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Alberto Figliolia. Anagrammando Sergio Marchionne
15 Gennaio 2011
 

Non ci crederete mai, ma uno dei tanti anagrammi che ci si può divertire a fare con il nome e cognome dell'amministratore delegato della FIAT, l'italo-canadese e accanito fumatore Sergio Marchionne, il manager dall'abbigliamento informale, è – absit inuria verbis Ho mercenari sogni. Niente male, vero? Ma anche, divertiamoci un po', ché di questi tempi grami e magri (altro anagramma) non guasta, Orge in mascherino (davvero grottesca). Sempre, s'intende, absit iniuria verbis. E, volendo continuare, nel post referendum Mirafiori che ha marchiato, seppur di pochissimo, il sì Ne marcherò ogni sì (esiste un Grande Fratello dell'occhiuto controllo aziendale?) o Si recheranno mogi (gli operai a votare) all'accettazione (chiamiamola così) dell'accordo (chiamiamolo così) per salvare (diciamo così) il lavoro di un po' di gente... Sorgerò in maniche oppure Sorge in monarchie: il trionfo figurato e concreto del capitale finanziario nella trionfalistica era del profitto e del lavoro-servitù-abbrutimento.

Quanto guadagna un operaio FIAT a fronte di un duro e usurante lavoro? Quanto guadagna oggi un operaio anche non FIAT? Un operaio in catena di montaggio? Vero è che anche un giovane laureato oggi è condannato alla miseria esistenziale ed economica del precariato. Il precariato delle possibilità che ti vengono offerte. Più di quel che guadagna (tantissimo) Marchionne sarebbe interessante dire quanto non guadagna un disoccupato o un sottoccupato o un occupato a determinate condizioni (forse l'Italia è l'unica democrazia occidentale dove il binomio avere un lavoro-non avere un lavoro è talora una moneta con due facce dello stesso dramma). L'Italia che festeggia il 150° potrebbe anche adottare come slogan il... VIVA LE CASTE! La Costituzione Italiana, approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, al suo articolo 1 recita che «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Sul lavoro, badate bene, non sullo sfruttamento del lavoro. L'art. 2 poi parla di «diritti inviolabili dell'uomo», di «solidarietà politica, economica e sociale». Ma lasciamo stare e torniamo al nostro gioco anagrammatico.

 

Sgominerò chi eran

In sogni ho cremare

Gemo... rischieranno...

Gerarchie-monsoni

Morsicherai gonne

Gonne schiariremo

Gonne schiarì Remo

Mi raschierò gonne

Roghi sì, non camere

Sono camere-ringhi

Non gremirò chiesa

Ho caserme, non giri

Ergo in mascherino

Ergo maschero inni

In ogni Es marcherò

Gemi... non raschierò...

Giocheranno risme

Maschero giri-neon

Gremirono schiena

Ho in ogni scremare

Ne raschierò gnomi

Nero schiera gnomi

Ne' giorni maschero

In monache risorge

Maschero inni-orge

Maschero orge-inni

Marchierò: insegno

Non giocherà risme

Marcherei sognino

Monache, re, signori

Sgranchiremo noie

Magiche non risero

Ogni nero mascheri

Sgranchire mio neo

Schiera re, non mogi

Non schierare mogi

Mogi non schiererà

Neo schernirà mogi

Schermirà ogni neo

Mascheri noi rogne

Germini anche orso

Ogni re scherniamo

Schermano origine

Scherniamo in orge

 

Piacevole come gioco, no? Realtà, surrealtà e metarealtà (anche mezze realtà) si mescolano. Immagini bizzarre e situazioni concrete. Cose buffe e altre orride. Dal punto di vista tecnico diciamo subito che trattini, accenti, apostrofi, segni di interpunzione, uso diverso di maiuscole e minuscole non inficiano l'anagramma.

Poi, nel nome-cognome stesso si celano, riferimenti agli operai... Ghermiscano oneri (anche non volendo), Io, sgranchire meno... (vedi riduzione del minutaggio delle pause).

Continuando a elaborare viene fuori anche un incredibile Romaneschi in orge (dedicato alla connivenza-assenza della politica?).

Alla fine di questo divertissement ci piacerebbe tuttavia concludere con qualcosa di positivo: Chi sa è: non migrerò. Una speranza che nonostante i tempi retrogradi la cultura avanzi, che i giovani possano studiare (e che le scuole pubbliche non siano più derelitte) per svolgere una professione che gratifichi nel profondo e sia utile al consorzio civile, in una prospettiva di continuo progresso sociale, che l'individuo non sia oppresso e che possa avere, comunque e sempre, un lavoro dignitoso. Per non dover infine, costretti e controvoglia, andarsene via dal proprio Paese.

Del resto è scritto negli anagrammi. O, se preferite, onogrammi.

 

Alberto Figliolia


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