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Sergio Caivano. “Mussolini il capobanda” di Aldo Cazzullo
20 Marzo 2023
 

Aldo Cazzullo

Mussolini il capobanda

Perché dovremmo vergognarci del fascismo

Mondadori, 2022, pp. 360, 19,00

 

Mussolini, in fondo, fece anche cose buone”, si sente ripetere oggi, più di ieri, da parte di persone che all’epoca dei fatti non c’erano. A smontare del tutto l’affermazione, ci pensa, attraverso un’indagine esauriente e documentata, lo storico e giornalista Aldo Cazzullo, coadiuvato da tanti altri, col libro Mussolini il capobanda, edito da Mondadori e dedicato alla memoria di: don Giovanni Minzoni (1923), Giacomo Matteotti (1924), Piero Gobetti (1926), Giovanni Amendola (1926), Antonio Gramsci (1937), Carlo e Nello Rosselli (1937), e di tutte le vittime del fascismo. In realtà, in modo volutamente esplicito, Cazzullo afferma: “Cento anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto, persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio (Benitino) e la donna (Ida Dalser) che l’aveva messo al mondo”. Fatto che l’autore spiega nei minimi particolari, ricordando la promessa non mantenuta del matrimonio prima e del riconoscimento poi.

Tutto il libro è teso a dimostrare il fallimento di un uomo perverso, che conduce il Paese al disastro finale del 1945. Violento fin da ragazzo, quando gira con in mano un coltello che utilizza anche contro una donna. Violento in gioventù, tanto che viene arrestato diverse volte. Il peggio trae origine dalla nascita dei Fasci di combattimento. Centinaia di fascisti attaccano un corteo di anarchici sparando fino a disperderli. Poi, assaltano la redazione dell’Avanti uccidendo giornalisti e tipografi. Si riversano quindi nelle campagne terrorizzando con bombe e olio di ricino. Di questi, come di altri episodi squadristi, “Mussolini è il mandante, il regista, il beneficiario delle aggressioni”. Ed è sempre con la violenza che, qualche anno più tardi, prende il potere, facendo uccidere gli oppositori più in vista e centinaia di vittime a lui contrarie. Lo fa con la marcia su Roma, eseguita da diversi esaltati, mentre il capo rimane prudentemente a Milano, in attesa degli sviluppi. I generali potrebbero spazzar via gli squadristi in poco tempo, ma il Re, contro il loro parere, ritiene di dargli l’incarico per formare il Governo, benché sia a capo di una ristretta minoranza in Parlamento.

In seguito, il potere lo mantiene con la forza, avvalendosi della polizia segreta e dei Tribunali speciali. Bastano alcune segnalazioni perché tanti vengano presi di mira. Una cappa di piombo grava sul Paese. Ne seguono migliaia e migliaia di condanne al confino, alla carcerazione. Vanesio com’è, ama farsi chiamare Duce. “Duce, Duce, tu sei la luce!” esclamano esaltati stolti. Non sanno cosa li attende. Intanto, la banda della Ceka ed altri provvedono ad eliminare subito gli avversari più scomodi: Matteotti, Don Minzoni, Amendola, Gobetti. E anche quelli meno noti.

Ma il peggio deve ancora venire. La vanagloria lo spinge a compiere crimini di guerra. Nel 1935 invadendo l’Impero d’Etiopia con un impiego spropositato di uomini e mezzi, in particolare i gas, con la facile uccisione di tanti abissini, etiopi, somali, conclusasi ovviamente con la conquista e la sottomissione forzata. Che però lanciano una bomba contro il vicere Graziani, ad Addis Abeba. Il fatto costituìsce il pretesto per una strage di migliaia di africani. L’aggressione comporta la reazione internazionale che si conclude con le sanzioni nei confronti dell’Italia. Sanzioni che gli italiani pagano duramente con la privazione di beni di prima necessità. Ma tant’è: l’Italia di Mussolini ha le sue colonie!

Nel 1937 con l’attacco alle forze di sinistra spagnole che avevano vinto le elezioni, impiegando marina, ”volontari”, aviazione, in appoggio al generale Francisco Franco. Ci sono terribili perdite di cittadini spagnoli soprattutto a causa delle incursioni aeree. Tra le tante, vale la pena di ricordare la distruzione di Guernica, dove perdono la vita migliaia di cittadini inermi. La guerra spagnola vede contrapposti gli italiani: da una parte i “volontari” fascisti, dall’altra nomi noti, come Emilio Lussu, Randolfo Pacciardi, Pietro Nenni e Carlo Rosselli. Dimostra anche la nascente sudditanza verso la Germania nazista.

