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Vicenza NoDalMolin: un inaspettato Abbecedario 
Prime parole per farci ri-esistere
14 Marzo 2007
 

Sguardi(1)

 

dall’infanzia

«Mi chiamo Erica, ho 10 anni. Io c’ero alla manifestazione del 17. A me è piaciuto molto esserci perché c’era molta gente strana e che, non abitando a Vicenza, non sono abituata a vedere e anche perché non ero mai andata a far una manifestazione quindi un’esperienza nuova, gente nuova. Il giorno dopo, tutti i miei compagni di classe mi hanno chiesto se potevano venire con me, ma il punto è che me l’hanno chiesto il giorno dopo quindi non ho potuto portare nessuno però il bello è che la mia maestra di scuola ci è rimasta di stucco quando ha saputo che ero andata ed era andato tutto bene perché il giorno prima mi ha fatto una delle sue prediche come al solito tipo se mia mamma non avesse avuto paura di portarmi ma gli ho risposto che ero io a voler venire che se non mi avesse portato mi sarei arrabbiata di brutto».

 

dal basso

«perché è dove siamo, dove mi sento, in basso, ed è forse per questo che gli interessi personali, individuali, vengono meno, arrivano in un secondo tempo, secondi ad un pensiero più grande, più importante. Vengono dopo la rabbia per le ingiustizie, dopo le fatiche delle persone che ogni giorno faticano a stare a galla, faticano ad avere una situazione dignitosa, faticano a fare sentire la propria voce. È la vicinanza e l’interesse per gli ultimi».

 

da tutti

«un fiume di gente incredibile, colorato, diversificato, sotto ai riflettori di mezzo mondo. Un bel momento per rivedere facce più o meno note che si erano perse di vista e nuovi volti che si affacciano in punta di piedi ad un tentativo di dar forma alla partecipazione».

 

 

Ascolti mancati, Equilibri difficili

 

Tra governi nazionale-locale e popolazione, tra politica istituzionale e passione politica diffusa, tra amministratori(2) locali e organizzazione del corteo, tra cittadini-cristiani-parenti-amici-colleghi di opinioni diverse, tra chi vuol domandare “perché” e chi ha già risposto “sì”.

L’ascolto mancato impedisce la parola, lascia che il baratro si allarghi, impedisce il confronto che genera ponti. Afonia della politica, urlo delle contraddizioni. Giornali e media inchinati, luoghi comuni affollati.

Molto da sgonfiare per ricreare un alfabeto condiviso, una grammatica che consenta il pensiero altrui.

Aspettare a prendere posizione, guardare dal marciapiede le prime manifestazioni per poter comunque dire, a tempo debito, “c’eravamo” o “non abbiamo partecipato”. Defilarsi all’ultimo se l’aria che tira consiglia i moderati distinguo di sempre. Non prendere posizione (“questa volta”) per “non essere di parte”; non voler scontentare nessuno dei propri. Confondere la mediazione verso un’invenzione creativa e possibile con la solita stantia moderazione da riproporre.

Scavalcare la base per mettersi in prima fila se i riflettori si accendono. Cosa vuol dire accompagnare i processi vitali senza ingombrare la scena? Come dar valore ai tratti di sapienza segnalati dal basso?

Mitizzare la piazza e il corteo senza presidiare abbastanza delibere, procedure amministrative, passaggi e pareri tra uffici pubblici locali, ministeri, normative europee.

Dall’esterno fa comodo vedere l’evento e non il processo che l’ha fatto maturare e che ancora deve crescere.

Evitare di “essere il sindaco(3) di tutti”. Rispettare il diritto a manifestare, ma senza dare WC e cesti per le immondizie. Alimentare paura, innervosirsi se qualcuno ricorda la Costituzione.

Raccogliere le firme per il “sì” a livello locale e stare con la Tavola della Pace per il “no” a livello nazionale. Pensare prima al proprio tornaconto di bottega, impresa, banca, salario, associazione, forza politica, … “restando a favore della pace, senza però essere demagogici”.

Dimenticare volti e dati reali di un’operazione di guerra, di un’esplosione in un villaggio lontano, di un carcere militare dal nome difficile per prigionieri di famiglie “non nostre”, di una mina che tra mesi o anni interromperà, per uno “spiacevole incidente”, l’imprudente giocare di un bambino sconosciuto. Dimenticare i costi umani del nostro vivere o ricordarli solo in certe occasioni.

 

«La gente non vuole essere più complice e vittima di scelte che si fanno altrove, ma che ricadono sulla propria quotidianità. Le pentole, il rumore – spunto che viene da lontano, dall’Argentina – sono la voglia di farsi sentire. Tutto questo rumore ci verrà fatto pagare?»

 

«Quello che sta succedendo a Vicenza in questo periodo è che tante persone si sentono inascoltate e degradate da chi li dovrebbe rappresentare e tutelare. Oggi, come mai, la politica ‘alta’ è lontana dalla gente e, allo stesso tempo, mai i vicentini sono stati così politici. All’inizio i vari comitati sono sorti perché il progetto toccava il loro orticello, per un problema urbanistico, di disagio acustico, di inquinamento, di ecologia, di traffico urbano. Poi i pensieri sono andati all’uso che una base militare effettivamente ha, agli effetti diretti sulle popolazioni e sui Paesi verso cui le azioni di guerra sono dirette. Molti cominciano a dubitare sulla legittimità che può avere una missione di pace quando fa migliaia di morti».

