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Alejandro Torreguitart Ruiz. Il canto di Natale di Fidel Castro #2. 
Il primo dei tre spiriti
Hernán H.,
Hernán H., 'L'uomo Nuovo' 
19 Dicembre 2009
 

2 – Il primo dei tre spiriti


Quando Fidel si svegliò era mezzanotte. Non comprendeva quanto tempo fosse passato da quando si era coricato. Non poteva aver dormito un giorno intero, forse i meccanismi del suo orologio erano difettosi, forse si era inceppato qualcosa nel vecchio quadrante. In ogni caso adesso era sveglio e avrebbe atteso lo spettro che doveva fargli visita tra poco meno di un’ora. Il fantasma non si fece attendere, all’ora stabilita un fascio di luce inondò la stanza e un volto indefinibile, non giovane né vecchio, immerso nella luminosità fluorescente, si trovò di fronte a Fidel che nascondeva il volto tra le lenzuola del letto. Lo spettro aveva capelli lunghi, barba folta, un corpo muscoloso, atletico, indossava un grande cappello, teneva un sigaro in bocca e sorrideva. Fidel lo riconobbe subito.

Camilo… – mormorò.

Vedo che non scordi i vecchi compagni, Fidel.

Come potrei?

Rammenti come sono morto, vero?

Fidel lo ricordava bene, anche se non aveva mai potuto confessarlo a nessuno. Camilo Cienfuegos era morto in un incidente aereo avvenuto a Oriente mentre rientrava da una missione. Nessuno aveva mai capito come fosse potuto accadere a un pilota esperto come Camilo. Molti sospettarono un sabotaggio ordinato da Fidel, ma nessuna certezza prese il posto dei dubbi. Fidel sapeva la verità e pure lo spettro.

Non sono qui per ricordarti la mia fine. Voglio farti rivivere la tua infanzia, il ricordo del Natale che non hai mai festeggiato, gli amori che non hai mai vissuto e tutti i compagni che hai tradito.

Lo spettro di Camilo prese per mano Fidel. Lui chiuse gli occhi e si sentì trasportare nel vento, lasciandosi andare al gioco delle sensazioni d’un tempo, volando come un uccello nel cielo surreale del passato.

Ricordi questo posto? – chiese lo spettro.

Certo, è il paese dove sono nato. Potrei ripercorrere la strada a occhi bendati. Conosco ogni luogo, la scuola dove studiavo, i campi dove giocavo, lo stagno dove venivo a fare il bagno con Raúl. Ricordo gli amici, le passeggiate in campagna, le serate all’aria aperta a raccontare i nostri sogni davanti al focolare.

Hai lasciato questa campagna per andare a studiare in città. Sei diventato avvocato, ti sei messo in politica e hai cominciato a girare per L’Avana con una pistola in tasca. A quel tempo entrare in politica voleva dire fare i conti con i gangster. Tu sei stato uno di loro, ricordi?

Fidel sapeva che era vero, ricordava che aveva dovuto tradire molti compagni per farsi largo in una vita politica guidata da bande, che spesso si trasformava in lotta armata. Il volo dello spetto condusse Fidel sul Malecón dell’Avana, gli mostrò il volto sorridente di Mirta, la donna che aveva abbandonato per seguire altre avventure, nonostante Fidelito, quel primo figlio da poco venuto al mondo.

Portami lontano da qui, spettro. I ricordi mi fanno star male.

Lo spirito di Camilo sorrise. Era proprio quello il suo compito. Far soffrire. Lui lo sapeva bene. Lo spettacolo era appena cominciato.

Quando sei fuggito in Messico non hai più visto tuo padre. Lui si è sentito abbandonato. Voleva un figlio avvocato che curasse le terre e facesse da amministratore. Tu pensavi solo alla politica.

Era il mio futuro… – mormorò Fidel.

Quanta gente hai sacrificato sull’altare del tuo futuro! E i ragazzi del Moncada? Quanti giovani sono morti per un atto di follia scellerata? Sapevi bene che quell’attacco avrebbe portato una disfatta sicura, ma il tuo sogno esigeva un tributo di sangue.

Fidel rivide i corpi senza vita dei ragazzi, sentì sulla pelle le ferite dolorose inferte dalle torture dei soldati di Batista, udì le grida lancinanti di uomini che cadevano sotto colpi di fucile, ma soprattutto di coloro che morivano assassinati dagli sgherri del regime.

Eravamo giovani e inesperti. Non credevo che sarebbe finita così. E poi avevamo un sogno da compiere, volevamo costruire un mondo migliore.

