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Alberto Figliolia: Guaguin. Racconti dal paradiso
03 Gennaio 2016
 

Note sparse, frammentarie come sogni, come la vita che è fatta di tanti pezzi | Il centro artistico è nel cervello e in nessun altro luogo (P.G.)

 

 

Una vita al di là dei limiti, oltre i confini, fra inesplorati orizzonti. Arcobaleno teso/sospeso fra più mondi. Un uomo, ovunque fosse, intriso di consapevolezza, dolore e felicità panica. Quante vite ha vissuto Paul Gauguin intrecciandole dentro di sé nell'avventura che furono i suoi giorni, nell'impresa intellettuale che lo condusse e spinse così lontano, nei frammenti di Polinesia in mezzo al Grande Oceano? Idoli, ombre, colori, il soffio dell'ignoto, la realtà rivisitata con occhi sapienziali, il sincretismo culturale ed esistenziale... Tutto ciò e altro ancora riaffiora visitando “Guaguin. Racconti dal paradiso”, la mostra che il MUDEC, il Museo delle Culture di Milano, dedica all'artista nato a Parigi il 7 giugno 1848 e morto l'8 maggio 1803 a Hiva Oa, una delle Isole Marchesi.

Dalla Bretagna alla Provenza, da Parigi alla Danimarca – la moglie Mette Sophie Gad era danese –, sino alla scelta estrema dei Mari del Sud in cerca di una società naturale, non corrotta, dove sviluppare una pittura potente, concreta oltremodo nonostante l'astrazione della speculazione, in una sintesi, in piena coscienza, mai tentata prima d'allora, la parabola di Gauguin è una delle più straordinarie sviluppatesi fra le biografie d'artisti, maudits compresi.

La mostra del MUDEC presenta alcuni autentici capolavori pittorici, europei od oceaniani che siano, ma colpiscono grandemente anche le sculture, lavori di rarissima forza, a testimoniare l'atavico legame fra uomo, terra e fuoco primordiale, così come, poeticamente e volutamente “primitivi”, i legni intagliati e dipinti, qualcosa che talora può passare sotto traccia in una considerazione globale dell'opera di Gauguin, artista invece a tutto tondo, completo, abile non solo nella tecnica e nella sperimentazione su tela, ma in ogni ambito e applicazione creativa. Anche le 10 zincografie della Volpini Suite sono magistrali nella loro varietà compositiva e di rappresentazione riprendendo temi e maniere della meditazione gauguiniana.

Fra le circa 70 opere si può ammirare, per la prima volta in Italia, l'Autoritratto con Cristo Giallo, in prestito dal Musée d’Orsay di Parigi, testimonianza non solo del fascino che l'arte “primitiva” esercitava sull'autore, ma anche, e soprattutto, dell'idea messianica che Guaguin nutriva in relazione alla figura dell'artista nel mondo, tanto da accostarsi alla massima sofferenza del Cristo e alla visione di riscatto che ne scaturisce.

Maha no atua (Giorno di Dio) dall'Art Institute of Chicago – dipinto in Francia nell'intervallo fra due soggiorni tahitiani; scena composita, enigmatica, rituale, a più livelli di lettura, costellazione di macchie-simbolo, “commistione di fonti iconografiche diverse... elemento imprescindibile della sua produzione”; Arearea no varua ino – lussureggiante nella sua trama di buio, di sognante (perduta?) innocenza; Vahine no te tiare (Donna con fiore) – il primo dipinto tahitiano di Gauguin a giungere in Francia, dove tuttavia non suscitò quell'entusiasmo che Paul si sarebbe aspettato; Arii matamoe – la testa mozzata del re (pare emanare un ultimo afflato) come un simbolo dell'artista che la società vorrebbe mettere a tacere, emarginare?... si snoda il più suggestivo degli itinerari.

Né le opere più giovanili o d'ispirazione non polinesiana – sempre che si possa etichettare una genesi così complessa – sono da meno. Sorprendente difatti è il Veliero alla luce della luna del 1878 – tardoromantico forse, ma di una sensibilità non di maniera: cupo e nel contempo lucidissimo –, mentre il Nudo di donna che cuce del 1880 è di straziante bellezza oltre che di un realismo psico-sentimentale finissimo, foriero d'interazioni. E, ancora, il Paesaggio di Arles, a evocare il pur fallito sodalizio con Vincent van Gogh, i Pioppi a Osny, il Pascolo alla Martinica, il Paesaggio con cavallo, Fiori e gatti – anche la natura morta non è mai scontata in Gauguin –, Paesaggio tahitiano con nove figure et alii.

Paul Gauguin lasciò questa terra dopo anni di dura malattia. Ma il suo lascito è eterno grazie al manifesto d'armonia delle opere che volle donarci.

La mostra è stata prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 Ore in collaborazione con Ny Carlsberg Glyptotek – che ospita una delle collezioni più complete al mondo di opere di Paul Gauguin – e promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura. La curatela è di Line Clausen Pedersen e Flemming Friborg, rispettivamente curatrice del Dipartimento di Arte Francese e direttore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen.

E non dimentichiamolo... Innanzi tutto, l'emozione! Soltanto dopo, la comprensione.

 

Alberto Figliolia

 

 

Guaguin. Racconti dal paradiso. MUDEC-Museo delle Culture di Milano, via Tortona 56, Milano. Fino al 21 febbraio 2016.

Orari: lun 14:30-19:30; mar, mer, ven e dom 9:30-19:30; gio e sab 9:30-22:30.

Info e prenotazioni: tel. 02 54917.


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