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Donatella Poretti. La mia legislatura in tre episodi
11 Aprile 2008
 

Da deputata radicale-Rnp uscente e candidata al Senato (in Puglia) per il Partito Democratico, a seguito dell'accordo elettorale sui nove parlamentari, è opportuno un mini-bilancio.

Non solo un rendiconto, ma base e traccia per il futuro.

Alle volte può bastare il racconto di un piccolo e apparentemente marginale episodio per descrivere una realtà più complessa. Per essere certa di non tralasciare fatti importanti, ne racconterò tre, con tre finali diversi. Per dare un filo di speranza, lascerò quella con il “lieto” fine per ultima.

 

La sconfitta: doppio cognome e figli naturali

Tra le mie prime proposte di legge ce sono state due che mi vedono particolarmente coinvolta: mia figlia Alice vive sulla sua pelle la discriminazione di essere nata fuori del matrimonio e di avere per questo minori diritti, ed ho sperimentato la trafila assurda per l'acquisizione del doppio cognome, da un iniziale non riconoscimento del padre fino ad una sentenza del Tribunale per i minorenni.

Nel settembre 2006 la Commissione Giustizia del Senato inizia l'esame di disegni di legge in materia, cioè sulla possibilità di lasciare anche il cognome materno.

La normativa italiana, per eliminare le discriminazione verso la donna, dovrebbe rispondere agli impegni chiesti dal Consiglio d'Europa e dalla Convenzione di New York. È così anche per la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale. Quest'ultima, con sentenza del febbraio 2006, ha ammesso che l'attribuzione ai figli del solo cognome paterno è «retaggio di una tramontata potestà patriarcale», ma che solo il Parlamento può intervenire.

Dopo traversie, testi votati ed emendati in Commissione, aggiunte di un disegno di legge governativo che intende sostituire la definizione «figli naturali e legittimi» con «figli nati fuori e dentro il matrimonio», un primo testo arriva in aula nel maggio 2007. Ma manca l'accordo, si rimanda in commissione. Il 2 ottobre 2007 viene votato e adottato un testo... ma i conservatori sono nel centro-destra come nel centro-sinistra. Dalle proposte iniziali che chiedevano libertà ai genitori di decidere sia sul doppio cognome che sul loro ordine, viene approvato un testo in cui tutti i nati avranno due cognomi, prima quello paterno poi quello materno; per le generazioni successive si trasmette solo il primo. Solo con una dichiarazione concorde dei due genitori, da rendere all'ufficiale dello stato civile, si potrà prevedere un ordine diverso.

Partiti per adeguare la normativa e renderla più aderente alla società, si termina con una imposizione dello Stato. Comunque la legge non è stata fatta, il Parlamento è stato sciolto prima.

 

Il boicottaggio: mancata istituzione di nuovi ordini professionali in campo sanitario

Come se già non bastassero tutti gli ordini professionali esistenti ad imbrigliare il mercato del lavoro, tra le migliaia di proposte di legge depositate ogni legislatura da parlamentari di tutti i partiti, figurano quelle che ne sollecitano la nascita di nuovi. Fortunatamente nella XV l'unico voto espresso è stato quello per prorogare i termini per l'istituzione degli ordini e albi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione.

La storia è curiosa, in merito e in metodo. Il metodo è esemplificativo del procedere. La legge 43/2006 fissava la data del 4 settembre 2006 per istituire questi nuovi ordini. A tre giorni dalla scadenza arriva il disegno di legge del Governo che rimanda di 12 mesi il termine, cioè al 4 settembre 2007. Viene votato dalla Camera, quindi dal Senato e diventa legge il 17 ottobre 2007, pubblicato poi in Gazzetta Ufficiale l'8 novembre 2007. Esattamente 2 mesi dopo l'ulteriore termine scritto nel testo! I 12 mesi infatti non sono bastati neppure per approvare la legge di differimento.

