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Maria Paola Forlani. 2013: “Maestoso, Allegretto con incubi” 
Autodramma della gente di Monticchiello
25 Luglio 2013
 

Il crollo di un palcoscenico, nel silenzio. Inizia così il 47º autodramma del Teatro Povero di Monticchiello (Pienza), ‘in piazza’ anche quest’anno con un nuovo spettacolo: 2013, Maestoso, Allegretto con incubi. Drammaturgia partecipata da un intero paese, tradizione sperimentale che ogni anno propone un nuovo testo: questa volta dal 20 luglio al 14 agosto, esclusi i lunedì 22, 29 luglio e 30 agosto.

Un crollo, dunque, maestoso e inesorabile come quello di una società sottoposta a continue scosse, senza assestamenti in vista. Cui segue, però, l’immediata necessità di passare oltre. Inventarsi il futuro potenziale, per quanto piccolo.

Ecco dunque una famiglia, nucleo comunitario di base, ingegnarsi per far fronte a una vita che è nuova e al tempo stesso antica: povertà e scarsità di risorse tornano dopo breve parentesi, poche generazioni soltanto, quando il loro racconto è ancora moneta che passa di tasca in tasca. La diversa dimensione dei componenti si articola tra il disincantato cinismo di un figlio pieno di risentimento, l’ingenua e ottimista fiducia di una figlia e il misterioso, ostinato sil

 
enzio di una vecchia discendente, si dipana così una storia collettiva piena di incertezze e slanci. Affrontando marionette che nascondono i nostri lati oscuri e inseguendo utopistici sogni di solidarietà comunitaria, si segna la strada per ridare voce a un “popolo dei vinti” che ancora, nonostante tutto, prova a resistere. Anche a se stesso.

Ma sono incubi persistenti che invadono il sonno della madre: «…dentro di noi si sta male. Dentro, dentro… La notte io non dormo e se dormo a un tratto mi sveglio perché ci ho mille preoccupazioni…». Negli incubi tutti quanti siamo vittime delle nostre energie rinnegate. La nonna addormentata, che aveva smesso di parlare, viene avvolta nel buio della notte, in forte contrasto con i profili di ombre allungate e dalle luci sinistre che escono dal soppalco, accompagnate a voci fruscianti e ancora senza contorni. Poi si profilano figure spettrali, mostruose. La consapevolezza di una diversa dimensione, di una dimensione sconosciuta, crea nella nonna una valenza concreta nel recepire il ‘male’, “il sonno della ragione genera mostri”, secondo l’antico motto goyesco, percepito dall’immaginifico quadro del regista-artista Andrea Cresti. Entra “la Voce Amica”, è una testa decapitata che spunta dall’oscurità e cerca di spiegare e presentare gli “incubi” alla nonna e le loro ‘devianti crudeltà’.

Escono uno ad uno dalla botola in un fantastico visionario, creato da una messa in scena di orrido perturbante, di allegretto con ritmo, con luci giallo violaceo, per rituffarsi velocemente nel ‘sottosuolo’. La recitazione caricata e violenta, tende a raffigurare deformazioni grottesche di una irrealtà esasperata, il forte soggettivismo della recitazione della ‘nonna addormentata’ e i marcati chiaroscuri create dalle luci di scena, esprimono in forma ironica il disagio degli umani afflitti dalle ombre del male. La sfiducia, la negatività della condizione umana, il senso d’isolamento dell’individuo, la ferita degli orrori di una politica senza ‘termini di solidarietà’ e di sconfitta a causa dell’impotenza dell’uomo di abbattere tutti questi ‘individualismi di potere’, crea “il popolo dei vinti”. Nel visionario del Teatro Povero il bisogno di evasione dalla sconvolgente sconfitta dal “duro cammino quotidiano”, “il lato oscuro” dell’esistenza trova una ‘catarsi’ in cui rispecchiarsi dalla presenza e vitalità dei burattini che narrano una storia che è la loro altrettanto difficile vita di ‘sconfitti’ e la loro ribellione da un’esistenza inesorabile di “popolo dei vinti”.

Le voci dell’Incubo diventano sempre più aggressive, la nonna ricorda «…ci s'è messo un gomicciulo che ‘un si vole sgomicciulà. Ma lo troverò… ‘l modo di sgomicciulallo». La nonna comincia a chiudere tutte le botole con violenza, prova a ricacciare nel buio quelle ‘forze del male’, ma loro continuano a comparire beffarde, sempre più incalzanti nelle loro minacce di ingiustizie e di dolore.

In questa atmosfera visionaria e surreale i demoni notturni, usciti dagli abissi di botole misteriose, con voci sinistre sempre più minacciose, ripetono un intercalare devastante, senza speranza, mentre i burattini si riaffacciano agitatissimi dal loro palcoscenico… In scena entrano i popolani, atterriti, spaventati, ma, alla fine, hanno il coraggio di chiudere le botole infernali. Le voci dell’incubo risuonano, ancora, minacciose, la lotta di sopravvivenza continua con coraggio e solidarietà, mentre una voce che viene da lontano, modulata dalle corde di una chitarra cubana ha il sapore della speranza ed accompagna la rivolta fino al buio completo.

 

Maria Paola Forlani


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