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Giubileo: il vento del Vangelo può scuotere i cristiani e la Chiesa
08 Dicembre 2015
 

Tre caratteristiche del Giubileo 

Questo Giubileo bisognerà viverlo, bisognerà seguirlo bene, bisognerà capire e proporre. Nella “Bolla” di indizione Misericordiae Vultus (M.V.) ci sembra ci siano le premesse per un grande evento religioso. Tre caratteristiche ci appaiono in partenza evidenti. La prima è quella di un Giubileo particolarmente legato al magistero di papa Francesco, la bolla di indizione riprende ed approfondisce il suo messaggio sulla misericordia e sul perdono indicando un modo di vivere il Vangelo che è ora poco evidente nella catechesi ordinaria gestita dalle strutture ecclesiastiche. La seconda caratteristica è quella di indicare il Giubileo come il momento di rilancio del messaggio conciliare. Il punto 4 della “Bolla” motiva la data di inizio, il 50° anniversario della conclusione del Concilio. Infatti: «la Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile». Poi la “Bolla” riprende il discorso di apertura del Concilio dell’11 ottobre 1962 di papa Giovanni sulla «medicina della misericordia piuttosto che quella del rigore». In questo testo papa Francesco sceglie, tra le due ermeneutiche sul ruolo del Concilio (continuità o rottura con la storia della Chiesa?) la seconda (“un nuovo percorso nella storia della Chiesa”). La terza caratteristica riguarda il Giubileo “diffuso”che viene proposto in ogni sede possibile, le porte sante saranno innumerevoli, in ogni cattedrale, in ogni santuario e nelle carceri (M.V. n. 3 ultimo paragrafo). L’apertura della Porta Santa a Bangui nella Repubblica Centroafricana è stato un messaggio importante, in controtendenza rispetto alla assoluta centralità di Roma, che nella storia ha caratterizzato giubilei che avevano anche o soprattutto la funzione di rafforzare il ruolo del pontificato nella Chiesa.

L’ispirazione di fondo del Giubileo vuole essere -ci sembra- lo stesso DNA del nuovo corso proposto alla chiesa dal papa. Come dice Giovanni Miccoli: «La misericordia nella visione di Francesco, non è una mera traduzione pratica della dottrina. È in primo luogo la strada per verificarne i caratteri e i modi di essere, anche per metterla, quando è il caso, in discussione. Essa regola, controlla e limita ogni richiamo alle norme consolidate della dottrina, ne condiziona e ne orienta l’applicazione, svelandone le distorsioni quando esse pretendono di diventare momento primario ed esclusivo della vita e dei criteri di azione della Chiesa» (vedi Anno Santo, Carrocci editore 2015, pag. 117).

 

I segni dei tempi di oggi….

Se questa è l'impostazione del Giubileo il problema, da oggi fino alla sua conclusione il prossimo 20 novembre, è quello di capire come esso saràgestito e vissuto. Facciamo qualche riflessione. Ci pare che si debbano riprendere e meditare le radici bibliche del Giubileo contenute nella Bibbia: Levitico 25 8-12, Isaia 61 1-2 e infine Luca 4 18-19. Dobbiamo capire come la restituzione della terra, la remissione dei debiti e la libertà agli schiavi possano essere vissuti oggi, dobbiamo capire quali siano i “segni dei tempi” per poter proporre e vivere un Giubileo che sia qualcosa di più della sola pratica individuale, pure importante, delle opere di misericordia temporale e spirituale. Sotto gli occhi abbiamo “segni” fin troppo visibili: le nuove sofferenze determinate dalla crisi economica che colpiscono soprattutto i soggetti più deboli, i migranti, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, il permanere e l'aggravarsi delle disuguaglianze nel mondo e soprattutto l'aggravarsi drammatica degli scenari di guerra. Non può essere un Giubileo atemporale, fatto solo di preghiere e di confessioni, espressione di una religiosità individuale, che naturalmente è positiva ma è del tutto insufficiente. Possiamo iniziare un Giubileo senza condividere quanto ha scritto Pax Christi in questi giorni sulla pace e la guerra nel mondo?

 

la religiosità popolare

Questo Giubileo nel suo spirito ci sembra sia proposto e destinato a tutti gli uomini della terra che abbiano una sensibilità spirituale. Nella “Bolla” il Giubileo viene indicato come un possibile fondamento del dialogo interreligioso. Per l’ebraismo e l’islam l’attributo di “misericordioso” a Jhavè e ad Allah è forse il più importante. Non viene invece indicato il Giubileo come occasione di incontro ecumenico. Ci sembra che abbia fatto ostacolo a questo allargamento lo stretto legame che nella storia ha abbinato la pratica del Giubileo a quello delle indulgenze, causa prima dalla rottura di Lutero. Di qui, una prudenza, comprensibile ma che deve essere superata.

Nei prossimi mesi giubilari ci preoccupa seriamente la possibile generalizzata deriva, senza correzioni, verso le forme di pietismo che caratterizzano molti aspetti della religiosità popolare ritenuti propri del Giubileo (pellegrinaggi, indulgenze, porta santa…). Se essi non saranno interconnessi col messaggio biblico e con la consapevolezza della dimensione pubblica, collettiva del peccato, si rischia un Giubileo di conservazione del modo tradizionale di vivere nella Chiesa piuttosto senza il vento nuovo dello Spirito che aspettiamo. Una proposta interessante ed efficace può essere quella di organizzare il venerdì Santo riti collettivi di perdono e di misericordia (che sostituiscano la confessione individuale) legati da una parte al vissuto del Popolo di Dio presente al rito dall’altra alla situazione e ai problemi del mondo. Oppure può essere quella di riprendere seriamente la campagna per l’annullamento del debito dei paesi poveri. Ma tante altre potranno essere le proposte concrete indispensabili per un Giubileo che faccia i conti con la realtà di oggi a livello universale .

 

Le indulgenze

Una riflessione particolare merita la questione delle “indulgenze”. La vicenda storica di questo istituto, di origine solo medioevale, credo sia abbastanza conosciuta, densa di errori e di degenerazioni. La dottrina tradizionale fu confermata nel Catechismo del 1992 (numeri 1471-1479) sulla scia della Costituzione apostolica Indulgentiarum Doctrina di Paolo VI, del 1967. Ora nella “Bolla” di papa Francesco si parla di “indulgenza” e non di “indulgenze” e non si parla più di “remissione della pena temporale dei peccati”. «C’è un capovolgimento di prospettiva», scrive Giannino Piana (su Rocca del primo dicembre). «Oggi essa è compresa come il dono di vita rinnovato da Dio all’uomo peccatore attraverso la missione di Gesù». Possiamo dire, con tutta tranquillità, che siamo di fronte a una vera e propria svolta nei confronti della dottrina tradizionale e di quanto ha capito e ha vissuto fino ad ora il cattolico di normale sensibilità e appartenenza ecclesiale. Pochi se ne sono accorti ma siamo di fronte ad una rottura rispetto al passato come ce ne sono state altre nella storia della Chiesa. Essa ci pare di buon auspicio per il dialogo positivo che nel 2017 dovremo avere con le sorelle e i fratelli evangelici, a 500 anni dall’inizio della Riforma.

Ci sono le premesse per un atteggiamento fiducioso e di coinvolgimento in questo Giubileo per vederne e viverne lo spirito, ignorandone e contrastandone tutti gli aspetti solo rituali.

Roma, 7 dicembre 2015

Noi Siamo Chiesa


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