In merito la vicenda è perfino più curiosa. Occorre risalire al tempo del primo Governo Berlusconi quando nel dicembre 2004, poco dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri di quel disegno di legge, si espresse l'Antitrust dando parere contrario: l'istituzione di nuovi ordini avrebbe determinato una restrizione della concorrenza causando limitazioni all'entrata di nuovi operatori, e di conseguenza un aumento dei costi e dei servizi senza garantire la qualità degli stessi. Un colpo al mercato, un colpo ai consumatori e agli utenti in particolare del sistema sanitario. Un favore al sistema corporativo che limita le possibilità di sviluppo del mercato del lavoro italiano.

Ho creduto di fare cosa utile nel riproporre quel parere in un ordine del giorno al momento del voto in aula, chiedendo al Governo di tenerne conto. Stava per essere rimandata la creazione di questi nuovi ordini perché il Governo sosteneva che occorresse rivedere complessivamente la materia delle professioni. Poteva sembrava scontato che si dovesse ascoltare l'Antitrust. Errore. Il Governo è contrario, l'ordine del giorno va in votazione e tranne rari parlamentari sparsi, il Parlamento è compatto a rigettarlo. Il centrodestra perché vuole subito i nuovi ordini, il centrosinistra perché vuole rimandarli di un anno.

Dopo lo scioglimento delle Camere il Governo forza la mano e decide di esercitare la delega per l'istituzione di questi nuovi ordini, in parte subendo il pressing delle categorie interessate. Per fortuna il mancato accordo dei gruppi in Parlamento ha fatto saltare tutto.

Ora l'eredità è nelle mani della nuova legislatura e del nuovo Governo. Immaginiamo che Berlusconi non potrebbe far altro che dar seguito ad un suo provvedimento. E Veltroni? Tutti liberali in campagna elettorale, tutti corporativi al momento di legiferare?

 

La vittoria: conservazione autologa del cordone ombelicale

Esistono divieti che si trascinano senza apparenti motivazioni, comunque senza nessuno che se ne assuma la paternità. Uno di questi riguarda la conservazione delle staminali del cordone ombelicale. Oggi in Italia è possibile la sola donazione... che in pratica è pressoché impossibile, tanto che neppure lo 0,5% dei cordoni viene raccolto. Per la conservazione autologa (per se stessi e a proprie spese) si deve ricorrere -dopo procedure burocratiche tese a scoraggiare- a biobanche all'estero. Tutto risale ad una ordinanza del 2004 rinnovata ogni anno. Tra le preziose cellule finite nei rifiuti ospedalieri e le biobanche estere arricchite di cordoni italiani, ho presentato proposte di legge, appelli, ho fatto passare emendamenti a leggi appropriate come quella sul parto. Tutti d'accordo, ma quando si tratta di trovare la copertura economica, ci si arena nel gioco dello scaricabarile. Il ministero dell'Economia contesta le cifre di quello della Salute e viceversa. Tutto si ferma, un provvedimento all'ordine del giorno dell'aula della Camera per febbraio 2007 si blocca in Commissione Bilancio. Nel frattempo il ministero della Salute rinnova l'ordinanza dei divieti e sollecita l'intervento del legislatore, lo stesso che si è arenato nella mancanza di soldi.

Si arriva alla Finanziaria, la valvola di sfogo dei parlamentari, seguita a ruota dall'appuntamento annuale del decreto Milleproroghe, in cui confluisce l'immaginabile e l'inimmaginabile. Perché non fare altrettanto con il cordone? Con un emendamento al Milleproroghe riesco a far autorizzare la conservazione autologa: nascono in Italia le biobanche private ed entro il 30 giugno 2008 dovrà essere emanato un decreto attuativo. Sarà rispettata questa nuova scadenza? Ne dubito e ci lavorerò da subito...

Ma se anche una “giusta” causa condivisa da tutti è costretta ad utilizzare mezzi e strumenti legislativi inadeguati (come il Milleproroghe), cos'è che non va?

 

Donatella Poretti


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