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Lidia Menapace. Amiche da morire
14 Luglio 2013
 

A Bolzano dove risiedo, il Circolo La Comune, del quale faccio parte, programma -le sere d'estate- delle proiezioni nel cortile di una scuola, oppure nell'aula magna di un'altra, sotto il titolo generale di “Cinema sotto le stelle - Kino unter den Sternen”, appunto sperando che ci siano. Iniziativa che arricchisce le sere poco mondane di questa piccola deliziosa città. E anche indica la disposizione delle amministrazioni a considerare la scuola un luogo da poter socializzare. E anche una popolazione educata che rispetta la proprietà pubblica, usandola liberamente senza fare alcun danno né disordine. Perché simili imprese riescano infatti, a parte il clima che non è in nostro potere, serve qualche appassionatissimo, che abbiamo, e anche tutte le condizioni che ho citato. Le cose che vanno bene non sono mai opera di un qualche uomo o donna sola al comando, tanto per dire.

Tutto ciò premesso, voglio parlare di un film appena proiettato, di Giorgia Farina, che si intitola Amiche da morire. A me pare che sia un lavoro molto ben pensato, recitato, ripreso e ritmato. E che abbia un intenso significato politico. Non credo di esagerare, dopo averlo visto per due sere di fila.

Ambientato in un profondissimo allusivo sud, che si prende in giro esagerandosi, rappresenta in fin dei conti le relazioni tra i generi, attraverso un linguaggio esasperato e gesti eccessivi e toni sempre sopra le righe: alla fine però illustra benissimo la miseria dei rapporti umani, così come si sono definiti dopo alcuni millenni di “civiltà”.

Lo si può dire, film completamene e senza illusioni femminista, quando il femminismo è vissuto come una cultura generale, usato come una delle possibili culture universali e non per mera rivendicazione.

Tutto è finzione, tutto è inganno. L'astuzia è prevalentemente femminile, la prepotenza e anche una certa ottusità, maschile. I generi, le generazioni, le classi, la religione, lo stato e i suoi rappresentati vengono rappresentati con grande abilità, sempre doppi, falsi, corrotti. Non c'è da stare allegri, ma la vivacità del linguaggio e delle situazioni è davvero geniale, col risultato di una vera grande liberante comicità: non si può non citare il marito “tonnato”.

 

Lidia Menapace


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