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Yoani Sánchez. Che strana idea passeggiare in montagna
21 Maggio 2008
 

Dal Blog Generación Y

19 maggio 2008

 

 

Campesinos felices

Pusieron en las mochilas unas latas de carne, algunas velas y una vieja cámara Zenit. Se fueron hasta Santiago de Cuba en tren y entraron en las montañas un sábado muy temprano. Querían ir caminando hasta Baracoa, acampar por las noches en pleno monte y amarse en la casa de campaña con ese desparpajo que da tener diecisiete años. El cálculo era de cuatro días en camino y el martes un espectacular chapuzón en la villa primada de Cuba.

Después de la primera noche vieron un guajiro que llevaba una hilera de mulas. La duda de si acercársele o no fue vencida por el argumento de él: “Vamos a preguntarle dónde está el caserío más cercano”. Ella, más prudente, quiso advertirle que ya las montañas no eran las mismas de antes, cuando los campesinos compartían lo poco que tenían con cualquier extraño. No obstante, se le acercaron y el arriero los regañó: “¿Qué hacen ustedes por aquí? Por estas montañas no se puede ir sin permiso”.

Ya era tarde para remediar la metedura de pata y tuvieron que acompañar al hombre hasta el pueblo más cercano, donde se los comieron a preguntas. El maestro de la escuelita les dijo que tenían que quedarse tranquilos hasta que llegara la policía e insistió en saber quién les había dado la idea de internarse en la Sierra Maestra. Ella le habló del Zen, la energía cósmica y unos ejercicios de Tai Chi que los conectan con la naturaleza. No les creyeron.

Por la noche llegó el Jefe de Sector de la zona y tuvieron que repetir que sólo querían pasear, acampar junto a los árboles y llegar a Baracoa por la vía más larga. Se los llevaron de regreso a Santiago para la Estación de Policía y los montaron, obligados, en un bus hacia La Habana. Durante el largo viaje no podían dejar de recordar a los pobladores de un pueblo perdido, que le decían a la policía: “Llévenselos, que en algo raro andan. ¿A quién se le va a ocurrir pasear por estas montañas”.

 

Yoani Sánchez

 

 

Contadini felici

Misero negli zaini qualche scatoletta di carne, alcune candele e una vecchia macchina fotografica Zenit. Se ne andarono fino a Santiago di Cuba in treno ed entrarono nelle montagne un sabato di buon mattino. Volevano raggiungere a piedi Baracoa, pernottare accampati in mezzo al bosco e amarsi nella tenda da campeggio con quella disinvoltura tipica di chi ha diciassette anni. Contavano di marciare per quattro giorni e il martedì avrebbero fatto uno spettacolare tuffo nella città più antica di Cuba.

Passata la prima notte videro un contadino che portava con sé una fila di muli. Il dubbio se avvicinarsi o meno fu vinto dall’argomento di lui: «Andiamo a chiedergli dov’è la borgata più vicina». Lei, più prudente, volle avvertirlo che le montagne non erano più come prima, quando i contadini dividevano il poco che avevano con qualsiasi estraneo. Nonostante tutto si avvicinarono e il contadino li rimproverò: «Cosa fate qui? Non si può andare senza permesso per queste montagne».

Era ormai tardi per rimediare alla gaffe e dovettero accompagnare l’uomo fino al paese più vicino, dove furono tartassati di domande. Il maestro della piccola scuola disse che dovevano stare tranquilli fino all’arrivo della polizia e insistette per sapere chi aveva dato loro l’idea di addentrarsi nella Sierra Maestra. Lei parlò dello Zen, la energia cosmica e di alcuni esercizi di Tai Chi che li collegano alla natura. Non furono creduti.

Quando scese la notte arrivò il Capo della Polizia della zona e dovettero ripetere che volevano soltanto passeggiare, accamparsi sotto gli alberi e arrivare a Baracoa per la strada più lunga. Se li portarono alla Stazione di Polizia di Santiago e li fecero salire, obbligati, in un bus diretto all’Avana. Durante il lungo viaggio non potevano dimenticare gli abitanti di uno sperduto paese, che dicevano alla polizia: «Portateveli via che stanno tramando qualcosa di strano. A chi può venire in mente di fare una passeggiata per queste montagne?».

 

Traduzione di Gordiano Lupi


 
 
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