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Piero Cappelli. Dopodomani, che futuro avremo noi italiani? 
Mentre stiamo andando a votare... Mentre ci conquistano senza ritegno e a buon mercato... Emigreremo?
02 Marzo 2018
 

Noi italiani siamo un popolo o un insieme di tribù?

Stiamo con chi vince e ci dividiamo su tutto?

Ci facciamo governare da perfidi politici e derubare da furbi stranieri?

Che futuro avremo, dopodomani?

La storia non insegna, si dice, ma ci fa capire come le nostre precedenti generazioni si sono comportate di fronte a problemi simili ai nostri, in tempi diversi…

Guardiamoci un po’ alle nostre spalle: cosa è successo da dopo l’impero romano?

Abbiamo avuto i cosiddetti Barbari nei primo secoli, ma non sempre erano invasioni violente, ma sempre ben armati e pronti a combattere. Alcuni le chiamano forme di migrazioni, come le attuali, che dal nord Europa e dall’Asia scendeva a sud per trovare spazi e atmosfere meno difficili in cui vivere, da conquistare... Oggi, invece, abbiamo il migrante che arriva dal sud e sbarca sulle nostre coste con l’arma della sua sola presenza fisica che nonostante sia disarmato e bisognoso di aiuto ci impone il come gestirlo e integrarlo.

Dopo i barbari abbiamo avuto anche invasioni di etnia francofona, austro-tedesca, spagnola, nord-europea… Eppure ci siamo un po’ mescolati con loro e un po’ abbiamo fatto resistenza… alla fine (non noi ma altri invasori…) li hanno vinti e siamo rimasti con i più forti.

E poi, a grandi passi, siamo giunti al governo locale come i Comuni, le Signorie, i Principati e Stati, fino alla prima guerra mondiale e poi alla seconda sempre contro gli stranieri che ci volevano conquistare e dominare. Anche qui i nostri capi politici e militari hanno fatto mezze operazioni quando a favore, quando contro gli alleati e i vari nemici.

Se Mussolini non si fosse fatto sottomettere alle voglie espansionistiche di Hitler, l’Italia avrebbe fatto la fine della Spagna con Franco. E così dopo un’Italia metà fascista e poi metà partigiana, alla fine abbiamo avuto mezzo secolo di DC con l’opposizione del PCI, con un’Italia divisa tra fascisti e antifascisti, tra democristiani e comunisti, cattolici un po' tutti, ciascuno a modo proprio.

Non si sono mai chiuse queste diatribe socio-culturali. Sono rimaste ancora aperte. Niente si è riconciliato. Oggi abbiamo un palcoscenico partitico che ci fa capire bene dove siamo: per metà al centro destra detta della conservazione e per metà al centro-sinistra detta del rinnovamento.

Ma chi incarna meglio di tutti la genetica culturale del nostro essere italiani è il partito democratico. Oggi abbiamo un PD – prova attuale ed esempio vivente – che ha ereditato dai suoi fondatori un mondo ex comunista e un mondo ex democristiano cattolico. Come fare a mettere insieme queste due realtà se non per rispondere all’unica sfida lanciata da Berlusconi nel 1994, dopo la fine della cosiddetta prima repubblica grazie a tangentopoli?! Il problema originario è rimasto, non esiste ancor oggi nessuna riconciliazione tra fascisti, destra, e antifascisti, sinistra o pseudo sinistra. E ciò fa capire le violenze odierne che non si vedevano dai tempi degli anni ’70 e ’80.

Quando poi è venuto meno politicamente il Caimano, allora il PD è entrato in crisi d’identità perché il nemico era venuto meno sulla scena del combattimento e così ha tradito i suoi progenitori e ha partorito il piccolo caimano, il Renzi – mezzo sangue fiorentino e mezzo scugnizzo napoletano – che oggi sta naufragando e si sta attaccando con le unghie ad un potere che gli scivola via, proprio da quando ‘papà caimano’ è risorto come l’araba fenice dalle sue ceneri.