Nel 1938 vengono emanate le Leggi Razziali contro gli ebrei, di fatto esclusi da ogni attività lavorativa, poi ammassati nei campi d’internamento, infine inviati dal famigerato binario 21 della stazione centrale di Milano ai tanti campi di sterminio nazisti, dimenticando che Mussolini deve la sua ascesa anche a due donne ebree, Margherita Sarfatti e Angelica Balabanoff. Eppure, dopo il primo incontro con Hitler, e dopo l’assassinio del cancelliere austriaco Dolfuss, Mussolini ha parole di autentico odio verso Hitler, che ha conosciuto personalmente, e verso i nazisti. Annota: “Sarebbe la fine della civiltà europea se questo popolo di assassini e pederasti dovesse invadere l’Europa”. In realtà, come Cazzullo scrive: “Nel giro di poco, il Duce comincia ad invidiare Hitler e a temerlo”; e ne copia “le parate, il passo dell’oca, le facce truculente”.

Nel 1939 invade il Regno d’Albania, che annette all’Italia, costringendo il sovrano Zog all’esilio in Grecia. Nello stesso anno, dopo l’espansione tedesca in oriente, la Francia e l’Inghilterra sono costrette a dichiarare la guerra alla Germania. Mussolini, conscio dell’assoluta impreparazione militare italiana, s’inventa la “non belligerenza”. Ma il 10 giugno 1940, ormai convinto della vittoria tedesca, coi nazisti già padroni di Parigi, entra in conflitto con la Francia e con l’Inghilterra, partecipando alla seconda guerra mondiale. Fa male i suoi conti. È costretto a subire severe sconfitte ovunque: in Africa, in Grecia, in Yugoslavia, in Russia, dove ha inviato reparti di Alpini con le scarpe di cartone. E ad assistere allo sbarco angloamericano in Sicilia, con la conseguente defenestrazione da Capo del Governo, l’arresto, il salvataggio tedesco a Campo Imperatore, la nascita della Repubblica Sociale italiana carica di odio per i fascisti “traditori”e per le prime formazioni partigiane. Ha inizio una guerra tra angloamericani e partigiani da una parte, e nazifascisti dall’altra. Vista la mala parata, da Milano Mussolini tenta inutilmente la fuga verso la Svizzera con l’amante Claretta Petacci. Ormai fa parte di una colonna di nazifascisti in cerca di scampo. La colonna viene bloccata a Musso dai partigiani. Il duce cerca di nascondersi in un camion tedesco vestito da tedesco, ma viene riconosciuto ed arrestato dai partigiani di Pier Bellini delle Stelle, assieme ad un gruppo di gerarchi. Il giorno dopo giungono da Milano alcuni partigiani che uccidono Mussolini e la Petacci a Giulino di Mezzegra e 16 gerarchi a Dongo. È la fine! L’autore non condivide la successiva esposizione dei corpi a Piazzale Loreto, anche se assume un significato simbolico. La Liberazione di tutta l’Italia avviene in pochi giorni. Formalmente si celebra ogni anno al 25 aprile.

Tutto quanto sommariamente descritto viene analizzato e sviluppato da Cazzullo nei minimi particolari, anche se in parte già nota. Ma serve all’autore per lasciare alla storia un giudizio totalmente negativo sul fascismo e sul suo Capo, responsabili di tanti morti e sciagure. In un momento nel quale tanti si dichiarano afascistil gli consente di spiegare “perché dovremmo vergognarci del fascismo”. E per ricordare ai critici di oggi che “La Resistenza non è solo “una cosa rossa”, così come essere antifascista non significa essere comunista o di sinistra. Scelsero di combattere i nazifascisti migliaia di giovani, tra cui c’erano certo comunisti, socialisti, azionisti, ma anche liberali, cattolici, monarchici e soprattutto ventenni che non sapevano neppure cosa fossero i partiti, ma rifiutarono di schierarsi con Mussolini e Hitler. E ci furono molti modi di dire no ai nazifascisti. Un no pronunciato da donne, ebrei, contadini, sacerdoti, carabinieri, militari, suore, internati militari in Germania. E frati. Come i francescani di Susa”. E, aggiungo, dalla Resistenza è nata la Repubblica e poi la nostra bella Costituzione democratica ed antifascista.

 

Sergio Caivano


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