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Camilla Spadavecchia. L’Europa e il SÌ irlandese
10 Ottobre 2009
 

 

Lo scorso venerdì 2 ottobre i 3 milioni di irlandesi aventi diritto al voto sono stati chiamati, per la seconda volta in poco più di un anno, a ratificare il nuovo Trattato di Lisbona (siglato nel dicembre del 2007 dai Paesi membri) che modifica e alleggerisce le precedenti carte costituzionali (il trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce una Comunità Europea) già bocciate da Francia e Paesi Bassi nel 2005.

Dopo l’esito sfavorevole del referendum del giugno del 2008, l’Irlanda, rassicurata dall’Unione Europea (UE) in merito alla sua non interferenza sul divieto di aborto e sul proprio sistema fiscale, si è espressa favorevolmente, con il 67,1% dei sì e il 32,9 % dei no, alla Carta di Lisbona.

Si tratta di un passo decisivo nello scenario europeo in quanto qualora diventasse operativo, il Trattato di Lisbona potrebbe realisticamente migliorare il funzionamento dell’UE, apportando nuovi poteri sia al Parlamento Europeo (PE), che diventerebbe così colegislatore insieme al Consiglio su quasi tutte le materie, sia ai parlamenti nazionali, che sarebbero maggiormente coinvolti nelle attività dell’UE.

La Carta di Lisbona è uno strumento giuridico, che sostituirà, nel momento in cui entrerà in vigore, ossia nel primo giorno del mese successivo al deposito della ratifica da parte di tutti Paesi membri, l’attuale Trattato di Nizza che, dal 2003, è il punto di riferimento delle iniziative europee. Doterà l’UE di un quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle nuove sfide internazionali e dare voce ai suoi cittadini.

L’importanza del Trattato di Lisbona consiste, tra le altre cose, nella possibilità, per l’UE, di mostrarsi effettivamente unita nello scenario internazionale e di dialogare direttamente con gli altri Stati ad una sola voce.

 

Per giungere alla completa ratifica del Trattato, l’Europa attende la firma dei presidenti della Repubblica Ceca e della Polonia, che ad oggi a causa del loro indugio, sono sotto tutti i riflettori internazionali. Tuttavia l’esito positivo del voto irlandese potrebbe influenzare sia il premier polacco Lech Kaczynski, che aveva in precedenza dichiarato come la sua firma fosse condizionata all’esito positivo in Irlanda, sia, seppur con qualche difficoltà in più, il primo ministro della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, che già una volta bloccò il processo di ratifica dopo il ricorso di 17 senatori alla corte costituzionale.

Durante la seduta plenaria del Parlamento dedicata all’esame dello scenario internazionale dopo il si irlandese, il presidente Jerzy Buzec, la cui nomina avvenuta lo scorso 14 luglio ha già segnato un passo importante per l’Europa, che per la prima volta vede alla sua guida un’esponente della cosiddetta “Altra Europa”, ha aperto la sessione affermando: « Il popolo irlandese ha mandato un segnale chiaro: vogliono restare al cuore dell’Europa unita. Ma non dobbiamo dimenticarci di quelli che hanno votato no, perché ci stanno dicendo qualche cosa che abbiamo il dovere di ascoltare».

 

I principali cambiamenti dello scenario europeo con l’entrata in vigore del Trattato

Senza dubbio la firma del nuovo Trattato da parte di tutti i Paesi membri comporterebbe una serie di modifiche che darebbero all’UE un maggiore peso nella scena internazionale, grazie all’istituzione della figura dell’ “Alto Rappresentante per la politica estera e della sicurezza comune”, che sarà anche vicepresidente della Commissione, e svolgerà il ruolo di ministro degli esteri dando così un’unica voce alle decisioni prese all’unanimità (dai 27 Stati membri) nel dialogo con i rappresentanti degli altri Paesi e degli organismi Internazionali. Inoltre questa figura ha il compito di completare e non sostituirsi alla politica estera degli Stati membri. Si tratta di un passo che l’Europa aveva previsto già alcuni anni fa ma il continuo stop and go a cui è stata soggetta a causa dei precedenti no di Francia, Paesi Bassi e Irlanda, ne hanno ritardato fortemente l’iter.