L’italia è un paese, o meglio, come diceva il grande Indro Montanelli, un’insieme di tribù che si alleano e si combattano tra loro per il controllo dei vari ambiti di potere, da quello economico a quello politico, succhiando dallo Stato energie e sostanze gestite allo sbaraglio da politici fattucchieri e faccendieri, fin’ora.

Non abbiamo quindi una nazione, ma un’insieme di ‘famiglie’ che cercano come meglio sopravvivere. Senza però aver trovato una ragione più alta per la quale deporre le armi della differenza e dell’orgoglio personale. Lo stato di per sé è visto come un’entità altra, nemica, verso la quale diffidare e difendersi e magari anche cercare di fregare, in vario modo, per il proprio interesse privato.

Che dire oggi in tempo di elezioni con un sistema elettorale che non renderà questo paese facilmente governabile?

Che non abbiamo ancora lasciato il livore che ciascuno ha verso l’altro, in molti campi. E questo non ci permette di riconciliarci, di ritrovarci intorno ad un comune senso di aggregazione, ma fondiamo migliaia di associazioni, fondazioni, club solo per lo sfizio di comandare senza coabitare condividendo e poi, magari, montare sul carro del vincitore per tenere in mano un po’ di potere per proteggersi, anche come clan.

L’Italia è divisa tra conservatori e innovatori, come ai tempi antichi. Le generazioni non sono per ora servite a cambiare il profondo senso dell’essere italiani nel XXI secolo. Chi rimane e vive sentimenti di frammentazione e di povertà in tutti i sensi, chi invece se ne va e trova nel lavoro e nella realizzazione personale il ‘luogo’ del vivere, sia per i giovani che vogliono studiare ed affermarsi, sia per i pensionati che voglio vivere meglio anche con la pensione lorda e meno spese. E poi si può tornare anche al paesello per rivedere chi è rimasto mentre tutto rimane come prima, come ieri, come sempre. Ma oggi tutto si consuma e non rimane che ben poco, sempre peggio e si costruiscono risultati socio-economici per inorgoglire il ‘popolo’ dei risultati positivi, mentre giri pagina e torvi subito la fregatura. I politici, constatiamo, ci sfruttano e ci tradiscono prima, durante e dopo le elezioni; gli imprenditori sono pronti a vendere al miglior offerente estero la loro azienda o scappare all’estero appena vedono, per amor del proprio portafoglio, un’occasione per accumulare più denaro, pagando meno tasse e meno manodopera. Resta solo lo sport e un po’ di pane in tavola: panem et circenses, dicevano i romani: falli mangiare e divertire e poi governerai in pace.

Infatti, vediamo come gli stranieri danarosi, che arrivano sulla nostra terra per impossessarsi dei nostri migliori beni economici, aziende, società, marchi, produzioni, enti, vi giungono non più con lance o fucili come i lanzichenecchi, ma con le azioni nel portafoglio acquistate a buon mercato sul campo di battaglia delle borse economico-finanziarie.

Mentre gli stranieri poveracci arrivano, se ce la fanno, con i gommoni o dopo mesi di cammino e noi siamo ancora qui ad aspettare pure questi, che stan peggio di noi, senza sapere come fare a gestirli e a governarli grazie a politici incapaci anche di fronte ad un’Europa spappolata sotto la propria massa egoica di ricca sufficienza e distrazione. La guerra tra poveri è solo all’inizio!

Quindi siamo ancora invasi, occupati, sfruttati e poi, se fa loro comodo, anche abbandonati magari avendo anche succhiato notevoli masse di aiuti pubblici! E ora non è niente, vedremo tra qualche anno cosa succederà! Il tempo corre più di prima, ci ritroveremo stranieri in patria per tutto questo. E sarà così che ricominceremo a migrare, sia come italiani puri rimasti, sia come meticci sia genetici che culturali, verso dove oggi non sappiamo, ma forse verso est da dove sta da tempo arrivando la ‘nuova conquista’, oppure verso sud dove il colore della pelle è scuro e il futuro è ancora aperto?

 

Piero Cappelli


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