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Gianfranco Cercone. “Tommaso” di Kim Rossi Stuart: i tormenti di Narciso
10 Settembre 2016
 

Guido Aristarco, un eminente studioso di cinema, amava ripetere che ogni film è un film politico.

Per verificare questo assunto, prenderò in esame un film che è lontanissimo da ciò che comunemente si intende per film “politico”: Tommaso, il film diretto e interpretato da Kim Rossi Stuart che è stato presentato in questi giorni al festival del cinema di Venezia.

Tommaso non è soltanto un film “intimista”, che riguarda la vita privata dei personaggi e i loro sentimenti più segreti, più sottili; è il ritratto di un personaggio la cui caratteristica più evidente, esasperata nel film ai limiti della caricatura, è quella di occuparsi sempre e soltanto, ossessivamente, di se stesso.

Si tratta di un attore, di aspetto piacente, cosicché conquista con facilità tante donne; ma ecco: dopo averle conquistate, le trascura, la maltratta, salvo piangere come un bambino quando loro si decidono a lasciarlo.

Solitario, frequenta quasi soltanto un amico, sua madre – con cui ha dei contrasti ma a cui è invincibilmente legato – e una specie di psicanalista presso il quale è in cura da anni, senza però che i suoi problemi si smuovano di un millimetro.

Quali sono questi problemi?

A detta dell'analista, si tratta di un blocco, di una paralisi, come se Tommaso fosse prigioniero dentro se stesso.

Vedendo il film, ci sembra di capire di cosa si tratta: si sa che Narciso, ammirando la propria immagine riflessa, è paralizzato proprio dal compiacimento di sé. Il narcisista soffre di quella paralisi, che in effetti gli impedisce di vivere o di vivere a pieno. Ma allo stesso tempo, non riesce a distogliersi dall'autocontemplazione che è all'origine di quel blocco.

Forse per Tommaso la vera terapia è l'incontro con una ragazza, la cameriera di un ristorante, che non si lascia conquistare facilmente da lui, ma che ripetutamente mostra di concedersi per poi negarsi, forse per metterlo alla prova, forse per sadismo, forse perché, grazie al suo buon senso popolare, intuisce la “fasullaggine”, l'infantilismo del seduttore e, benevolmente o maliziosamente, lo prende in giro.

È comunque la sola capace di strappare Tommaso a se stesso e di farlo interessare davvero a un altro essere umano. (Ed è anche il personaggio femminile meglio delineato nel film. Lo interpreta, molto bene, Camilla Diana).

Tommaso è un ritratto forse a volte a ripetitivo, forse a volte dai tratti grossolanamente esagerati. Ma almeno nei suoi momenti migliori, che costituiscono a mio parere la gran parte del film, contiene una verità significativa, che ha a che fare anche con la politica: che cioè la totale “impoliticità”, che è poi il disinteresse per la vita degli altri, di quella polis che oggi è il mondo intero, è una deprivazione che causa dolore a se stessi.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 10 settembre 2016
»» QUI la scheda audio)


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