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Il sacerdote dësbela e il partigiano ritrovato: vendemmia culturale a novembre 
Il 12 ad Asti per Aldo Bona e il 14 ad Alba per Francesco Gandino
Matias Grosso e C. alla
Matias Grosso e C. alla 'Casa delle memorie' 
05 Novembre 2008
 

Si appresta a vendemmiare cultura l’Associazione Arvangia impegnata da mesi nel progetto “Dare voce alla memoria che tace”. Mercoledì 12 novembre presso la sede Utea di Asti verrà presentato il video realizzato dal giovane regista argentino Matias Grosso, vincitore della borsa di studio “Nidi di Rondine” edizione 2007, dedicato alla figura e all’apostolato di padre Aldo Vittorino Bona, missionario della Consolata per 65 anni attivo in Colombia.

Il video documentario svela la grandezza di un uomo che da ragazzino, nel suo paese d’origine, San Donato di Mango, veniva soprannominato il dësbela e a sette anni già faceva da quarto nelle partite di carte ai tavoli del Bar Roma.

Il giornalista Raoul Molinari, suo compaesano, lo ricorda con queste parole: «Sacerdote di spirito illuminato, era aperto a una Chiesa indulgente, alla promozione umana, al riscatto sociale, alla comprensione verso gli umili e verso le fasce della popolazione più sfavorite (e non solo in terra di missione): i bambini, le donne, gli indigeni e gli anziani. Rapportandosi con gli allievi e le persone in generale, non tendeva a imporre il suo pensiero, ma a esaltare le altrui capacità; era grande organizzatore, attento economo e, soprattutto, propugnatore di un lavoro che contribuisse alla dignità della persona e alla crescita del territorio».

L’Associazione Culturale Arvangia, dopo avergli conferito nel 2004 il premio reis ëncreuse, con la motivazione che la sua era una vita che meritava di essere raccontata, ha ritenuto doveroso ricordarne la figura e l’apostolato. L’idea si è concretizzata nel corso del 2007 grazie al lavoro del giovane regista argentino Matias Grosso, originario di Morteros, provincia di Cordoba, discendente di emigranti piemontesi originari di Nucetto e altre località della Langa cebana. Matias ha saputo raccontare in modo incisivo ed emozionante la vita e le opere del missionario, avvalendosi della preziosa testimonianza del missionario braidese padre Gianfranco Testa, continuatore dell’opera iniziata da padre Bona nelle favelas di Bogotà, la grande capitale della Colombia, che conta otto milioni di abitanti, di cui il 60% vive in estrema povertà (meno di due dollari pro capite al giorno). Non a caso Matias Grosso conclude il suo lavoro presentando il testamento spirituale del sacerdote e dando voce al docente universitario Danilo Manera, giornalista e scrittore, che così rappresenta il grande e poco conosciuto missionario nato e cresciuto nelle Langhe: «Padre Aldo Bona era un motore vivente e sorridente. Era pura generosità, puro slancio. Si è spento perché il corpo non ce la faceva più a realizzare le mille e una cosa che gli chiedeva un’anima come quella, un’anima che non era, e non è, mai spenta».

 

Venerdì 14 novembre, invece, alle ore 17:00, nell’aula magna del Liceo Classico “Govone” di Alba l’amarcord della “memoria che tace” renderà omaggio alla figura del partigiano Francesco Gandino, nato a Torino, studente liceale ad Alba, “bandito”con responsabilità di comando a partire dall'agosto del 1944 quando operò con la sua squadra, fatta di ragazzi per la maggior parte di Mango, collocata sopra Coazzolo, in una cascina vicino alla Madonna del Gallo.

Gandino viene presentato da Adriano Balbo in una recente pubblicazione come «uno dei primi che ha parlato di resistenza contro i tedeschi e i fascisti» ed appare particolarmente legato al tenente Carletto Morelli, vicecomandante della II Divisione Langhe, originario di Mango. Il plotone comandato da Gandino partecipò alla battaglia di Alba del 15 aprile 1945. Stando a Balbo nella squadra di Gandino erano finiti anche i grandi amici di Beppe Fenoglio, Ettore e Beppe Costa, il primo liberato dal carcere di Alba da Paolo Farinetti, nella famosa e spettacolare azione del 3 marzo 1945. La ricostruzione delle vicende belliche che videro Francesco Gandino coraggioso combattente sulle colline alte è stata resa possibile grazie alla preziosa testimonianza di Margherita Mo, staffetta partigiana originaria di Lequio Berria con il nome di battaglia Maggie, legata a Francesco da una tenera storia d’amore platonico che non arrivò a primavera a causa della grave malattia che uccise Francesco Gandino nell’ottobre del 1945. I ricordi di Maggie e le testimonianze di Felice Marino e Raoul Molinari hanno squarciato l’oblio che da tanti anni nascondeva nel silenzio la storia sfortunata del partigiano dimenticato. La presentazione del video è un’iniziativa nata dalla collaborazione tra l’Associazione Arvangia, l’Associazione Ex Allievi del Liceo Classico Govone e l’A.N.P.I. di Alba, coordinata da Renato Vai.

 

l'Arvangia


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