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Gordiano Lupi. Luigi Sartorio, vittima della 'giustizia' cubana? 
Una lettera dal Carcere Due Palazzi di Padova
05 Giugno 2015
 

Ho già parlato – forse tra i pochi in Italia – dei nostri tre connazionali condannati a lunghe pene detentive, dopo la morte di una baby prostituta al termine di una presunta orgia in una casa di Bayamo. Angelo Malavasi e Simone Pini, accusati di omicidio e corruzione di minori, sono stati condannati a 25 anni di galera, mentre Luigi Sartorio dovrà scontare 20 anni per il secondo capo di imputazione. Luigi Sartorio, dopo un lungo periodo in cui mostrava segni di squilibrio psico-fisico, disturbi segnalati senza esito al personale del carcere del Combinado del Este, si è visto diagnosticare un tumore al cervello ed è stato operato. Adesso si trova in Italia ma deve scontare la condanna nel carcere di Padova. Pini e Sartorio hanno proclamato la loro innocenza rilasciando dichiarazioni alla stampa straniera. Pini sostiene (e può provare) che non si trovava a Cuba quando si è verificato il tragico evento. Il cadavere di Lilian Ramírez Espinosa, 12 anni, era stato rinvenuto il 19 maggio 2010 in un luogo difficilmente accessibile, coperto dalla vegetazione spinosa, nella campagna alla periferia di Bayamo. La minorenne era asmatica e pare che avesse preso parte a un convegno erotico, ma la morte è sopravenuta per asfissia nel bagagliaio dell’auto, dove era stata nascosta prima di essere seppellita nei campi. I familiari degli italiani assicurano che i condannati sono innocenti e che i veri assassini di Lilian Ramírez Espinosa sono ancora a piede libero. Accusano il Dipartimento Tecnico di Investigazioni di Bayamo di aver fatto un pessimo lavoro, di aver fabbricato prove e usato comportamenti minacciosi, inganni, pressioni psicologiche e persino di aver usato le maniere forti per ottenere confessioni. Gli italiani assicurano che non si trovavano a Cuba nel giorno in cui è morta la bambina e affermano che le autorità ignorano deliberatamente le prove portate a sostegno del fatto che erano in Italia. In questi giorni ho ricevuto una lettera di Luigi Sartorio, adesso recluso in Italia, nel carcere Due Palazzi di Padova, estradato per motivi di salute.

La riporto integralmente.

 

 

 

Cuba: la mia storia incredibile

Carcere Due Palazzi Padova, 10/05/2015

 

Mi chiamo Luigi Sartorio, sono nato a Vicenza il 18/06/1966, e sono detenuto nel carcere Due Palazzi di Padova blocco 6 dal 17 marzo 2014. Ho una condanna di 20 anni per reato di corruzione di minore a Cuba per il quale mi sono sempre dichiarato innocente. Sono stato estradato in Italia a causa della recidività di un melanoma, e operato a Cuba (senza il mio consenso e quello dell’ambasciata Italiana) il 07/08/2012 per una metastasi al cervello. Voglio raccontare in breve la mia triste e incredibile storia. Sono un ex imprenditore e nel 2007 mi si riscontra un melanoma maligno con il 20% di possibilità di sopravvivenza. Dopo un periodo di sconforto, decido di affittare la mia azienda (che sarò costretto a svendere nel 2012). Ho coltivato la passione dei viaggi, amo l’avventura e preferisco il sud America. In un viaggio a Cuba conosco la mia attuale compagna nel 2009, e il 21/02/2010 nasce il mio primo figlio Lorenzo, nel frattempo la mia malattia regredisce e pertanto penso di ritornare a lavorare.

Nel giugno 2010 un mio amico italiano, Angelo Malavasi di Modena viene incarcerato a Bayamo, nell’oriente di Cuba, accusato di essere stato presente ad una festa con droga e sesso dove muore una ragazzina di 13 anni. Contro il parere della mia compagna che mi dice di dimenticare il mio amico perché Cuba è pericolosa, io telefono e vado dalla polizia di Cuba per avere informazioni, ma sarò trattenuto e accusato di avere partecipato al reato avvenuto il 14 maggio 2010. Incredulo affermo che quel giorno ero in Italia. Qui comincia il mio incubo. Per 14 mesi Cuba non formulerà un’accusa per iscritto e non risponderà alle lettere dell’Ambasciata che chiede spiegazioni. Per il fatto sono coinvolti 4 italiani, il sottoscritto, Malavasi, Pini Simone, e Fallani Daniele entrambi di Firenze oltre a 14 cittadini cubani di cui 4 minori. In prigione subisco torture, minacce, violenze, inganni, perdo 20 kg di peso corporeo; entro in un dramma senza fine, mai un avvocato, un traduttore al mio fianco. La mia famiglia produce prove inconfutabili che dimostrano che io il 14 maggio ero a Vicenza, queste prove timbrate al consolato Cubano di Milano costano più di € 22.000!

Dopo 14 mesi arriva l’accusa che derubrica il reato da omicidio a corruzione di minore imputandomi altri 4 reati: 20 e 27 febbraio, 6 e 20 marzo. Io non sono mai stato interrogato in merito a queste nuove accuse e a parere dell’avvocato nessuno degli accusati e delle minori coinvolte nelle investigazioni confermano le date e i fatti, vale a dire che il magistrato si è inventato tutto, lo dimostra il fatto che mai Cuba consegnerà i documenti e i video relativi all’investigazioni e al processo. Cuba mi concede appena 20 giorni per consegnare le nuove prove a difesa dall’accusa dei nuovi reati che non conoscevo.

