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Dibattito. Per continuare a coltivare la Rosa nel Pugno
07 Giugno 2006
 

In questi giorni mi appare concretizzarsi una illusione, quella secondo la quale il progetto politico della Rosa nel Pugno possa trovare giovamento dal rafforzarsi, seppur momentaneo e contingente, dell'organizzazione dei singoli soggetti costituenti.

L'irrobustimento di una realtà, quella dei Radicali Italiani o quella dello SDI poco importa, di cui già da adesso si assume la prospettiva di superamento e di una fine provocata, credo, invece, rischi di essere un ossimoro non solo difficilmente operabile nell'azione politica quotidiana ma persino difficilmente comprensibile.

Si irrobustisce una cosa, un soggetto politico che si vuol far vivere e addirittura rispetto al quale non ci si pone il problema della fine e anzi la si vuole, forse in ultimo, evitare.

Se si crede veramente nella Rosa del Pugno la priorità deve essere quella di irrobustire di critica e di dialogo il nuovo soggetto liberale, socialista, laico e radicale; di irrobustire il dibattito nella e sulla Rosa nel Pugno.


Quello che intendo dire è che se il tentativo, di questi giorni, dell'informazione radio-televisiva e della carta stampata nonché quello etnico di taluni dei radical-socialisti è, forse, il solito e cioè quello, da una parte, della illustrazione di conquiste e di temi radicali, liberali, laici e socialisti senza che questi siano collegabili ai leader, non solo radicali, ma finanche della Rosa nel Pugno e, dall'altra, l'espropriazione manipolativa della semantica evocativa e costitutiva della Rosa nel Pugno, allora non ci resta che la scelta di raccogliere la sfida di non limitarci a gestire l'esistente e cioè quel manipolo di eletti in Parlamento ovvero nelle istituzioni locali.

Occorre riaprire il dibattito, provocarlo ove questo stenta a ripartire, non solo e non tanto sulla forma partito, ma sulle ragioni dello stare assieme evitando di far incancrenire lo scontento e i risentimenti che due tornate elettorali possono aver prodotto così come in taluni casi mi sembra abbiano, effettivamente, prodotto.

 

Ma “Fiuggi 2”, cioè la seconda e determinante tappa verso un processo costitutivo di quella che mi appare l'unica novità politica di questa nuova legislatura, non può essere la stanca ripetizione della prima assise tenutasi quasi un anno fa nella famosa stazione termale.

Non può, mi permetterei anche un non deve, divenire una tre giorni in cui i quadri più o meno nazionali si confrontano solo su procedure, regole, statuti o peggio ancora su quote ed O.P.A. dell'una o dell'altra sponda su delle cariche statutarie centrali o periferiche. Non penso ad un partito federale o dalla vita federalista quanto piuttosto ad un processo ri-costituente che possa essere fortemente influenzato da un dibattito centripeto in cui i militanti, i simpatizzanti, gli elettori, o semplicemente gli iscritti ai soggetti originari e originanti la Rosa, possano, magari su base regionale autoconvocare assemblee pubbliche costitutive della Rosa nel Pugno.

Dibattere, discutere in modo aperto e aperti ad ogni nuovo arrivo, correre continuamente il rischio di incalzare e rivoluzionare le idee e gli assetti apparentemente consolidati, può essere l'imperativo di questi giorni della Rosa nel Pugno.

Fa parte, insomma, di un quadro salutare portare la nave socialista, radicale, liberale e laica al collaudo del mare aperto; non dare per scontata la sua sopravvivenza, ma al contrario verificarla concretamente giorno per giorno, è l'esatto opposto del mantra rassicurante ma potenzialmente sterile che ci siamo sentiti ripetere in questi mesi: «la Rosa nel Pugno non è un mero cartello elettorale».

 

Noi radicali siamo più abituati alla provocazione “o la scegli o la sciogli”; così abbiamo più volte comunicato per sostenere la buona riuscita di alcune nostre determinanti campagne politiche e di autofinanziamento volendo suscitare – al livello di ogni individuo, di ogni singolo attore politico – la riflessione consapevole sulla quota parte di responsabilità rispetto all'approdo delle diverse battaglie in corso o da incardinare.

Analogamente o “Fiuggi 2” si concepisce quale luogo di un momento dialogico e di contraddittorio vero e senza infingimenti o riserve mentali oppure esso può divenire il presupposto per una lenta consuzione del nuovo soggetto politico alle oligarchie dominanti del nostro paese. Evocando una chiamata a responsabilità attiva e fattiva di tutti i promotori originari, in assenza della quale si potrebbe dare per esaurita la spinta propulsiva ed innovatrice della Rosa nel Pugno, la Rosa stessa correrebbe, di converso, il sano rischio di cagionare uno shock ed un risveglio salutare in chi oggi, a più livelli, si è accomodato sul risultato elettorale e su chi, avaramente, profittando di una congiuntura in cui vecchie e nuove cassandre – interessate a raccoglierne gli eventuali cocci o a monetizzarne l'annichilimento – stanno facendo a gara per scoraggiare le maestranze nell'esecuzione della progettualità iniziale della Rosa nel Pugno, vuole, nel sottobosco delle relazioni di questo centrosinistra, lucrare sulle lottizzazioni in corso o imminenti nella e della cosa pubblica e nel parastato italiano.

D'altra parte sarà decisivo che il primo virgulto dell'innesto radical-socialista costituito dal gruppo parlamentare della Rosa nel Pugno alla Camera – dia buoni frutti e quindi un segnale forte e chiaro della sua attività e dia un contributo essenziale ad incardinare i primi obiettivi di riforma nonviolenta, legalitaria e sociale invertendo decisamente la rotta di uno stato sempre meno definibile quale stato di diritto e quale democrazia; il modo migliore e più suggestivo, insomma, per accompagnare la nascita, la crescita e magari l'esplosione del nuovo soggetto politico riformatore.

 

Ma la riforma a cui è chiamata la Rosa non è solo quella della realtà sociale italiana ma è soprattutto oramai antropologica e individuale. Occorre riformare noi stessi, le relazioni tra noi, prima di rivoluzionare il circostante, rimuovendo – da subito – le incrostazioni di un chiacchiericcio politico fatto di messaggi trasversali troppo burocratici e classisti in cui la ricerca e l’indagine sui drammi umani in cui sono coinvolti i nuovi deboli, i nuovi ultimi, i nuovi esclusi e reietti da ogni protezione giuridica e giudiziaria sono viste con sospetto e spesso sconfitte nella prassi quotidiana dell’oligarchia politica italiana.

Vivere laicamente nel vivo del dibattito sulle e nelle strade, sulle e nelle carceri, sulle e nelle marginalità delle periferie delle metropoli, nella vera e costante precarietà del lavoro nero campano, siciliano, calabrese e del Sud Italia in genere e persino vivere fisicamente questi luoghi, molte volte di disperazione umana e civile, è un imperativo ormai non più procrastinabile per comprendere la necessità e l’urgenza delle premesse di legalità delle massime istituzioni italiane per meglio concepire nuove legalizzazioni.

 

Solo così l’ambizione della Rosa nel Pugno, abbandonando ogni atteggiamento spocchioso e perbenista che la costringe – ad esempio – a considerare la vita degli imputati, degli indagati, delle vittime dei reati, dei carcerati preventivamente e in quelli definitivi quale estranea alla categoria degli scottanti problemi sociali di questo paese, potrà essere quella di aprire grandi conflitti sociali, civili e politici fecondi al fine di gettare le basi per far vivere diritto, diritti, libertà e prospettive di riforma reale.


Michele Rana

(da Notizie radicali, 05/06/2006)


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