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Roberto Dell’Ava. Alboran Trio: Islands (e anche gli altri due)
16 Novembre 2020
 

Sono passati ben 12 anni dall’ultimo album uscito a nome dell’Alboran trio. Un tempo sufficiente a far dimenticare chiunque, figuriamoci un gruppo già di per sé poco conosciuto al di fuori del nord Italia. Con dispiacere temevo che ormai Alboran fosse un progetto sciolto, e per quanto ne cercassi tracce nei piccoli festival estivi e nelle registrazioni a nome del pianista, Paolo Paliaga, nulla era emerso e il silenzio era l’unica risposta. Fino a poco più di qualche settimana fa, quando grazie al profilo Facebook di Ferdinando Faraò sono venuto a conoscenza dell’ingresso del batterista nel gruppo e della imminente uscita di Islands, a tutti gli effetti il terzo capitolo di una saga a mio parere tra le migliori del piano trio nel nostro paese.

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di inquadrare meglio le vicende del trio: Alboran trio è costituito in origine dal pianista e compositore Paolo Paliaga, da Dino Contenti al contrabbasso e da Gigi Biolcati alla batteria e percussioni, poi sostituito da Mattia Barbieri nel 2012. Il nome deriva dal mare di Alboran, il primo mare che si incontra entrando nel Mediterraneo dall’Oceano Atlantico, e si posiziona tra le coste dell’Andalusia e il Nord Africa. La scelta fa riferimento al luogo di incontro tra la tradizione musicale europea e le radici africane del ritmo.

Il trio si è formato nel 2005. Dopo un tour in Italia e in Germania esce il loro primo CD Meltemi nel 2006, che è stato accolto molto bene dalla critica e dal pubblico, a cui sono seguiti molti concerti in tutta Europa. Nel 2008 la pubblicazione del loro secondo album Near Gale. Entrambi gli album sono pubblicati dall’etichetta tedesca ACT di Monaco.

Lo stile del trio è caratterizzato da un intenso interplay e sostenuto dalla cifra solistica di ogni componente. Partendo dalla concezione del trio che discende da Bill Evans passando da Keith Jarrett fino a Brad Meldhau, il gruppo esplora nei primi due album sonorità nuove ricercando suoni e ritmi provenienti da diverse tradizioni, dalla musica balcanica a ritmi della tradizione africana, passando dalla tradizione latina, cercando di rinnovare il suono della più classica delle formazioni jazz.

Ed eccoci al nuovo Islands, prodotto direttamente da Paolo Paliaga e che, con l’ingresso del bravo Faraò alla batteria, cambia nettamente l’impostazione precedente del gruppo. A fronte di brani composti ecco una serie di improvvisazioni, sempre con comune matrice la ricerca e l’esplorazione della melodia. Il gioco è talmente sottile e sapiente che risulta molto difficile distinguere la poetica di un brano scritto dal sottile equilibrio di una libera improvvisazione. E se il dialogo lirico e profondo tra il piano ed il contrabbasso ha una lunga frequentazione alle spalle, è rimarchevole come la batteria si inserisca con naturalezza e autorevolezza nell’interplay complessivo e apporti una propria visione discorsiva .

Ne deriva una musica sorprendente che evita le secche ed i deja entendu tipici di un piano trio, favorendo una comunicazione continua, una forte iterazione, la ricerca della bellezza in musica in una dimensione di liricità spoglia e sempre sostenuta ritmicamente. Lo racconta nelle note di copertina lo stesso Paolo Paliaga:

«Il legante filosofico che ha guidato il percorso di maturazione del CD “Islands” è stato il “de-pensamento”: suonare senza identificazioni su cosa dev’essere una “certa” musica. Abbiamo lavorato per arrivare a suonare senza giudizio, senza pre-giudizio, senza idee pre-concette su cosa dovesse essere la nostra musica, senza un’idea di dove saremmo arrivati suonando…».

A questo punto è indispensabile ascoltare l’album ed è possibile farlo sulle diverse piattaforme digitali. Purtroppo l’acquisto del compact non sarà semplice in tempi di pandemia, ma se siete arrivati a leggermi fin qui provate ad ascoltare e immergervi nella profonda bellezza di brani come “Arriba entre los picos” (il mio preferito), o nel melodioso “In un altrove”, nel dialogante e placido “Triodiversity” e via via in tutti gli altri. Il ritorno di Alboran merita di essere celebrato con la riproposta delle recensioni dei primi due album che scrissi molti anni fa sul mio blog personale.

 

Alboran Trio, MELTEMI

Track Listing

Nic’s Road; Balkan Air; Pianissimo; Cinque Lunghissimi Minuti; Duende; Hoy Es Manana?; Ho Sognato Che Mi Amavi; Meltemi; Ninna Nanna Nic; Theme From The Movie Pinocchio.

Personnel

Paolo Paliaga: piano; Dino Contenti: double bass; Gigi Biolcati: drums.