Il processo a mio parere è una farsa, per Pini e Malavasi 25 anni per omicidio e corruzione per me 20 anni per sola corruzione, mentre il nome di Fallani, presente ai fatti dell’accusa, non appare nella condanna ed è sostituito da «uno straniero non indentificato». Anche Pini era in Italia il giorno della morte della minore, Malavasi era a Panama il 20 febbraio e Fallani, che si trovava in Italia, non viene estradato a Cuba dopo 7 interrogazioni del Magistrato Italiano che alla fine archivia il caso. L’Ambasciata Italiana assiste al processo e fa una relazione a nostro favore rilevando le varie irregolarità processuali e dell’investigazione. L’Ambasciata chiede a Cuba spiegazioni e le prove che portano alla condanna, ma ancora una volta non ottiene risposte. A giudizio del mio legale cubano, contro di me sono state inventate 2 prove: un riconoscimento fatto per il 14 maggio che il giudice ritiene valido per tutti gli altri accanimenti e un pelo trovato dopo 4.5 mesi, inutilizzabile per l’esame DNA. A riguardo dei nuovi 4 reati inventati ho molte prove a mia difesa: 44 testimoni, foto, video che dimostrano che mi trovavo a oltre 120 km da Bayamo, mentre proprio il 21 febbraio nasce mio figlio ed ero all’ospedale di Holguín, ma nonostante ciò la giustizia di Cuba mi condanna.

Questo è un periodo di grande sconforto, per 2 volte penso di togliermi la vita, non vedo speranza, mi sento impotente, ma penso a mio figlio Lorenzo, alla mia famiglia, che non mi ha mai abbandonato, e alla mia compagna cubana che ha rischiato la prigione solo per difendermi. Nell’aprile 2012 le mie condizioni di salute peggiorano: non mangio, non cammino, sono in uno stato di incoscienza da somministrazione di psicofarmaci aiutato solo da Pini, l’italiano che si trova con me in prigione. L’Ambasciata si lamenta con Cuba, mai una visita specialistica, mai una TAC. A luglio la terribile diagnosi: metastasi di grosse dimensioni nel cervello. Cuba promette un rimpatrio rapido che avverrà dopo 8 mesi. Alla mia partenza la Console Oddi (che è un avvocato) mi rassicura che in Italia non farò molto carcere, anche il medico e il garante dei detenuti del carcere di Rebibbia dichiareranno la mia incompatibilità con il carcere, in seguito si dirà che il cancro non è grave e che non sono in pericolo di vita.

Il mio avvocato cerca l’appoggio del Ministero degli Esteri per una revisione di causa che per legge deve essere accettata da Cuba, ma, da come quel paese ha condotto il caso, penso non lo farà mai. Io non ho avuto un processo regolare, e questo è confermato anche dalla relazione dell’Ambasciata. I rapporti diplomatici con Cuba risultano difficili e il trattato tra i due paesi non sempre viene rispettato. Nel trattato di trasferimento tra Italia e Cuba vi è anche la possibilità di adeguare la pena che, sottolineo, è ingiusta ed esagerata. Il 14 luglio 2014 a Venezia si è discusso il mio caso. Il Giudice rigetta l’istanza, spiegando che avrei dovuto chiedere l’adeguamento quando ero a Cuba, il giorno che avevo accettato la mia condanna a 20 anni, quando altrimenti Cuba non mi avrebbe trasferito. Voglio ricordare che nessuno mi aveva parlato di adeguamento e il mio obbiettivo era di lasciare Cuba, oltre alla speranza di risolvere il mio dramma in Italia e di curare la mia malattia, e poi ero spinto dalla paura che Cuba non confermasse il mio trasferimento, come poi è successo con Pini e Malavasi. Ero in un paese che ha condannato Pini per omicidio e Malavasi per altri reati, sebbene non ci fossero prove chiare che essi si trovassero a Cuba. Non ho avuto un processo regolare e questo è tutto confermato dall’Ambasciata italiana.

Cuba ha fatto molte illegalità e non rispetta nessuno, non rispetta il trattato dove è scritto che i due paesi devono collaborare, non risponde alle lettere dell’Ambasciata Italiana. Mai saprò perché il regime di Cuba mi ha coinvolto in questo reato, per il quale nessuno mi accusa e dove è chiaro che la polizia cubana ha inventato e fabbricato prove, come il pelo trovato e il riconoscimento del 14 maggio, mentre poi mi viene riconosciuto il fatto che ero in Italia. Mi domando: è una colpa andare a Cuba dove vive mio figlio e aiutare un amico italiano? Ero incensurato, ho sempre fatto una vita onesta. Come si può accettare una condanna ingiusta ed esagerata? A chi il compito di far luce su questo mio dramma? Sono state fatte per me tre interrogazioni parlamentari (Marcanzan dell’Udc, Sbrollini del PD e Poretti dei Radicali). Tante domande ma nessuna risposta. Il 20 maggio 2015 a Roma ci sarà la Cassazione per l’Adeguamento.

 

Luigi Sartorio


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