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Maria G. Di Rienzo. Il silenzio dei giornali
05 Settembre 2009
 

Da qualche settimana si dà un interessante dibattito nell'ex sinistra italiana (ora sinergica coalizione di sintesi “fra illuminismo e cristianesimo”, un gruppo che guarda al futuro... al futuro di tre secoli fa come minimo): si tratta del silenzio delle donne. “Interessante” è un eufemismo ironico, nel mio caso, perché le dissertazioni non hanno stimolato una sola delle cellule cerebrali, ammetto che sono poche, in mia dotazione. Succede che i dirigenti del partitone si aspettavano qualcosa che non è accaduto, e cioè che a fronte degli scandali “sessuali” relativi al governo in carica, “le donne” ripulissero l'immenso ammontare di spazzatura misogina, sessista, razzista e guerrafondaia, creato anche da loro, in cui il nostro paese sta soffocando. È una storia che mi è nota e che si ripete da troppo tempo perché io possa ancora meravigliarmi. A volte funziona: nel senso che storicamente spesso donne hanno fatto quanto gli uomini chiedevano loro (mamma, pulisci tu perché io non so più dove mettere le mani), e nei molti casi in cui hanno avuto successo sono state immediatamente estromesse dallo scenario successivo... che a suo tempo si è trasformato di nuovo in una discarica tossico-nociva e via così.

Può darsi, anche se l'erosione della memoria è una costante per mantenere gli attuali assetti di potere, che echi di ciò risuonino nelle mente delle donne italiane. Ma credo che il principale motivo del “silenzio delle donne” sia la sordità di quelli e quelle che ora ne stanno disquisendo con gran sofferenza e sfoggio intellettuale. Lo stesso giornale in cui oggi si piange ha pubblicato per un decennio articoli e commenti sul cosiddetto post-femminismo: e nessuno dei comunicati, delle lettere, degli annunci, dei resoconti delle femministe (gliene ho spediti un bel po' anch'io); ha strillato, come tutti gli altri quotidiani, “dove sono le femministe?” ogni qualvolta si è dato un caso di violenza di genere, e non ha riportato in cronaca una sola delle iniziative antiviolenza delle donne; ha suggerito che assassinare una figlia “ribelle” sia semplicemente una pratica culturale che confligge con il concetto “occidentale” di diritti umani; ha recensito con favore e zelo testi singhiozzanti sulla “mascolinità in pericolo” e la ricerca degli spermatozoi perduti; ha rubricato come “drammi della gelosia” i vari episodi di femminicidio avvenuti nel nostro paese; ha tenuto bordone, come diceva mia nonna, a vari tentativi di limitare o impedire la libertà di scelta delle donne, purché venissero operati dalla parte politica di riferimento.

Scusatemi, ma per quale motivo una donna scontenta di come vanno le cose attualmente (e credo che siamo in tante) dovrebbe ritenervi interlocutori privilegiati o sensibili? Lasciando da parte la questione della violenza di genere, come state coprendo la protesta contro le leggi razziali in Italia?

Vi siete accorti che sta accadendo qualcosa, o visto che quel qualcosa non è sponsorizzato dal partitone non vale niente ed è meglio non parlarne?

Aprite un dibattito su “il silenzio dei giornali”, “il silenzio dei giornalisti”, “i problemi d'udito e di vista dei professionisti dei media”, “la tendenza alla pecoraggine nel mondo dell'informazione”. Chissà che non vi venga qualche idea. Poi, se è un'idea sensata, vengo anch'io a ripulire la vostra spazzatura, promesso.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie minime della nonviolenza, 5 settembre 2009)


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