivono li espone ad ogni tipo di adescamento e  minaccia.

L’Europa Orientale non è da meno. Nella Federazione russa, sono 60.000 solo a Mosca. A Budapest se ne contano circa 12.500, mentre nella sola Bucarest ce ne sono oltre 5.000. In alcuni casi diventano privi di fissa dimora quando gli orfanotrofi statali, privi di risorse, se ne disfano. I più piccoli sono richiesti in adozione, ma per i più grandi ad attenderli è un destino di fame e solitudine. Chi non si industri a sopravvivere con espedienti finisce per diventare manovalanza per la microcriminalità.

 

A vent’anni dall’entrata in vigore della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia tanto resta ancora da fare perché ogni minore possa vedere riconosciuti i propri diritti.

Gli stati devono onorare gli impegni assunti e fissare nelle proprie leggi criteri minimi prescritti.

I quattro principi fondamentali che animano questo trattato internazionale, e cioè la non discriminazione, l’interesse superiore del bambino, il diritto alla vita e il rispetto dell’opinione del bambino, non possono essere lettera morta. Spetta a noi, solo a noi, vigilare e operare perché il diritto e i diritti prevalgano sull’aberrazione e sulla morte.

 

Francesco Pullia

(da Notizie radicali, 20 novembre 2009)


 
 
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