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Pillole d’illegalità a bordo di Trenitalia Spa
23 Gennaio 2007
 
In questi giorni, è stato dato risalto, anche in televisione, all’attacco sferrato da Trenitalia Spa ai viaggiatori senza biglietto o con biglietto irregolare. Si sono così visti malcapitati, ripresi di nascosto nel loro imbarazzo, col tipico voyeurismo oggi di moda. Grazie al recupero diretto di denaro ed all’indotto dato dalla deterrenza, questa azione frutterà circa 25 milioni di euro, pari ad almeno venti carrozze nuove. Non saranno molte, ma è meglio che niente.
Da abituale utilizzatore dei servizi di Trenitalia Spa, vorrei spingermi però un po’ più un là nell’analisi. A partire dalla considerazione che i più accaniti denigratori dei treni sono i viaggiatori abituali che si macchiano abitualmente di comportamenti maleducati e sanzionabili a norma di legge e regolamenti.
La ristrettezza dell’ambiente dei treni consente un’osservazione accurata di certi fenomeni. Il più evidente è l’alienazione. Non so per quale causa – paura, stanchezza, noia, pigrizia, furbizia – ma è evidente l’intenzione di molti d’immergersi nella più assoluta indifferenza a tutti ed a tutto, a parte l’attenzione maniacale per i propri oggetti personali.
L’esempio tipico è dato dal modo in cui questi soggetti prendono posto, specie se dotati di valigia. La rastrelliera porta oggetti è volutamente ignorata. La prima mossa è di cercare quattro posti a sedere liberi. Su uno ci si siede, la valigia si mette in mezzo ai due sedili opposti, in modo da consentire di mettere le scarpe sul sedile di fronte e di precludere l’accesso al posto attiguo; di lato a sé, sull’ultimo posto residuo, ci va lo zainetto o la borsetta. Cuffiette in testa, ed il rischio che un altro essere umano possa sedersi vicino è quasi sventato: alla fermata successiva, basta infatti fingersi addormentati od afflitti o distratti per eludere gli sguardi interrogativi dei nuovi venuti. Il massimo che si può ottenere, tra sbuffi ed alzate di spalle di concessione, è la liberazione del posto occupato dal bagaglio a mano al quale si accede con esercizi di contorsionismo.
Si segnala ancora la presenza di qualche illuso, il quale un po’ per rompere il ghiaccio con le belle ragazze un po’ per meritarsi il posto lavorando, si offre di sistemare la valigia dove dovrebbe stare. Ma non funziona, perché si riceve la raggelante risposta che: “poi è pesante da tirare giù”. Il vertice dell’alienazione si raggiunge con l’estrazione del cellulare; incuranti di tutto, i fatti personali vengono gridati in interminabili chiacchierate, favorite dalle tariffe personalizzate. Qualche volta si riesce carpire una ricetta, ma il più delle volte è un dramma.
Come si comporta il personale di Trenitalia di fronte a tutto questo, ovvero ai sedili sporcati con le scarpe, alla simulazione d’occupazione di posto, al disturbo arrecato?
Rigorosamente, non facendo nulla. Eppure si tratta di fatti sanzionabili puntualmente come si può leggere facilmente sul sito di Trenitalia Spa, nelle norme per il servizio interno delle condizioni di trasporto. La materia è regolata poi dal D.P.R 11/07/1980, n. 753, all’art. 22 c. 1 (simulazione di posto), all’art. 29 c. 1 (danneggiamento al materiale), all’art. 31 c. 1 (disturbo).
Il personale non fa nulla perché chissenefrega di come viaggiano i clienti, sono cazzi loro, se la vedano tra loro, basta che abbiano pagato. Il personale non fa nulla perché è istruito e coinvolto nel GRANDE OBIETTIVO: scovare chi non ha obliterato. I viaggiatori senza biglietto, o con biglietto contraffatto, sono veramente pochi, per lo più disperati e poveracci dai quali mai si otterrà un centesimo.
Ma la preda succulenta, l’obiettivo della caccia grossa di questi giorni, è la sanzione di 25 € a chi non ha obliterato il biglietto nelle macchinette gialle.
Ed è qui che la legalità si fa farsa e metafora del caso Italia, di quell’illegalità alla quale i cittadini non sanno o non vogliono più reagire.
 
