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Anna Lanzetta. A spasso tra le tradizioni: “Alesio”, la maschera di Sarno
05 Marzo 2019
 

Ogni città con una cultura, una tradizione e un Carnevale che si rispetti possiede una maschera che la rappresenta e anche Sarno ha la sua. Alesio ha il volto dipinto con due colori, l’azzurro e il giallo: il primo indica l’infinito e la vita, perché è il colore del cielo; il secondo, invece, indica i territori sotterranei e la morte, perché nell’antichità i morti venivano dipinti di giallo. Quindi, le due tonalità indicano l’eterna sfida tra la vita e la morte. Alcuni invece ritengono che il volto rappresenti il sole e la luna che ha comunque la medesima simbologia dualistica tra la luce e l’oscurità. Caratteristico era il suo incedere tra la folla con un fischio sibilante, piegandosi ritmicamente sulle ginocchia, preceduto e seguito da giovani che lo imitavano.

Anticamente il carnevale a Sarno si chiudeva con la “Morte del Carnevale” che nel martedì grasso, alla fine della festa veniva processato e condannato ad ardere in piazza, utilizzando il suo fantoccio, ma Alesio, prima di essere bruciato, implorava di avere ancora un’ora di tempo per fare testamento. Qui di seguito viene riportato il testamento, allora letto da un narratore, dove si possono evincere tutte le caratteristiche e le località del paese:

  • A mio padre, re del lardo e della cotica, lascio i trenta maiali del porcile di Castagnitiello.

  • A mia madre regina delle scrofe, lascio il moggio di ulivi al Cantariello.

  • A mia sorella regina delle pacchiane, che si è sposata senza che io potessi vederla, lascio la sottana di mia nonna che non ha mai usato.

  • Voglio che le mie budelle siano cosi divise: lascio i peli duri come setole al calzolaio di via Laudisio.

  • Ai litigiosi di Piazza Municipio lascio i miei testicoli.

  • A Michele il sordo lascio le mie orecchie.

  • Lascio la mia lingua a coloro che parlano sempre della gente di Sarno, e fanno continuamente cause.

  • Al macellaio di cappella vecchia lascio il mio intestino perché ne faccia salsicce.

  • Ai contadini di Episcopio i femori, perché si facciano il brodo durante la pioggia.

  • Alle donne di Sarno lascio i miei lombi per le notti insonni.

  • Ai bambini la vescica per fare palloncini, alle ragazze la coda, ai finocchi i muscoli.

  • Lascio i talloni ai corridori e ai cacciatori, ai ladri lascio le unghie e a colui che sta leggendo il mio testamento lascio la corda che porto sempre con me, perché ci si leghi il collo per impiccarsi.

Oggi la tradizione della “Morte del Carnevale” non è più attiva. Al suo posto, da qualche anno viene proposto il carro allegorico dedicato alla maschera Sarnese. Oltre a valorizzare l’immagine del personaggio tipico, i figuranti a seguito formati da cantanti, ballerini e attori ripropongono la storia della maschera e la storia del paese. Un vero spettacolo emozionante ricco di cultura, tradizione e sapori della terra nostra. Infatti il Presidente Buonaiuto dell’Associazione Carnevale Sarnese ha dichiarato: «Che sarebbe il Carnevale Sarnese senza la nostra amatissima Maschera di Alesio? Probabilmente una manifestazione carnevalesca come tante altre delle città vicine: incolore e insapore. Invece con Alesio è tutto diverso, è il simbolo stesso della nostra millenaria comunità, come un sigillo di antica nobiltà posto sul Carnevale, perché sono poche le città che possono vantare una propria maschera, e Sarno è una di queste poche».

La ricchezza di un paese è nella sua memoria e ringrazio quanti a Sarno si prodigano per mantenerla viva nelle nuove generazioni.

Grazie per le informazioni da cui ho attinto.

 

Anna Lanzetta


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