Un trio di musicisti italiani, pressoché sconosciuti, firma un contratto per 5 dischi con l’etichetta tedesca Act, la stessa di Esbjorn Svennson trio, ed ecco il primo album: bellissimo. Addirittura più intrigante e fresco del ben più titolato trio svedese. Un prodigioso equilibrio di magnifiche composizioni e studiati arrangiamenti, che pure, da una formula a dir poco abusata come quella del trio piano-basso-batteria, riesce a cogliere nuovi profumi e variegati sapori.

Composizioni calibrate, melodiche e personali suonate con un garbo ed una pulizia rimarchevoli che denotano nel giovane pianista varesino Paolo Paliaga una notevole maturità espressiva. La stessa che si ritrova nei complici di questa splendida avventura, il contrabbassista torinese Dino Contenti ed il batterista Gigi Biolcati, altrettanto importanti nella perfetta riuscita di questo progetto grazie alla compattezza e alle sottigliezze espresse nell’accompagnamento.

Non ci troviamo di fronte ad un pianista più una sezione ritmica, bensì ad un integrato ed affascinante trio dai toni suadenti ed appassionanti. L’influenza della musica colta europea e le atmosfere pulsanti della tradizione afro-americana sono filtrate ed amalgamate in una veste personale, ricca di sfumature e di iterazioni tra le tre personalità in gioco. Una sorpresa molto molto bella: qui c’è anima, c’è cuore, ci sono idee e soluzioni non banali. E anche tre promettenti musicisti, che spero vengano presi in considerazione come meritano nei prossimi cartelloni estivi dei festival italiani. Se siete stanchi dei soliti nomi, se volete una boccata di aria fresca e contemporaneamente speziata di nuove fragranze, questo è l’album che fa per voi.

 

Alboran Trio, NEAR GALE

Track listing: Selon Moi; Autumn Mist; Delle Cose Nascoste; Also Sprach Raul; Rrock In The Dark; Fuori Stagione; Invariable Geometries; Olvido; Pow Wow; Selon Moi 3/4; Seguendo Il Filo.

Personnel: Paolo Paliaga: piano; Dino Contenti: double bass; Gigi Biolcati: drums.

Dopo il felice esordio con Meltemi ecco il trio lombardo alla fatidica e difficile seconda prova per l’etichetta tedesca, famosa per annoverare tra i propri campioni quell’E.S.T. trio che ha aperto nuovi percorsi alla progettualità del trio pianoforte-contrabbasso-batteria. Ma mentre gli svedesi hanno come riferimento estetiche e culture del nord Europa unite ad una propensione per atmosfere pop, il trio italiano è saldamente ancorato a gusti, melodie e riferimenti mediterranei.

Naturalmente oltre alla propensione tutta italica verso la cantabilità lirica un riferimento forte è la tradizione colta europea, in un melange raffinato e straordinariamente personale. Ho aspettato questo album con curiosità ed apprensione, perché dopo un album di esordio così felice come è stato Meltemi riuscire a riprodurre quell’intensità e quella continuità di idee fresche e convincenti non era assolutamente scontato.

Invece, e lo dico subito, l’album è avvincente, intrigante, assolutamente godibile. Dodici composizioni, undici ad opera del pianista e una, l’ultima, per la penna di Gigi Biolcati che descrivono atmosfere di composta bellezza, bozzetti di intenso dialogo con un contrabbasso dalla vena particolarmente melodica. Incantevole l’inizio di “Selon Moi” che vede l’introduzione del tema con il pianoforte ricco di suggestioni e raffinatezze, poi Contenti si lancia nel primo assolo magnificamente sostenuto da singoli grappoli di note distillate da Paliaga e dal drumming cantabile di Biolcati.

Autumn Mist” è un tema melanconico particolarmente riuscito ed affascinante, giocato sul contrasto tra la percussione delle corde di un piano preparato alternate alla melodia esposta alla tastiera. “Also sprach Raul” è caratterizzata dall’apertura con percussioni di area nord-africana, mentre “Pow Wow” è a mio parere uno dei temi più coinvolgenti, di impostazione prettamente jazzistica.

L’interplay funziona benissimo, e nell’economia del gruppo la felice vena solistica del contrabbassista crea perfette situazioni di controcanto ed interscambio con il pianismo lirico e raffinato di Paliaga. Paradossalmente, ma non troppo, per ora il trio ha avuto più riscontri all’estero che in Italia e le opportunità per vederlo all’opera in contesti live si è limitata a pochissime occasioni. Credo sia solo questione di tempo, un gruppo così raffinato e originale non può che ottenere il giusto riconoscimento. Da parte mia, come ho fatto per Meltemi, consiglio l’ascolto a tutti gli appassionati, sopratutto a chi, stanco dei capricci dei soliti divi o degli album fotocopia dei molti, cerchi nuove emozioni e freschi protagonisti.

 

Roberto Dell’Ava


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