Una secondo cambiamento cruciale consiste nell’istituzione della figura del “Presidente del Consiglio Europeo” (CoE) che verrà eletto con un mandato di due anni e mezzo e sostituirà l’attuale presidenza a rotazione semestrale ritenuta troppo dispersiva. Il nuovo presidente garantirà un legame diretto tra l’elezione del Presidente della Commissione e l’esito delle elezioni europee, prevederà nuove disposizioni per la futura composizione del PE e infine stabilirà norme più chiare sulla cooperazione rafforzata e sulle disposizioni finanziarie.

Il voto a “maggioranza qualificata” in seno al CoE sarà esteso a nuovi ambiti politici per accelerare e rendere più efficiente il processo decisionale, si assisterà pertanto ad un progressivo abbandono del principio di unanimità e, quindi, del potere di veto.  A partire dal 2014, infatti, il calcolo di “maggioranza qualificata” si baserà sulla doppia maggioranza degli Stati membri e della popolazione, in modo da rappresentare la doppia legittimità dell’Unione.

Per la prima volta nella sua storia, l’UE si doterà di un quadro giuridico specifico per l’aiuto umanitario, la politica allo sviluppo verrà considerata non più come un settore prioritario ed autonomo.

Una innovazione che rassicurerà anche i cosiddetti euroscettici, convinti che l’UE intenda privare gli Stati della loro sovranità, consiste nel maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali nelle attività dell’UE, grazie sopratutto ad un nuovo meccanismo atto a verificare che l’UE intervenga solo qualora l’azione a livello europeo diventi più efficace (principio di sussidiarietà).

Infine entrerà in vigore la “clausola di solidarietà” tra gli Stati membri, per la quale in caso di crisi energetica, attacchi terroristici, calamità naturali o provocate dall’uomo in uno dei Paesi membri, l’UE e gli altri Stati saranno tenuti ad agire congiuntamente.

Il 2009 è probabilmente l’anno che segnerà una svolta per l’UE, in pochi mesi i 500 milioni di cittadini europei hanno assistito a quattro eventi di grande importanza: le elezioni del Parlamento Europeo avvenute nei diversi Paesi europei tra il 4 e il 7 giugno scorso, l’elezione, lo scorso 14 luglio, del nuovo Presidente del PE il polacco Jerzy Buzec, che sarà in carica sino al 2012, la conferma alla carica di Presidente della CE del portoghese J. Manuel Barroso lo scorso settembre, e infine il referendum irlandese che ha dato fiducia e speranza all’UE. Si aspetta dunque la firma del premier polacco, che sembra intenzionato a firmare già entro la prossima settimana, e quella del premier ceco, che si dice molto più cauto nella decisione di firmare il trattato, per poter tirare un respiro di sollievo e togliere dall’impasse politico l’UE.

 

Per approfondimenti:

www.europa.eu

www.euronews.eu

www.repubblica.it

http://europa.eu/lisbon_treaty/faq/index_it.htm

Newsweek, September 21 2009

The Irish Times, September 29 2009

 

Camilla Spadavecchia

 

 

Camilla Spadavecchia nasce in una piccola e antica cittadina del Ponente ligure, ma le sue radici familiari e culturali vanno ricercate oltre i confini regionali. Da sempre amante del viaggio inteso come conoscenza di luoghi interiori e ed esterni a sé, diventa prima studente e poi studiosa di materie sociali laureandosi, dopo un periodo di studio all’estero, presso l’Ateneo Genovese. Da alcuni anni si occupa in diversi modi di cultura europea e studio delle istituzioni e politiche europee. Già collaboratrice di associazioni culturali destinate alla promozione della cultura europea nel territorio e di un ente regionale che opera a Bruxelles direttamente con le istituzioni europee, oggi collabora nell’ambito del gruppo di ricerca di politiche territoriali e socio-culturali coordinato dalla prof.ssa Nicoletta Varani ed è cultore di materia di geografia sociale presso la Facoltà di Sc. della Formazione dell’Università degli Studi di Genova.


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