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Sergio Caivano. La Costituzione. Il pensiero di Calamandrei
02 Giugno 2020
 

Il 2 giugno 1946, assieme al referendum istituzionale, gli italiani elessero i propri rappresentanti all’Assemblea Costituente. Espressione di diversi partiti, i “Padri costituenti” lavorarono in perfetta armonia per fornire al Paese le regole comuni nelle quali tutti avrebbero potuto – e dovuto – riconoscersi. Il testo definitivo venne approvato il 22 dicembre 1947 a stragrande maggioranza (453 voti contro 62) ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

L’approvazione della Costituzione rappresentò un evento eccezionale, reso possibile dall’abbattimento del tiranno, dalla fine della guerra, dalla cacciata del re. Fu, anche, il frutto di un compromesso alto tra le forze politiche d’ispirazione marxista, cattolico-democratica, laica e liberale. E ne porta tutti gli ideali di libertà, giustizia sociale e solidarietà. Nel suo insieme appare forte, bella, armoniosa. Si sostanzia su di un insieme di valori condivisi ed indica un’organizzazione dei pubblici poteri a garanzia di tutti. Il principio più forte è quello dell’eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni, di condizioni sociali. Costituisce un dovere della Repubblica la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza. E poi la libertà di manifestazione libera del proprio pensiero, di dar vita a partiti, sindacati ed associazioni varie. Una Costituzione da amare, quindi, da difendere con un’assidua vigilanza, in parte ancora da realizzare. Finora mantenuta nelle sue linee essenziali, a parte la revisione del titolo quinto, ovvero dei rapporti con le autonomie locali.

In questi lunghi anni che ci separano da quel momento, moltissimi studiosi e costituzionalisti si sono cimentati nella descrizione dei valori costituzionali, individuando quelli realizzati e quelli ancora da realizzare.

A mio avviso il contributo più alto ai valori della Costituzione, allora del tutto invariata, venne fornito da Piero Calamandrei col suo famoso, commovente discorso sulla Costituzione pronunciato davanti agli studenti di Milano il 26 gennaio 1955 nel quale seppe fondere in una visione unitaria storia, politica e dottrina giuridica. Ne riporto integralmente la parte terminale:

In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, tutte le nostre sciagure, le nostre glorie. Sono tutti sfociati in questi articoli e, a saper intendere, dietro a questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Quando leggo nell’art.2: ”l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, e sociale”; o quando leggo nell’art.11: ”L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la Patria italiana in mezzo alle altre Patrie… ma questo è Mazzini! Questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art.8: “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art.5: “la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 53 io leggo a proposito delle forze armate: “L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, esercito di popolo; ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: ”non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…

Ma ci sono anche umili voci, voci recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, un testamento di centomila morti!

Se voi volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e l’onore, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.

 

Sergio Caivano


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