Lo spettro riprese per mano Fidel e lo portò in volo sulla Sierra Maestra, tra le nebbie soffuse del primo mattino e il caldo appiccicoso della montagna. Il dito accusatore si spinse a mostrare uomini massacrati…

Erano processi sommari. Non tutti avevano la tua fede e il tuo coraggio. Tu facevi fucilare chi voleva fuggire e chi non se la sentiva di stare su quei monti a combattere.

Sarebbe stato pericoloso lasciarli liberi.

Le grida di quei ragazzi tormenteranno per sempre la tua coscienza.

Lo spettro portò Fidel ancora una volta all’Avana, il primo gennaio del 1959, lo fece assistere a un ingresso da trionfatore, tra colombe che volavano e si posavano sulle spalle, un palco pieno di fiori e speranze, gente che gridava di gioia e un figlio ritrovato da abbracciare.

Sembrava tutto perfetto, Fidel. Potevi realizzare il tuo sogno, ma ti accorgesti che non aveva molto in comune con ciò che volevano molti compagni. Tu pretendevi il potere e non c’era spazio per la libertà, per ascoltare le parole degli altri, per il confronto. Per questo ti sei liberato di Huber Matos, di Carlos Franqui e di tante scomode presenze che ostacolavano il tuo cammino.

Fidel ricordava bene il passato, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di mettergli davanti certi fatti, di esporre accuse circostanziate e inconfutabili. Lo spettro di Camilo conosceva bene la sua vita.

E poi tutto il resto, Fidel. Ti sei lasciato suggestionare dall’orgia del potere. Che Guevara è andato a morire in Bolivia e tu non hai fatto niente per fermarlo né per aiutarlo.

Fidel vide d’un tratto la foresta boliviana, un uomo ferito, catturato, massacrato a colpi di pistola, esposto come un Cristo deposto su un tavolo di marmo. Ricordava le mani mozzate, un sorriso, l’amicizia che li aveva uniti per tanto tempo, dal Messico alla Sierra. Cuba aveva bisogno di un solo padrone e lui non poteva condividere il potere con nessuno.

Hai venduto la nostra terra ai russi, Fidel. Non esisteva gente più lontana dalla nostra cultura. Hai trasformato un popolo caraibico in una massa informe di marxisti-leninisti, senza che nessuno comprendesse cosa volessero dire quelle due strane parole.

Fidel rivedeva quei tempi. Tutto sommato il suo popolo aveva goduto di un certo benessere. Lui pensava di non averlo fatto solo per il potere…

La crisi dei missili è stata un’altra follia. Hai portato il mondo sul baratro della Terza Guerra Mondiale. E poi la guerra d’Angola. Le madri che hanno pianto figli morti o impazziti per quello che chiamavi internazionalismo, ma era soltanto sete di potere.

Fidel rivisse tragici istanti di guerra africana, vide volti di ragazzi privi di vita accanto a cadaveri di compagni morti. Ricordò d’un tratto quando Nikita Krusciov ritirò i missili e soffrì ancora una volta un senso di inutilità, come se fosse stato solo una pedina nelle mani dei russi.

Non è finita qui. I russi ti hanno abbandonato e sei rimasto solo. Il muro di Berlino è crollato e ti sei ritrovato a difendere vecchie idee sulla pelle di un popolo stanco. Il periodo speciale ha trasformato Cuba nel casino del mondo, turisti a caccia di sesso, ragazzine sul lungomare con vecchi europei, ideali alla deriva…

Fidel seguiva le parole dello spettro e soffriva. Sentiva il peso del passato sulle sue spalle provate dagli anni e dalla malattia. Non ce la faceva più a sopportare la tortura dei rimorsi. Lo spettro di Che Guevara aveva proprio ragione. Se esisteva ancora un modo per salvarsi doveva trovarlo prima che fosse troppo tardi.

Lo spettro di Camilo cominciò a stemperarsi nelle prime luci dell’alba. Il suo compito era finito. Lui doveva soltanto mostrare tutto ciò che Fidel aveva fatto in passato per fargli capire che aveva tradito la fiducia di un popolo e di tante persone che avevano creduto nelle sue idee. Fidel lo vedeva svanire mentre tornava a infilarsi tra le coperte di un letto disfatto provando ancora una volta a prendere sonno, sperando che fosse tutto un orribile incubo dal quale si sarebbe presto risvegliato.


Alejandro Torreguitart Ruiz

L’Avana, 1 - 8 dicembre 2009

Traduzione di Gordiano Lupi


2 - segue

(Brevi note biografiche dell'autore del racconto e dell'autrice delle illustrazioni sono riportate in calce al 1° capitolo)


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