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Dario Busnarda. “La vendemmiatrice di Sapri” 
Ipotesi circa la scarsa memoria di noi italiani
01 Gennaio 2009
 

In genere sono giovani o giovanissimi (spesso appena maggiorenni), meno numerosi gli ultra-quarantenni, più rari i pensionati; in maggior numero le donne rispetto agli uomini. Sto parlando dei partecipanti a un quiz televisivo in onda su Rai 1 dalle 19 alle 20 nei giorni feriali, programma che seguo per almeno due motivi.

1) Perché partecipo da casa provando a rispondere, con alterna fortuna, alle varie domande e in particolare al gioco conclusivo, che è poi quello che decide se il concorrente porta a casa i soldi e quanti.

2) Perché il programma piace a mia moglie, per cui all'orario di inizio della trasmissione accende il televisore che è posizionato in cucina, ovvero nel locale della casa ove preferisco stare in questa stagione, in quanto c'è il caminetto e una bella poltroncina, che condivido col gatto. Ho provato più volte, dopo l'accensione del televisore, a continuare a fare le mie cose, ma non ci riesco e finisco sempre per seguire il quiz.

Tornando alle caratteristiche dei concorrenti, segnalo che quelle di sesso femminile sono di solito molto carine, per lo più laureate o laureande e, quelle fra loro che lavorano, svolgono attività interessanti e gratificanti. Tutte comunque, e dico tutte, coltivano un numero esagerato di interessi che vanno dal canto corale al teatro dialettale, alla poesia; dalle immersioni subacquee al tiro con l'arco; inoltre svolgono un numero incredibile di attività di volontariato: a favore di anziani, dei meno abili e degli animali abbandonati o maltrattati. Aggiungo, per completare il quadro, che spesso le concorrenti hanno bimbi in tenera età o sono sposate da poco tempo. I concorrenti uomini risultano meno carini delle colleghe (il mio però non è un parere oggettivo, credo), hanno un titolo di studio mediamente di livello inferiore e un lavoro meno interessante; anche i maschietti però hanno interessi e svolgono un numero di attività almeno pari a quello dichiarato dalle colleghe.

A questo punto anche il lettore meglio disposto, che è stato così paziente di non essere ancora passato oltre, si chiederà qual è il problema. Dove vuol andare a parare lo 'scriba'? – Ti rispondo subito, caro lettore. Ragionando sulle motivazioni che spingono delle persone a diventare concorrenti e partecipare al quiz televisivo, sono giunto a delle conclusioni che superano questo ambito e che ti voglio raccontare. Mi sono chiesto come mai una persona normale, sicuramente non indigente, con un buon livello di istruzione, un lavoro più o meno interessante, una vita sociale culturale e affettiva piena, decida di lasciare tutto ciò, almeno temporaneamente, per partecipare ad un quiz televisivo. Subito ho pensato: lo fa per tentare di vincere un po' di soldi che, come è noto, pur non dando la felicità aiutano a vivere meglio. Però è una risposta insoddisfacente, infatti si possono vincere cifre più importanti, anche se partecipare è più difficile, al gioco nazional-popolare per eccellenza, dove non sono necessarie né richieste conoscenze, ma basta aver fortuna e giungere al termine del gioco con uno dei pacchi fortunati, meglio se con quello con la cifra più alta.

Mi sono quindi fatto persuaso, per dirla con Camilleri, che chi decide di partecipare al quiz in questione lo fa perché è convinto di possedere una buona preparazione culturale unita ad un buon intuito, perché ha un alto livello di autostima, ma soprattutto perché vuole apparire in televisione suscitando l'invidia di conoscenti, vicini di casa, parenti e colleghi di lavoro. Sono però anche convinto che la persona che decide di partecipare al gioco a premi, proprio per il suo alto livello di autostima, non riesce a valutare correttamente o tende a minimizzare i rischi a cui va incontro. Infatti si può anche venire eliminati uscendo dal gioco con le ossa rotte (metaforicamente è ovvio), come il concorrente che con sicumera rispose che Garibaldi fu ferito in Aspromonte, alla famosa gamba, nel corso di uno scontro con truppe francesi; o quello che affermò che, alla morte di Cavour, alla guida del nuovo stato unitario subentrò Giolitti. Come farà –pensavo– questa persona, tornata a casa dopo una prestazione di questo tipo, a farsi prendere sul serio dai superiori, dai colleghi di lavoro; come potrà invitare i figli ad un maggior impegno nello studio o pensare di conservare la stima del partner. Come farà a non chiedere il trasferimento la professoressa (non insegnante di lettere, d'accordo) che alla domanda a proposito di cosa andasse a fare nei campi la contadina di Sapri (quella della poesia dei trecento giovani e forti) rispose che se ne andava a vendemmiare. Come farà a continuare la sua attività la concorrente, insegnante parrocchiale di catechismo, la quale rispose che la preghiera che non si concludeva con l'Amen fosse il Credo. Io, confesso, non correrei mai il rischio di rimediare una figura di questo tipo; ho pensato più volte cosa farei se mi trovassi al posto di uno di questi concorrenti e ho individuato due opzioni: l'ingresso in un convento di clausura o l'arruolamento nella Legione straniera.

Ragionando però meglio e con più calma su tutta la questione, ho concluso che l'importante non è capire se sia giusto o no correre il rischio di partecipare al quiz, ma quale scelta meglio si accordi allo spirito del nostro tempo e allora la scelta giusta è senz'altro quella di correre il rischio di essere considerato una persona con grosse carenze culturali, per usare un eufemismo, pur di apparire in televisione. Perché la gente ha la memoria corta, dimentica presto, mentre l'apparizione in televisione resta. In Italia si può essere prima fondamentalista verde, poi presidente dell'Enel, senza cambiare nulla e quindi per il “nucleare subito”; oppure esponente locale Pci e impiegato Unipol e quindi ministro di un governo di destra; o anche criticare duramente chi porta i bimbi in manifestazione dopo essersi fatto immortalare con la figlioletta al family day qualche tempo prima. Il tutto senza imbarazzo, senza rossori, senza trovare nessuno che ricordi loro quanto detto o fatto in precedenza; allegri, la gente non si ricorda! Anche perché, e questo lo sanno tutti, per ricordare, per scagliare il sasso, occorre essere magari proprio non senza peccato, ma almeno non un peccatore abituale. Questa categoria di persone, come ognuno sa, già poco numerosa in Palestina ai tempi della predicazione di Cristo, è sicuramente, oggi in Italia, una specie se non estinta in via di estinzione.

Dario Busnarda

(da 'l Gazetin, novembre 2008)



 
 
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