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Gianfranco Cercone. “Aquarius” di Kleber Mendonça Filho
29 Dicembre 2016
 

Quando la realtà appare troppo complicata, impossibile da interpretare e dunque da raccontare evidenziandone i connotati profondi, essenziali, esiste tuttavia per un artista, per un narratore, una specie di rifugio, una riserva inesauribile di storie: e cioè la vita quotidiana, che si può sempre riprodurre nei modi di una cronaca, restando cioè alla sua superficie, e tuttavia esercitando su di essa, in questi limiti, spirito di osservazione, acume psicologico; e dando prova magari di senso del dramma e di umorismo.

È un po' la formula da cui nel dopoguerra, in Italia, è sorto il cinema neorealista.

Lo spirito della lezione del neorealismo, che ha ispirato tanti cineasti anche stranieri, lo si ritrova, a mio parere, in un film brasiliano, presentato al festival di Cannes e uscito adesso in Italia, intitolato: Aquarius, che segna il ritorno al cinema, al grande cinema, di una diva brasiliana: Sonia Braga.

Come in un film neorealista, si racconta la vita quotidiana, priva di eventi straordinari, di un individuo in fondo medio: che ha certo delle qualità, che non sono tuttavia eccezionali, e che non è né particolarmente felice né particolarmente infelice.

Si tratta di una donna in età più che matura, che ha esercitato la professione di critico musicale, che vive da sola, in una casa in riva al mare, essendo vedova, madre di tre figli adulti. Vive da sola, ma assistita da una domestica; ha amici che all'occorrenza la aiutano; amiche con cui trascorre serate in allegria; figli e nipoti che spesso la vanno a trovare e che, malgrado il residuo di qualche vecchio conflitto, nutrono tutti affetto per lei. E tuttavia la mancanza di una relazione d'amore con un uomo – resa, a quanto si racconta, più difficoltosa per via di un'operazione di mastectomia a cui la donna ha dovuto sottoporsi – la amareggia a tal punto che una sera invita a casa un gigolò: un episodio che nel film è minuziosamente descritto, che certo non è moralisticamente deprecato, ma nemmeno esaltato, non potendo evidentemente costituire una palingenesi, un rovesciamento della sua vita.

A volte il personaggio è idealizzato nei tratti dell'orgoglio e della combattività. Due aspetti del carattere che si esprimono soprattutto nell'episodio principale del film: una ditta di costruzione vorrebbe fare del palazzo in cui abita la donna, un moderno residence; e tenta di convincerla con ogni mezzo, anche con le intimidazioni, e, si scopre alla fine, con iniziative criminali, a vendere il suo appartamento. Lei resiste strenuamente, anche ricorrendo a mezzi spregiudicati, forse costretta dalle circostanze (si allude al fenomeno di una corruzione dilagante in Brasile e all'avvento di un affarismo senza scrupoli).

Tuttavia, sarebbe a mio parere una forzatura fare di Aquarius e della sua protagonista, una specie di manifesto dell'indipendenza e del coraggio femminile, proprio perché lo stile complessivo del film, che è quello di una spoglia cronaca di vita, non ammette enfasi “eroicizzanti”.

Anzi: il merito principale del racconto, è rendere con sensibilità, con finezza, l'atmosfera di quel limbo, privo in fondo di speranza come di disperazione, nel quale si trascina ordinariamente la vita delle persone.

Il film è sostenuto dall'interpretazione, duttile e variegata, di Sonia Braga nel ruolo della protagonista; circondata da un folto gruppo di attori, che rispettano tutti l'apparenza della realtà.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 24 dicembre 2016
»» QUI la scheda audio)


 
 
 
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