 

 

Frammenti per Non Impedire il Futuro

 

donne. Il loro ruolo centrale come un dato della situazione, non un proclama, non un piano a tavolino. Ci sono senza “quote rosa”, senza aver inventato una finezza “politicamente corretta” per un evento di provincia. Peccato che interloquiscano con quasi tutti uomini-autorità (prefetto, sindaco, vescovo, segretari di partito, …).

 

connessioni e incroci. Ci vogliono ambiti vitali che consentano incroci per far calare le semplificazioni, le frasi fatte, i pregiudizi. Aprire canali di connessione, scoprire che si possono condividere obiettivi e modi di un’iniziativa pubblica senza dover sopprimere le differenze, mettere a contatto generazioni diverse e mondi che prima d’ora mai si erano parlati in città. Sorprendersi dovunque le categorie sclerotizzate saltano per lasciar spazio a intravedere meglio ciò che le persone sono e cercano. Tante volte in questi mesi abbiamo sentito ripetere “non pensavo che…” in riferimento agli abitanti delle case vicine all’aeroporto, a giovani etichettati solo in relazione alle loro appartenenze o partecipazioni (scout, centro sociale, arci, parrocchie…), a gente di età matura, a colleghi di lavoro, a cittadini che in altri territori vivono tensioni analoghe (Val di Susa, …).

 

«costituire un presidio permanente ha voluto dire innescare dinamiche di relazioni impreviste, chiedendo la capacità di mettersi in discussione per rapportarsi con altri mondi, anche molto distanti».

 

‘come’ si fanno le cose. L’esperienza di questi mesi ci mostra ancora una volta come il cambiamento chieda non solo eventi ma processi che durano nel tempo, che fanno affinare la capacità di camminare assieme a persone, gruppi e organizzazioni differenti, che operano una pulizia di elementi superflui, inadeguati o non condivisi, che aiutano l’intreccio tra finalità, metodi di azioni e risorse a disposizione. È il “come” si è proceduto che ha sostenuto e aperto novità, nonostante limiti e difficoltà.

 

«consapevolezza e maturità che è cresciuta nella gente e che continua a crescere, secondo me… uno stile semplicemente partecipativo»

«… una partecipazione diretta alle questioni pubbliche»

 

Il “come” è stato protagonista anche rispetto all’atteggiamento tenuto dalle forze dell’ordine su indicazione del Questore: è possibile svolgere il proprio compito di garanti del diritto a manifestare e della sicurezza di tutti (partecipanti e cittadini indirettamente coinvolti) in maniera democratica, con una presenza attenta che non cerca però lo scontro. Un “come” che forse anche in altre occasioni (molti giornali nei giorni precedenti la manifestazione hanno evocato gli incidenti in occasione del G8 a Genova…) potrebbe aver fatto un’enorme differenza.

 

so-stare al mondo. La questione del DalMolin diventa un modo attraverso cui la gente si sta riappropriando del proprio “saper stare al mondo”. Le questioni di futuro di pace non vanno così sottovalutate nei programmi locali e nazionali delle forze politiche e negli accordi che tentano buon governo. Neanche nei progetti di movimenti o associazioni culturali, formative, religiose o negli orientamenti che guidano scelte di lavoro, di vita familiare, di appartenenze e partecipazioni.

La nonviolenza è compagna reale e fedele di percorsi possibili collettivi e personali, globali e locali, interiori e politici.

 

«ero al corteo anche per dire che c'è un modo nuovo, diverso, più umano di far politica: non sono antiamericano, sono vicentino, italiano e cittadino del mondo».

 

«offrire a tutta la città un modello nuovo di impegno e di vicinanza con i temi importanti della nostra città».

 

«Oggi non lottiamo per fermare un progetto, una base, un aeroporto, un esercito.

Quello che sta succedendo, e che mi piace credere, e di cui sono convinto, è che stiamo cambiando una cultura. Stiamo gettando le basi per una cultura futura sicuramente diversa». 

 

«La scelta di portare avanti le "cose" alle quali crediamo vale la pena di spenderla fino in fondo mettendo in discussione in alcuni momenti le nostre sicurezze o certezze».

 

 

“So-stare al mondo?” è la domanda politica del momento.

 

 

progetto Sulla Soglia

(cooperativa sociale Insieme, rete famiglie aperte, cooperativa sociale Tangram)

Vicenza - Via Dalla Scola, 255 - info@progettosullasoglia.it

 

 

 

 

(1) Da alcuni scritti (anche le citazioni in corsivo nei capitoli successivi) di soci delle realtà del progetto SULLA SOGLIA, inviati dopo la manifestazione del 17 febbraio, si è cercato di costruire un piccolo contributo di riflessione collettiva. Hanno contribuito: Cristiano Pavan, Davide Stegagnolo, Erika Morbin, Filippo Giaretta, Luigi Saraconi, Paolo Pomi; lavoro redazionale di Marco Vincenzi.

(2) Amministrare, dal latino “ad -ministro”, mettersi a servizio.

(3) Sindaco, parola composta da due termini greci (syn - dike): letteralmente “con giustizia”.


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