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Piero Cappelli. Proposta: Cassa Integrazione con lavoro pubblico…
25 Luglio 2009
 

Si parla tanto di cassa integrazione a causa del brutto momento economico in Italia e nel mondo. La cassa integrazione guadagni, detta in poche e semplice parole è quel contributo dato dallo Stato a quei cittadini – per i quali è prevista – a causa del fatto che la loro azienda deve ridurre il personale per un dato periodo di tempo per mancanza di richieste da parte del mercato dei prodotti da loro costruiti. L’azienda anticipa ai propri dipendenti in cassa integrazione la paga da cassaintegrato che non è uguale al 100% dello stipendio ricevuto in periodi di normali lavoro. E questo lo sanno tutti. Questi lavoratori cosa fanno? Praticamente niente, per lo più oppure se hanno una buona volontà si ‘industriano’ e vanno a lavorare in un orticello o fanno altri piccoli lavoretti, per lo più in nero, perché non possono svolgere un altro lavoro quando percepiscono la cassa integrazione; ma la maggior parte si dà da fare per sistemare casa o aiuta alcuni familiari o parenti per compensare quanto manca ad avere uno stipendio pieno che con la cassa integrazione non hanno. Questo comporta tutta una serie di problemi come la frustrazione e la paura per un lavoro che può, di lì a poco, finire proprio del tutto; il disagio di pensarsi rispetto al compagno, marito o moglie che sia, e ai figli di non essere più capaci di portare lo stipendio a casa, a riuscire ‘a campare’ i propri cari, magari anche perché l’età è già tra quella che include i ‘nuovi esclusi’ dal mercato del lavoro solo perché hai poco più di 45 anni e non si parli se ne hai addirittura più di 50. Quindi, come possono nascere con una nuova creatività ‘imprenditoriale’ delle buone e sane idee concrete per un futuro, dall’altra possono nascere anche delle delusioni, delle ansie, delle depressioni, delle angosce per la vita, tanto da rischiare malattie psichiche e non solo. Allora che fare?

La proposta parte da questo bisogno di unire sia la necessità da parte degli enti pubblici di avere nuovo e più personale e dall’altra il dare senso ad una vita anche con altri lavori, ma sapendo che ti rendi utile al ‘mondo’. La proposta che faccio è quella di impiegare negli enti pubblici, dalle regioni, ai comuni, alle provincie alle scuole, ai ministeri, ai palazzi di giustizia, ai catasti, agli ospedali e così via quei dipendenti cassaintegrati di un’azienda privata. Fare in modo così che mentre si colma il bisogno di un ufficio e di un’istituzione per mancanza di personale si possa supplirlo con quello che è più adatto e motivato e che magari poteva fare anche un altro lavoro, ma la buona volontà che si poteva esercitare nel privato – ad es. andando nei campi a lavorare l’orto benché essendo un impiegato… – lo si esercita nel pubblico a servizio della collettività. Visto che poi i soldi della casa integrazione vengono dalla collettività anche se li anticipa il datore di lavoro. Tale programma potrebbe prevedere un’assicurazione collettiva nazionale a carico dell’ente che lo impiega al fine di tutelare il cassaintegrato che lavora nel pubblico. Il tutto rapportato alle proprie esperienze di lavoro, ai propri ritmi alle proprie capacità con orari di lavoro rapportati allo stipendio percepito rispetto al contratto di lavoro pubblico dove si lavora. Potremmo partire con un facoltà volontaria anche per saggiare la buon volontà e disponibilità dei cittadini, ma che dovrebbe arrivare piano piano ad essere un impegno obbligatorio: si ricevono soldi dallo stato e per lo Stato bisogna lavorare. Finita la cassa integrazione il dipendente rientra in azienda. Se invece finisce la cassa integrazione e inizia la mobilità, il licenziamento, la perdita del lavoro, allora l’ente pubblico valuterà se e come poter trasformare quel ruolo anomalo in nuovo ruolo di dipendente a tutti gli effetti con quelle modalità o con altre.

Ma i lavoratori cassaintegrati e i loro sindacati che ne pensano di questa proposta?

E voi lettori che ne pensate?


zorro.rosso@alice.it


 
 
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