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Maria Lanciotti. Ciampino: Gli ultimi battiti del Sacro Cuore
18 Maggio 2018
 

La gente passa e va. Stanca di inveire invano contro il disfacimento che avanza. E lui sta lì. Lercio e squassato ma ancora possente e saldo sulle sue fondamenta. Per i ciampinesi – che quel colosso se lo sono visto sempre sotto gli occhi, che lo hanno frequentato da scolari, da sportivi e da scuola spirituale e di vita, che hanno sognato di vederlo un giorno recuperato per un utilizzo di pubblica utilità con tutto il suo spazio attorno da riportare a giardino – un pugno nello stomaco ogni volta che ci passano accanto e realizzano che il Sacro Cuore sta battendo i suoi ultimi colpi. Divenuto proprietà privata con un’asta da burletta, quel colosso che sembra osservare la città dalle sue occhiaie vuote con una tristezza che ti agguanta alla gola, rappresenta oggi il dispiacere di tutti quei ciampinesi che all’epoca qui non ci sono capitati per caso ma per scelta e ne avevano fatto il luogo d’elezione per concretizzare sogni e progetti. Ma il tempo fa il suo corso e pochissimi ne sono rimasti di questi pionieri di fegato che qui piantarono le tende prima ancora di tirare su le mura di casa, ma ci sono ancora figli e figliolanza che a questo luogo sono attaccati per evidenti motivi e non lo vivono solo di transito ma bene abbarbicati al suolo d’origine.

Divagazioni che regolarmente scattano costeggiando il Sacro Cuore in via Due Giugno, completamente sbarrato dai bandoni fatiscenti e dissestati. Di fronte al cancello arrugginito chiuso con catena e lucchetto, la solita sbirciata per l’ennesima conta dei danni, ma ci aspetta una sorpresa. L’arruffata rigogliosa vegetazione è stata grosso modo rasata liberando la facciata dell’edificio, ancora aggraziata con i balconcini e le inferriate in ferro battuto, e la vista oltre la proprietà.

«Chissà che ci faranno a ‘sto posto» dice una signora col carrello della spesa fermandosi anche lei a guardare. «Se ne dicono tante, va a capire… si sa solo che tutta ‘sta roba adesso è di Schiaffini». Poi rispondendo quasi al nostro tacito interrogativo aggiunge: «Abito al palazzo lì in fondo, questi vanno e vengono, fanno, prendono misure, mettono paletti, se ne rivanno, chissà che c’hanno in mente… speriamo bene».

Bene che vada, Ciampino, che poco di bello possiede, s’è perso il suo più grande patrimonio in termini di verde e di bene architettonico, ma anche di memoria storica e umana. Senza contare l’incognita di ciò che può sorgere al suo posto, ed è questa la paura più grande che serpeggia nell’animo dei cittadini responsabili. Da parte dell’Amministrazione prudente silenzio, tattica consolidata per tirare avanti come non fossero affari di tutti.

 

Maria Lanciotti

 

 

Lampi di Memoria - Storia della Città di Ciampino

 


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