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Su Poesia e Società. Lettera frecciante per Marco Cipollini di Luciano Canova
11 Dicembre 2007
 

Buonasera, leggo su Tellusfolio la piccata e sentita risposta di Marco Cipollini al mio commento.
Seguendo il suggerimento, ho stampato il suo saggio (anche se mi permetto di ripetere che i contenuti multidimediali e la letteratura su Internet dovrebbero avere, per necessità, un'altra brevità).

Non intendo dilungarmi: dico solo

Caro Marco,
vada al parco
oppur si eserciti
un po' con l'arco.

Anche leggendo tutto il saggio, e avendo letto prima alcuni articoli del professor Cipollini a proposito delle arti figurative, non condivido la sua posizione nostalgica.
Grazie, intanto, per la bacchettata sull'impossibilità di provare nostalgia se non rispetto al passato: a dire il vero, non sono convinto che non si possa provare nostalgia anche per il futuro. Secondo me, è proprio la chiave per cambiare il presente e andare avanti: Einstein la relatività l'ha scoperta proprio così. Provando una sorta di nostalgia del futuro.

Comunque, il professor Cipollini scrive cose assai sensate e giuste sui concorsi letterari e sul mercato dell'editoria: aggiungo che mi sembrano parecchio ovvie e, appunto, non tali da arricchire granchè il dibattito.
Rimango dell'idea che la poesia italiana viva una stagione di fervore (non conosco altre parole, mi spiace) e i nomi che ho fatto hanno ottenuto importanti riconoscimenti non esattamente al Bar Sport (per quanto, amerei vincere una Luisona d'Oro del sonetto).
Sono d'accordo sull'importanza della lettura, ma non è che bisogna necessariamente essere così compiaciuti nel far vedere cosa si è letto: in questo mi sento molto pennacchiano ed è una delle ragioni per cui non avevo letto tutto il saggio del professore.
Credo sia un diritto da riconoscere in una qualche carta universale.

Non so, a me viene sempre in mente il punto triste e e disperato di Flatlandia e ribadisco pure il concetto di isteresi della crisi. L'arroganza del saccente che vede il suo amor proprio minacciato da qualsiasi contrarietà oppure il presuntuoso che ritiene che i proprio umori e le proprie rabbie costituiscano il termometro dell'universo.

Ho scritto quelle rime stupide all'inizio della mail sperando di fare cosa gradita al professor Cipollini: parole sgangherate e rime che riescano a spaventarlo, così che magari nel prossimo scritto faccia un po' meno citazioni a singhiozzo.

Un salutone

 

Luciano Canova


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