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Alberto Figliolia. La pallacanestro elvetica 
Una panoramica intervista sul basket svizzero con Franco Facchinetti
09 Dicembre 2008
 

Franco Facchinetti, 41 anni, ha calcato i parquets della più importante competizione europea di pallacanestro e, nel suo passato di giocatore, ha vinto tre campionati e tre coppe nazionali e vanta undici selezioni nella sua équipe nazionale. Però, se chiedeste di lui agli esperti di basket nostrano o agli appassionati, (quasi) nessuno saprebbe dirvi chi è. Del resto Franco Facchinetti i suoi tre campionati e le sue tre coppe + le undici convocazioni in nazionale li ha conseguiti con il Lugano, il Bellinzona e la Svizzera. Il cognome italiano avrà tratto in inganno; del resto nella Schweizerische Eidgenossenschaft-Confédération Suisse-Confederaziun Svizra-Svizzera o Confoederatio Helvetica si parla anche italiano: è il caso, ben evidente, del Canton Ticino e di parte dei Grigioni.

La Svizzera è a noi tanto vicina e, in particolare, ça va sans dire, alla provincia sondriese. Quest'ultima è, per inciso, una terra ad alta densità cestistica: basti ricordare i raduni delle varie Nazionali a Bormio o dei grandi club italiani ed europei; il Valtellina Circuit; la venuta, un giorno, da queste parti di un certo MJ, al secolo Michael Jordan, il più grande, dicono, di tutti i tempi; il fitto tessuto connettivo di squadre locali (attualmente Sondrio e Tirano sono in C regionale, Morbegno in D e una buona manciata di squadre sta fra la Promozione e la Prima Divisione). Ma della pallacanestro della prossima Svizzera si sa poco o nulla. Forse alcuni ricordano che in Svizzera giocarono gli immensi Raga, Fultz e Jura. Qualcuno più dotto ed edotto in materia invece sa, forse, che Thabo Sefolosha, giocatore dei Chicago Bulls, è svizzero, per quanto di padre africano.

Franco è stato senz'altro un buon giocatore, ma non è stato sul palcoscenico più scintillante del basketball mondiale. Tuttavia per il nostro ex player, di stanza a Magliaso, la pallacanestro ha rappresentato e rappresenta molto. Appese le scarpe e la canottiera al classico chiodo, Franco all'età di trent'anni ha intrapreso la carriera di coach: vice a Lugano, a fianco del mitico Renato Carettoni, e poi capoallenatore; assistente, a Vacallo, di Franco Casalini, uno che nella personale bacheca ha un campionato italiano assoluto e una Coppa dei Campioni, qua vincendo, insieme, una Coppa Svizzera oltre a divenire vicecampioni nazionali e ad approdare agli ottavi di finale di Coppa Korac; capoallenatore del Gordola in LNA femminile (con un secondo posto in campionato nel 2002); head coach della SAM Massagno (con una promozione in LNB). Ora Facchinetti ricopre anche il ruolo di assistente di Sébastien Reduit nei ranghi della Nazionale A del Paese rossocrociato.

Un addetto ai lavori, di notevole esperienza, che può ben raccontarci l'attuale status della pallacanestro elvetica. Franco, quali sono le prospettive, i punti di forza, le lacune da colmare, i programmi, i progetti del vostro basket?

«Direi che la pallacanestro elvetica vive un discreto momento. Soprattutto a livello di club si sono avvicinate diverse persone che hanno deciso di investire e questo ha fatto sì che il livello del campionato sia cresciuto. Ogni squadra presenta un quintetto base formato da buoni giocatori (americani e Bosman soprattutto); le squadre di vertice poi riescono ad aggiungere anche discreti elementi che escono dalla panchina. Almeno la metà delle squadre (sei) sono composte da professionisti, allenatori compresi. Da migliorare di sicuro sono i palazzetti o, meglio, le palestre scolastiche dove si gioca. In alcune sale non abbiamo ancora il parquet, ma, se si vuole offrire un buono spettacolo, si deve poter mettere il pubblico nelle condizioni migliori».

Nelle file rossocrociate avete un talento come il chicagoano Thabo Sefolosha che ha sempre risposto alle convocazioni della Nazionale. Può essere un cestista di tal fatta il punto di partenza per costruire una squadra più competitiva?

«Per la Svizzera cestitica Thabo è un patrimonio importantissimo. Lui ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla Nazionale e chiaramente la sua presenza risulta essere fondamentale per i risultati della Svizzera».

