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Nuovi incontri/ Quattro chiacchiere con Matteo Fantuzzi 
intervista a cura di Matteo Bianchi
06 Maggio 2012
 

Già che ci sei: mi parli

mi rispondi come non fosse mai

avvenuto il lutto, la notizia

che gonfia il corpo e gli occhi

 

allora prendi la mia mano

e tocca il petto che ancora

batte e getta sangue quasi

non sapesse, come non fosse

mai accaduto nulla a noi

che assieme siamo stati tutto.

 

Matteo Fantuzzi

(da Kobarid, Raffaelli Editore, 2008, 20114)

 

 

 

Quali sono state le esperienze che ti hanno condotto a scrivere in versi? La tua storia dentro la poesia.

Ho cominciato come tutti anche se un poco più tardi passando dal racconto breve dove ero una frana alla poesia oramai diciottenne: un critico (il forlivese Davide Argnani) un giorno ebbe per caso dall'allora bibliotecario di Castel San Pietro Terme dove sono nato alcuni miei scritti, disse che c'era del talento e che dovevo lavorare sodo, studiare, applicarmi e conoscere il Novecento letterario. Io così ho fatto poi ho avuto anche la fortuna di iniziare ad avere fin da subito riconoscimenti (tra cui il ferrarese “Gianfranco Rossi per la giovane letteratura”) e pubblicazioni che mi hanno di certo aiutato nel mio percorso. Il resto fa parte della quotidianità che è il mestiere di chi cerca di scrivere e raccontare, nel mio caso attraverso la forma poetica.

Quale ruolo deve assumere la parola poetica nella società, e in questo senso, quali sono stati gli autori sui quali ti sei formato?

Se si vanno a guardare i grandi poeti internazionali così come i più recenti Nobel che hanno lavorato con la poesia si può osservare il ruolo sociale della poesia che nel resto del momento è consolidato e fatica un poco in Italia essenzialmente perché il recente passato ha visto una predominanza di una certa poesia intimista e di un'idea di poeta fragile, leopordiana in qualche modo, che altrove all'estero non accade: di poesia si viene processati e si può addirittura morire in certi stati mediorientali, si parla di conflitti, di tensioni tra etnie sorelle (come nel caso dell'Irlandese Seamus Heaney), si riempiono gli stadi come qua accade per Vasco Rossi (senza che per questo venga considerato poeta, come negli ultimi giorni è accaduto), così nel Sudamerica l'impegno del poeta viene premiato da un'elevata percezione e captazione della poesia: tra tutti direi che per me è stato fondamentale il lavoro di Elio Pagliarani con quella sua spietata fotografia ne La Ragazza Carla della disumanizzazione entrante nella società degli anni Sessanta, ma è un testo che ancora oggi riletto può dirsi attuale. E poi poeti di generazioni più vicine alla mia come Milo De Angelis o Antonio Riccardi ma sempre con quell'idea di opera all'interno della gente che poi è stato anche il lavoro di Roberto Roversi e di molti altri autori significativi del nostro recente passato.

Con quali criteri e con che scopo hai antologizzato le voci poetiche che costituiscono La generazione entrante. Poeti nati negli anni Ottanta (Giulio Ladolfi Editore, 2011)?

Da un lato c'era l'idea di proseguire il lavoro di un'altra pubblicazione storica come L'opera comune che aveva a suo tempo cambiato anche gli equilibri della poesia in Italia con l'attenzione fino a quel punto estremamente labile nei confronti delle nuove generazioni, dall'altra parte la volontà di iniziare il racconto di una generazione troppe volte definita bambocciona da chi non è loro coetanea e che invece mantiene tra le proprie fila eccellenze importanti, in generale ma anche dal punto di vista letterario. Il criterio è stato abbastanza semplice, la mappatura di tutte le uscite (librarie e su rivista, cartacee e sul web) effettuate negli ultimi anni dagli autori anagraficamente nati negli anni Ottanta, e poi attraverso alcune scremature si è deciso quali scrittori inserire per raccontare appunto la generazione. C'era anche l'idea di dare giusta visibilità a questi autori, inserirli all'interno della sfera letteraria perché in qualche modo c'era da parte mia il timore che si potessero in qualche modo “perdere” per la presenza al tempo stesso di altre generazioni molto forti e combattive, ma l'idea era anche di fare vedere che anche tra gli emergenti della poesia ci sono scrittori davvero validi e l'importante accoglienza avuta da questo lavoro (in sei mesi stiamo concludendo la seconda edizione che per la poesia è quasi miracoloso) ci sta dando molte soddisfazioni.

Non è la prima antologia che curi e che genera eco: già nel 2006 La linea del Sillaro per Campanotto, la quale ha messo in evidenza anche il tuo legame con il territorio in cui sei nato. Non è da tutti “cercare il meglio” dove si vive. Con questa seconda, hai dimostrato che i tuoi orizzonti si sono espansi e, benché una certa critica sia scettica nei confronti delle antologie, hai proseguito il tuo viaggio: perché allora portare con te le parole altrui?

La linea del Sillaro partiva da un festival del mio territorio natale che si chiamava “Degustare Locale” (che è stato uno dei maggiori in Italia per captazione di pubblico e che ripartirà quest'anno da Forlì) e che ha cercato di fare vedere i poeti scrittori della regione e di farli conoscere innanzitutto agli emiliano-romagnoli. Questo lavoro è un'altra cosa anche se più che altro in me c'è lo spirito della mappatura e del racconto quando non scrivo prettamente attraverso la mia poesia dove invece c'è una spinta maggiormente sociale. In generale mi piace l'idea di abitare gli spazi di un territorio attraverso la poesia e non considerare come si è fatto in passato che solo le metropoli come Milano e Roma siano luoghi per la poesia. La mia idea è invece che ogni luogo, ogni persona possa avvicinarsi alla poesia, anche Ferrara che in questo senso ha una grande tradizione anche recente credo sia pronta a dare una grande spinta per la fruizione della poesia, anzi ne sono convinto. Ci vogliono solo persone che ci credano, che ne siano convinte.

*

 

Matteo Fantuzzi (1979) nato a Castel San Pietro Terme in provincia di Bologna e vive a Lugo di Romagna in provincia di Ravenna. Ha pubblicato Kobarid (Raffaelli, 2008, 20114 Premio “Camaiore” Opera prima, Premio “Penne” Opera prima). È co-direttore delle sezioni 'Creative Writing' e 'Anthologies' della rivista Mosaici (St. Andrews University Scozia) e direttore della collana di Poesia Contemporanea della Ladolfi Editore. Redattore delle riviste Atelier, clanDestino e ALI, collabora col quotidiano La voce di Romagna dove cura una rubrica settimanale dedicata alla Poesia Italiana Contemporanea. Suoi testi sono apparsi su molte riviste tra cui Nuovi Argomenti, Il Verri, Yale Italian Poetry, Versodove e Gradiva. Ha creato il sito UniversoPoesia, curato La linea del Sillaro (Campanotto, 2006) sulla Poesia dell'Emilia-Romagna e La generazione entrante (Ladolfi, 20112) sui poeti nati negli anni Ottanta.


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