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Gianfranco Cercone. “Charley Thompson” di Andrew Haigh
15 Aprile 2018
 

È piuttosto raro ritrovare nei film attuali la nota dell'idealismo; per esempio un personaggio che ponga un ideale, qualunque esso sia, al di sopra di tutti i suoi interessi egoistici, disposto per esso, se necessario, anche a sacrificare la propria vita.

Questa nota, tanto più preziosa perché rara, la si percepisce in un film americano: Charley Thompson, diretto da un autore inglese, Andrew Haigh (di cui sono già usciti in Italia due film pregevoli: 45 anni e Weekend, distribuiti, come anche quest'ultimo, dalla Teodora Film).

L'idealismo è quello, ingenuo e disarmato, di un ragazzo, un ragazzo americano che vive in una cittadina dell'Oregon, il quale, ingaggiato da un allevatore di cavalli da corsa per un lavoro saltuario, si affeziona particolarmente a uno dei suoi cavalli; e quando esso resta zoppo si oppone con tutte le sue forze a che venga venduto in Messico dove, nelle sue condizioni, finirebbe probabilmente macellato.

Certo, forse rispecchia se stesso in quel cavallo che, ormai inutile, è abbandonato da tutti, perché anche lui, Charley Thompson, da bambino è stato abbandonato da sua madre, e al momento convive con il padre, che gli vuol bene, ma disadattato com'è, dalla vita sentimentale tumultuosa e precaria, non può davvero badare a lui, e oltretutto andrà incontro a una morte precoce. E così il ragazzo si ritrova solo, senza il conforto e le cure di nessuno, come quel cavallo malato, tacitamente destinato da tutti a essere ucciso.

E allora sarà Charley Thompson a prendersi cura di lui, a costo di rubare il furgoncino dell'allevatore di cavalli che gli aveva dato un lavoro, e con quel mezzo trasportare il cavallo dallo Stato dell'Oregon al Wyoming, dove spera di rintracciare una zia che forse ospiterà entrambi.

L'ideale che muove il ragazzo, proprio perché è un ideale ingenuo, forse lui stesso non saprebbe esprimerlo a parole, ma noi spettatori intendiamo bene che si tratta della protezione dei più deboli, di un senso di comunione tra l'uomo e gli animali, e forse più in generale tra l'uomo e la natura; di un rifiuto della civiltà, o almeno di certe sue regole.

E che comunque di idealismo si tratti, lo prova la carica eroica che infonde nel ragazzo, disposto ad affrontare da solo un viaggio pieno di rischi, sfidando la legge; la contrapposizione agli altri uomini che incontra, che al suo confronto appaiono cinici, sentimentalmente aridi, rassegnati all'ingiustizia, assuefatti alla violenza; e anche un certo velleitarismo, una certa astrattezza, che è a volte dei sognatori, tanto che il ragazzo per una distrazione, per un'imprudenza, non riuscirà a salvare il suo cavallo da una disgrazia.

Con la morte del cavallo, si spegne nel racconto la scintilla dell'idealismo. E al suo posto, non resta che l'interesse pratico, la necessità, di un ragazzo povero e affamato, di trovare chi lo nutra e gli dia una casa.

Il racconto resta asciutto, senza enfasi sentimentalistiche, aderente alla realtà dei personaggi e dell'ambiente. Ma certe scene nel deserto o in certi paesaggi naturali – un deserto splendido, che offre vedute incantate – in cui il ragazzo, solo con il suo cavallo, tra immani difficoltà pratiche, trae una fragile forza soltanto dal suo ideale, sono potenti, le più emozionanti e le più originali del film.

A quanto pare Charley Thompson – che era stato presentato con successo al Festival di Venezia dove l'attore protagonista, Charlie Plummer, aveva vinto il Premio “Mastroianni” come miglior attore-rivelazione – non ha avuto successo commerciale. E dopo soltanto una settimana, è stato scacciato dalla maggior parte delle sale in cui era in programma, da un'ondata particolarmente copiosa di nuovi film.

Se avete la fortuna di trovarlo ancora in programmazione, vi suggerisco di non perderlo perché è un romanzo avventuroso emozionante e anche commovente.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 14 aprile 2018
»» QUI la scheda audio)


 
 
 
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