Voglio dire subito che non giustifico per nulla i furbi (e ce ne sono) che ci provano a viaggiare senza pagare. E neppure sono contro all’obliterazione in se stessa. Il biglietto, come noto, è il documento di legittimazione che consente di salire in treno. Timbrare il biglietto è indispensabile per i biglietti a validità oraria (bus, metro) e per quelli a validità chilometrica: senza l’inizio dell’orario di utilizzo e senza la stazione di partenza, in questi casi, il biglietto è irregolare.
Ma tutt’altra cosa è il biglietto che specifica la stazione di partenza e quella di arrivo. Questi biglietti possono essere utilizzati entro un termine di due mesi, per la comodità del cliente ed anche di Trenitalia di ridurre le file in biglietteria. La timbratura servirebbe ad impedire utilizzi plurimi del biglietto. Ma perché non basta l’annullo del personale di bordo? La risposta è semplice: il personale non controlla (nella mia esperienza non più del 30/35% dei viaggi).
Perché la sanzione di 25€? Ci deve essere una ragione sostanziale da tutelare per rafforzare la violazione della norma con una sanzione, non basta la mera violazione della norma, viceversa si ricadrebbe nel più vuoto formalismo giuridico. Ebbene, la risposta del personale è che il biglietto senza timbratura fa pensare che “potrebbe essere stato utilizzato in precedenza, o avrebbe potuto essere utilizzato in futuro, se il viaggiatore non fosse stato controllato”.
Insomma, una totale presunzione di malafede: il viaggiatore viene sanzionato perché “potrebbe” aver già utilizzato in passato il biglietto – ma non se ne fornisce alcuna prova! – o “potrebbe” (in futuro!) utilizzare ancora il biglietto – una sanzione preventiva per un possibile illecito futuro, autentica fantascienza giuridica.
In concreto, c’è da precisare che non sempre le sanzioni vengono irrogate, perché l’Italia è il paese delle trattative. Tra implorazioni e buon senso (come quello di chi fa notare che data ed ora di emissione precludono fisicamente un utilizzo anteriore del biglietto!), si risparmia la multa ma si infligge la lezioncina: il viaggiatore viene fatto scendere alla stazione successiva a timbrare, scortato sotto sorveglianza come uno scolaretto discolo.
È ben vero che il codice penale conosce alcune fattispecie di reato in cui ciò che viene punito non è il fatto ma la “minaccia del fatto” (ad esempio chi viene sorpreso con mezzi atti allo scasso, fuori della propria residenza, e non riesce a fornire un valido motivo per il possesso).
Ma si comprenderà bene che i casi non sono affatto assimilabili. Una “sanzione” equilibrata per indurre i viaggiatori a timbrare, potrebbe essere d’impedire il rimborso del biglietto in caso di ritardo del treno per chi ha solo l’annullo del personale di bordo e non la timbratura.
 
Eppure, la soluzione del problema sarebbe molto semplice: ad esempio, dotare di sbarre l’accesso ai binari (come al metrò) apribili solo con la timbratura del biglietto; una soluzione questa utile anche per migliorare la sorveglianza, in questi tempi di minaccia terroristica.
Ma la soluzione migliore sarebbe quella d’installare le macchinette gialle dentro i treni. Sarebbe anche molto facile, contestualmente alla timbratura in vettura, attribuire anche un posto, con buona pace per gli okkupatori con le valigie. Perché questo non viene fatto?
Anche in questo caso la risposta è intuibile. Se i biglietti si timbrassero dentro i treni, si aprirebbe la strada a ciò che Trenitalia Spa teme come il fumo negli occhi: un rapporto civile e trasparente con la propria clientela. Sarebbe facile, per il cliente, potendo dimostrare di essere salito su un treno specifico chiedere un rimborso per ritardi e disservizi. Si potrebbero immaginare sconti ai pendolari sugli abbonamenti proporzionati al numero delle volte in cui il mese precedente il treno ha riportato ritardo.
 
Che cosa terribile ho appena detto. Il treno ha “riportato” ritardo. Chi viaggia in treno sa bene che, per Trenitalia Spa, il treno non riporta (o marca, o segna, o ha) ritardo: il treno “matura” ritardo. Quante volte, la vocina metallica sintetizzata a bordo delle vetture, con tono costernato, ci ha avvisato “che il treno ha maturato quindici minuti di ritardo. Ci scusiamo per il disagio.”
Come il pero ha lo scopo di far maturare le pere, come il deposito fa maturare interessi, lo scopo del treno, evidentemente, è quello di maturare ritardo. Ma va bene così. Possiamo essere certi che con i 25 milioni di euro che Trenitalia recupererà in questi giorni, oltre a pagare la prossima indennità di buona uscita per l’amministratore delegato, riuscirà, anche a strapagare fior di consulenti linguistici per un compito durissimo: aprire il vocabolario. Partenza!
 
Fausto Cadelli

(da Notizie radicali, 22 gennaio 2007)


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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