Oltre a essere assistente in Nazionale tu alleni il Lugano, erede della mitica Federale dove giocò anche un certo Manuel Raga. In quegli anni il basket sembrava poter esplodere in Svizzera...

«Ancora oggi si parla di quel periodo come del boom della pallacanestro ticinese. Allora si parlava più di basket che di calcio o disco su ghiaccio, e questo è tutto dire. Diversi giocatori stranieri arrivarono dalla vicina Italia disputando da noi alcune stagioni e mostrando grande spettacolo. Le società facevano a gara nel portare a casa i migliori stranieri, al punto da ritrovarci Raga, Dunbar, Jura, Yelverton, Brady, Fultz, Wingo o Laurisky nella Federale, nel Viganello o nel Mendrisio. Io oggi alleno il Lugano e ne sono fiero. Qualche cosa di quegli anni è rimasto: basti pensare che il mio presidente è Alessandro Cedro Cedraschi, e la sua passione e grinta è ancora quella che aveva da giocatore».

Come state a livello di settore giovanile e quali iniziative avete messo e metterete in campo per migliorare la situazione esistente?

«I settori giovanili in Svizzera sono buoni. Ci rendiamo conto che fino a quando i ragazzi hanno 11-12 anni riusciamo a giocare alla pari anche con Paesi come Italia, Francia, Spagna, poi più si procede e maggiori e più evidenti si fanno le differenze. Probabilmente nessuno pensa di fare della pallacanestro una professione e quindi i ragazzi dedicano sempre meno attenzione e tempo al basket, buttandosi maggiormente sulla formazione scolastica e lavorativa».

Il livello tecnico degli allenatori e istruttori?

«Ce ne sono di buoni e di meno buoni, come in ogni parte del mondo. Con l'attuale allenatore della Svizzera, Sébastien Roduit, si sta cercando di sensibilizzare gli allenatori a frequentare corsi di aggiornamento o incontri con altri allenatori per scambiare idee, metodi di lavoro et cetera».

È vero che comunque sia tu che l'head coach della Nazionale non potete lavorare full time per il basket?

«Verissimo. Entrambi abbiamo una professione principale e lavoriamo al 100% per essa. Tutto quello che facciamo per il basket richiede, almeno dal punto di vista del tempo, un grande sacrificio. Ma, quando c'è la passione, lo si fa con piacere».

Quali sono i modelli e i punti di riferimento per il basket svizzero? La vicina Italia, la Francia, l'America?

«Direi che ci sono due scuole di riferimento: quella italiana e quella francese. E questi riferimenti sono dati dalla vicinanza con queste nazioni. Inoltre ogni anno in Svizzera vengono a lavorare allenatori stranieri: quest'anno, ben quattro francesi».

Immaginiamo che la concorrenza degli sport invernali sia piuttosto pesante...

«Sicuramente la concorrenza da parte loro è forte. Il disco su ghiaccio è lo sport che anche a livello di Nazionale ha dato negli ultimi anni i risultati più importanti. Il basket ha sempre i suoi “vecchi” appassionati, ma forse si fa più fatica ad avvicinarne di nuovi. E questo anche per il fatto che oggi l'offerta per giovani e meno giovani è più ampia».

Il campionato e la struttura dei tornei federali...

«In Svizzera abbiamo tre competizioni: il campionato con dodici squadre, con partite di andata e ritorno e poi playoff fra le prime otto classificate; la Coppa Svizzera, competizione a eliminazione diretta; la Coppa della Lega, che si svolge tra le otto migliori squadre classificate alla fine del girone di andata».

SAV Vacallo Basket, Benetton Fribourg Olympique, Sdent BBC Nyon, Rhône Hérens Basket, BBC Monthey, Starwings Basket Regio Basel, Lausanne Basket, Lugano Tigers, BC Boncourt, MGS Grand-Saconnex Basket, Geneva Devils e SAM Basket Massagno sono le magnifiche dodici della LNA, la massima categoria della pallacanestro svizzera. Non resta che augurare al nostro Franco-Frank, ringraziandolo per l'intervista e la panoramica con essa offertaci, un bell'in bocca al lupo. Magari da campione con il suo Lugano o con la Svizzera, finalmente, nella serie A continentale.

 

Alberto Figliolia

(per 'l Gazetin, dicembre 2008)


 
 
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