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Indignazione!
Lucio Stanca, Cda SoGe e parlamentare Pdl
Lucio Stanca, Cda SoGe e parlamentare Pdl 
23 Novembre 2009
 

Davanti a Palazzo Marino per chiedere le dimissioni del sindaco: ecco dove dovremmo essere adesso, se fossimo dei veri milanesi. I nostri concittadini d’una volta possedevano una qualità che noi abbiamo perso: l’indignazione. E non si può non essere sdegnati dopo quello che la trasmissione “Report”, ieri sera, ci ha di nuovo mostrato. Dirigenti del Comune di Milano da decine di anni, e quindi (molto probabilmente) esperti e capaci, obbligati ad andare in pensione dall’oggi al domani per fare posto a politici della lista del sindaco che non erano stati eletti. Decine di parvenu piazzati in posizioni di comando spesso senza nemmeno i titoli richiesti, oltre tutto pagati profumatamente con i nostri soldi. Una decisione che il sindaco non ha ancora adesso spiegato in aula, come hanno confermato non solo Basilio Rizzo, storico esponente dell’opposizione, ma pure -onestamente- Manfredi Palmeri, presidente del Consiglio comunale e appartenente allo schieramento politico che ha permesso di vincere le elezioni al sindaco. Le cui presenze alle riunioni del Consiglio comunale, in questo anno e mezzo di mandato, si limitano al 5% delle sedute. Avete letto bene: il nostro (anzi, vostro) sindaco ha presenziato solo per quella percentuale alle discussioni che riguardano la sua città, come se non fosse qualcosa di moralmente dovuto a tutti i milanesi: «Il mio è un ruolo prevalentemente esecutivo», ha risposto all’intervistatore di Report, e la frase si commenta da sola.

Come parla (anzi, urla) da sola la decisione del signor Stanca, che si dovrà occupare dell’Expo per la modica somma di circa 300.000 euro l’anno (lordi, però, come si tiene a precisare…), il quale non ritiene opportuno dimettersi dalla sua carica al parlamento “romano” che già gli frutta sui 150.000 euro annuali (eh già, la tanta vituperata Roma ladrona…). Totale: 450.000 euro lordi (benefit esclusi), e provate a confrontarli con quello che dopo un anno di lavoro ci troviamo in tasca. Delle grosse cifre, tanto che il Consiglio comunale ha invitato il sig. Stanca a rinunciare alla seconda indennità, la qual cosa il soggetto non vuol fare perché -dal suo punto di vista, giustamente- questo cumulo è permesso dalle leggi dello Stato Italiano (e mi vengono in mente i pensionati, che alla morte del coniuge non possono usufruire di entrambe le pensioni…). Di nuovo messo sotto pressione dal giornalista, il vostro sindaco ha risposto che attende di verificare l’operato del sig. Stanca per invitarlo anche lei, eventualmente, a fare un passo indietro. Aspetta e spera, verrebbe da sussurrare….

Oltre agli argomenti, poi, la trasmissione è stata illuminante anche dal punto di vista psicologico. Della serie: come si risponde ad un intervistatore -per una volta non accomodante- senza dire nulla. Sulla questione degli esperti, per la quale esiste un durissimo documento del GIP, per ben tre volte il vostro sindaco ha infatti risposto, come in un disco, la stessa frase, costringendo l’interlocutore a dire chiaramente che si stava rifiutando di rispondere.

Immagino basti cercare “Report” o “Rai3” su Google per rivedere tutto questo, e vi invito caldamente a farlo. Perché ci mostra chiaramente il livello politico e morale in cui si trova la Milano odierna, al di là degli slogan con cui ci ottenebrano il cervello. Mezzo secolo fa il sindaco Beretta, eroe risorgimentale e perciò amatissimo in città, fu costretto a dimettersi dalle pressioni dell’opinione pubblica che gridava allo scandalo per delle case in piazza Duomo vendute da un suo parente alla municipalità a prezzo più alto di quello di mercato. Una ridda di proteste sostenuta pure dai giornali (già, ma dov’è la stampa, oggi? Dov’è finita la sua capacità di informare, di indirizzare?), che portarono il Beretta a rinunciare al ruolo di primo cittadino milanese. Una decisione veramente d’altri tempi perché adesso, oramai, non si dimette più nessuno, neppure davanti alle nefandezze che “Report” ci ha permesso di risentire (un’analoga puntata era stata trasmessa mesi fa).

Si parla tanto di milanesità, del vecc Milan che noi tutti amiamo come se esistesse ancora. Ma l’identità di una città non sta solo nelle sue tradizioni, nella sua lingua. Anzi, ci viene il sospetto che tale attaccamento alla radici esteriori della milanesità ci sia propagandato soprattutto per nascondere quei veri valori che caratterizzavano i nostri concittadini d’antan e ora paiono scomparsi: la bonomia (come la definisce Castellaneta), l’ospitalità e comunque la capacità di integrare i non-milanesi, la serietà sul lavoro. Un sentimento, questo, che derivava dall’etica del lavoro stesso, da quella laboriosità meneghina che portava la gente ad infuriarsi nel non vederla rispettata da altri, soprattutto da quelli che li governavano.

Durante il prossimo Consiglio comunale dovremmo essere tutti in piazza a protestare, a chiedere ragione di queste decisioni del sindaco. A gridare ad alta voce il nostro schifo. E invece, ci potete scommettere, saremo al lavoro, davanti alla televisione o al pc. Saremo da tutt’altra parte, facendo rivoltare nella tomba i nostri antenati milanesi. Che vergogna. Salùdi.


Mauro Raimondi


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