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Valeria Manieri. Insomnia café 7. Pensieri etilici
26 Settembre 2007
 

Con la testa leggera e i piedi fumanti dopo balli, canti, zompi e festeggiamenti, per il compleanno della mitica Liliana Ingargiola (il movimento femminista – era militante del Movimento di Liberazione della Donna, federato al Partito Radicale – e i radicali le devono qualcosa) eccomi fedele alle consegne davanti al mio pc.

Visto che sono in fase impegnativa con esami tra pochi giorni, interviste, trasmissioni e lavoro, ho deciso che le prossime righe saranno una rapsodia. Anche perché sono un po’ brilla.

Voglio fare un po’ come i poeti maledetti e scrivere le mie cazzate sotto l’effetto dell’alcool. A vostro e mio pericolo. Vi confesserò disordinatamente tutte le cose più assurde che mi sono venute in mente in questa ultima settimana e nei momenti più strani, saltando completamente di palo in frasca.

 

Alle 22 di lunedì, dopo che mia madre mi ha detto che secondo lei sarei una pessima madre se disgraziatamente volessi un giorno avere dei pargoli, ho capito che voglio avere almeno una bambina e chiamarla Greta, in onore di una mia vecchia baby sitter un sacco alternativa e con i vestiti sempre sdruciti e strappati. Mi raccontava quotidianamente fantastiche storie di cani che le mordevano i jeans o la giacca sull’autobus o cose che le si impigliavano e stracciavano accidentalmente. Io, polla, ci credevo. Con l’età della ragione sono arrivata a capire che erano strappi alla moda e facevano figo. Comunque anche se non era un genio la mia baby sitter alternativa avrà avuto anche un suo perché se il nome mi è rimasto impresso… o sarà per via della Garbo e del suo fascino? Se ho due figlie, vorrei sempre femmine, e dopo Greta vorrei Sofia… in culo ai cinesi che le sopprimono le figlie femmine e anche a rientro dolce e la bomba demografica (sorrisino) e anche mia madre alla fine dovrà rassegnarsi che pure io qualcosa da dire alle mie bimbe ce l’avrei.

 

Martedì alle 22 ho capito, nel bel mezzo del salone del Partito Radicale, che Giovanni De Pascalis disegna linee della metropolitana anche a tempo perso. L’ho visto. Io ad esempio disegno casette, ghirigori, scrivo il mio nome in modo autocelebrativo, lui no. Lui disegna la metro c. E mi pare giusto.

 

Lo stesso giorno, nello stesso posto più o meno qualche minuto dopo le 23, ho capito che Marco Pannella è molto fantasioso quando manca ad un appuntamento e ti dà buca. Però ne apprezzo la creatività e lo amo così com’è. Addirittura aveva capito che lo avessi invitato a una cena e non a una riunione. Roba che manco Crudelia Demon, dal momento che era pure in sciopero della fame. E comunque mi avrebbe dato buca lo stesso. Volevo fargli una pernacchia ma mi è uscito solo un sorriso d’amore quando lo ha detto alla riunione. Marco ti adoro. Sono una di quelle che l’amore per Pannella l’ha scoperto senza colpi di fulmine, ma con il tempo. Sono certa che la cotta non passerà mai.

 

Mercoledì guardando Sex and the City in dvd ho capito che Umberto Veronesi quel suo articolo sulla bisessualità divenuto molto celebre, specie tra i radicali, lo ha rubato a Samantha dell’omonimo telefilm americano. Sì, l’amica allegra di Carrie, quella che va indistintamente con uomini e donne. Nella puntata che ho visto diceva più o meno che fra qualche anno saremo tutti bisessuali, anzi pansessuali e la cosa che si chiederà in giro non sarà “ti piacciono le donne o gli uomini? Sei etero o omosessuale?” bensì “quanto sei bravo a farlo?”. Condivido. Insomma onore e copyright a Samantha di Sex and the city. Queste serie tv ogni tanto sono un sacco avanti

 

Giovedì non ho avuto particolari illuminazioni. Il mio cervello era in sciopero.

 

Venerdì tornando a casa, in fila su lungotevere, a un semaforo anziché essere importunata da un lavavetri che sarebbe certamente dovuto finire in prigione immediatamente secondo le geniali trovate che ultimamente fanno tanto notizia, sono stata rimorchiata da un giocoliere spagnolo che lanciava in aria bastoni infuocati in uno spettacolino estemporaneo tra un rosso e l’altro al semaforo. Arriva da me e gli dico che non ho monete e in effetti era così. Lui mi ribussa al finestrino. Io apro e mi fa di corsa: “che mi frega della moneta, macché moneta, il tuo cellulare!” E io : “minchia mi sembra un po’ cara la tariffa!”. Ho capito dopo che voleva il mio numero, non il cellulare intero. L’ho capito mentre tutta la fila di macchine e passeggeri a bordo delle autovetture ridevano e sghignazzavano. A loro aveva chiesto solo offerte, a me un appuntamento. Quando si dice la fortuna. Però era carino e simpatico, e per un attimo mi è sembrato di riconoscere nella sua parlata veloce e scivolosa, con tutte quelle b e v scambiate, il mio amore liceale, mister chico. Un déjà vu, poi un sorriso e via, verso un altro semaforo, un altro rosso, un’altra storia.

 

Sabato notte ho sognato che avevo una rissa con Daniele Capezzone. Io gli dicevo che era come tutti gli altri e lui sorrideva, pacato, come solo lui riesce a fare. L’ultima cosa che ricordo è che gli gridavo “decidere ‘sta minchia”. L’ho raccontato a Nicolas l’indomani e lui rideva. Io un po’ meno. Gli incubi politici non li avevo mai fatti.

 

Domenica, alla stazione Termini, cioè oggi, ho capito che la stazione Termini negli ultimi mesi l’ho vista un po’ troppe volte. Ho ricordato che troppe persone care salgono su treni che li portano in altre città o in aeroporti a prendere voli per altre mete, lontane, spesso dall’altra parte del mondo. Che tutto si muove e scorre e che riusciamo a tenerci ancora per mano, con grande maestria e amore. Incredibilmente. Ma mi mancate tutti. Dalla torre che pende, passando per la Madonnina, fino alla Grande Muraglia.

 

Valeria Manieri

(da Notizie radicali, 25 settembre 2007)


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